La Göscheneralp è un piccolo insediamento a 1’600 metri di altitudine. Oggi conta solo 11 abitanti. Ma quarant’anni fa la situazione era molto diversa: circa 40 persone vivevano stabilmente nella valle. C’erano 7 famiglie e persino una scuola.
L’isolamento
La strada che porta alla Göscheneralp è aperta dalla primavera all’autunno. A causa del pericolo valanghe, durante l’inverno, può capitare di rimanere isolati e di non potersi spostare neppure con la motoslitta per raggiungere Göschenen.
La forte coesione sociale
La metà di questa piccola comunità è composta dalla famiglia Näf, da due adulti e tre bambini.
“In inverno qui ci si aiuta ancora di più”, racconta Christian Näf, ricordando come la comunità si sia stretta attorno a una famiglia che aveva subito un lutto. La solidarietà è fondamentale in un luogo dove l’isolamento può durare mesi a causa del pericolo valanghe.
La realizzazione di un sogno
Christian Näf (38 anni) non è del posto, è originario del Toggenburgo. Si è innamorato della Göscheneralp quando era un bambino e vi trascorreva le vacanze estive con i genitori. Qui ha scoperto la passione per le capre e qui ha messo radici dopo aver completato la formazione agricola. A 21 anni ha rilevato un’azienda specializzata nell’allevamento di capre, creando il suo “Geissenparadies” (il paradiso delle capre).
Le sfide dell’agricoltura di montagna

Christian e Lydia Näf con le loro capre
Gestire un’azienda in queste condizioni non è facile. “In estate abbiamo quattro dipendenti, ma è molto difficile trovare le persone giuste. Molti arrivano con un’idea che non corrisponde alla realtà. È bello sì, ma non siamo in un film di Heidi”, sottolinea Christian.
Per garantire un futuro all’azienda e alla comunità, Näf ha in progetto la costruzione di un nuovo edificio più efficiente. Il progetto ha ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie, ma manca ancora un milione di franchi sui 3,5 previsti. “Se riusciamo a realizzarlo, vedo un futuro in questo luogo tra vent’anni. Altrimenti sarà difficile trovare qualcuno disposto a fare questi sacrifici”, ammette il contadino, intenzionato a stare al passo coi tempi e ad adeguare l’azienda alle sfide future.
La solidarietà come risposta allo spopolamento
La sfida di vivere in montagna richiede uno sforzo di solidarietà. Altrimenti lo spopolamento rischia di avere il sopravvento. Un tema attuale, ma non nuovo: già 100 anni fa il politico Georg Baumberger si batteva a Berna per le terre alte. In suo onore, i cantoni alpini eressero un monumento sul Piz Calmot con la scritta “E montibus salus“ - la salvezza viene dalla montagna.

La strada della Göschenertal
Il turismo come risorsa
Il turismo è diventato una risorsa importante per l’economia locale. “Abbiamo un negozio self-service, organizziamo visite guidate alla fattoria per scuole e associazioni, offriamo servizi di taxi”, spiega Näf. “È un modo per promuovere l’agricoltura di montagna e fare pubblicità alla nostra attività”.
Il lavoro di Christian e Lydia è fondamentale anche per preservare il paesaggio alpino: le loro capre impediscono che gli arbusti inghiottano i prati, mantenendo viva la montagna.
La montagna parte dell’identità svizzera
Marco Volken, fotografo e autore di numerosi libri su temi alpini, spiega che “da quando esiste il turismo moderno, circa 2-3 secoli, la Svizzera è sempre stata sinonimo di alta montagna e ghiacciai”. Questo perché il paese non aveva altre attrazioni paragonabili alle grandi città europee e non aveva le piramidi e tanto meno il mare.
Se i ghiacciai dovessero scomparire, Volken ritiene che dovremo reinventarci un po’ questa idea di paesaggio alpino, che è in fondo una costruzione mentale, una visione abbastanza precisa condivisa da tutti.
Il futuro delle Alpi senza ghiacciai
Il fotografo è convinto che le Alpi sapranno attirare il pubblico anche senza ghiacciai e che i problemi principali non saranno di carattere estetico, ma di regimi idrici completamente scombussolati e regioni esposte a nuovi pericoli naturali.
Volken cita l’esempio del Bietschorn, montagna simbolo della Lötschental: “Era quasi un santo protettore. E adesso sono cambiati i parametri”. La frana staccatasi dall’anticima di questa montagna ha praticamente distrutto un intero villaggio e mostrato che la montagna può anche farci male.
Come fotografo, Volken vede il cambiamento dei ghiacciai con curiosità professionale: “Le montagne stanno cambiando conformazione e aspetto. Per un fotografo è un periodo interessante perché si può accompagnare questa nuova lettura del mondo alpino”. Tuttavia, ammette che “c’è una buona dose di desolazione nel vedere quello che succede alle alte quote”.
Ghiacciai: custodi minacciati di vita e cultura
Questo articolo è legato alla serie radiofonica in cinque puntate che la RSI ha deciso di dedicare alle comunità che vivono ai piedi dei ghiacciai nelle Alpi svizzere, in occasione dell’Anno internazionale della conservazione dei ghiacciai.
La serie, curata da Maria Jannuzzi, prendendo spunto dalla tragica frana che ha colpito Blatten in Vallese a fine maggio, esplora il profondo legame tra le comunità alpine e i loro ghiacciai, evidenziando l’importanza di questi giganti di ghiaccio per la realtà locale e la loro rilevanza culturale.
Attraverso reportage e interviste, la serie ci porta in un viaggio attraverso diverse regioni della Svizzera, toccando temi cruciali:
- La spiritualità legata ai ghiacciai a Fiesch (Vallese)
- L’approvvigionamento idrico nella regione dell’Aletsch (Vallese)
- La gestione dei laghi glaciali a Lenk nella Simmental (Berna)
- La produzione di energia idroelettrica a Poschiavo (Grigioni)
- Lo spopolamento della comunità della Göschenertal (Uri) confrontata con la scomparsa del Dammagletscher
Ogni puntata offre uno sguardo unico sulle sfide e le opportunità che le comunità alpine affrontano in un’epoca di rapidi cambiamenti climatici, sottolineando l’importanza di preservare non solo i ghiacciai, ma anche le tradizioni e le culture che si sono sviluppate intorno a essi.