Il caso di Jacques Baud continua a fare discutere in Svizzera. L’ex colonnello dell’esercito svizzero, ex collaboratore dei servizi segreti, specialista di sicurezza, è finito nella lista di enti e persone sanzionati dall’Unione europea (UE), per aver diffuso teorie complottiste ma anche per aver fatto da portavoce alla propaganda filorussa.
SEIDISERA ha cercato di capirne di più, partendo dalle domande poste al Consiglio federale da due consiglieri nazionali UDC.
Il caso sta infatti sollevando interrogativi su come si comporta la Svizzera quando le sanzioni dell’UE toccano cittadini elvetici. Ed è quello che vuol sapere con la sua interpellanza Franz Grüter. Il politico lucernese critica queste misure, perché colpiscono individui senza garantire loro il diritto fondamentale di essere ascoltati. Grüter sottolinea come Jacques Baud non sia accusato di atti criminali, ma di opinioni filorusse, e che in una democrazia anche le voci scomode devono essere tollerate. Denuncia poi anche la rapidità con cui l’UE etichetta come “disinformazione” ogni posizione divergente, ricorrendo alle sanzioni anziché al confronto. E sullo stesso tenore è anche l’interpellanza del consigliere nazionale vallesano, sempre democentrista, Jean-Luc Addor.
Ma cosa viene rimproverato precisamente a Jacques Baud? L’ex colonnello dell’esercito svizzero è accusato di farsi portavoce della propaganda filorussa, diffondendo teorie cospirative nei media filorussi che lo ospitano regolarmente. Un esempio: ha accusato l’Ucraina di aver orchestrato la propria invasione per entrare nella NATO. Per queste attività di manipolazione e interferenza dell’informazione, gli viene attribuita la responsabilità di sostenere azioni o politiche riconducibili al governo russo che minacciano la stabilità e la sicurezza dell’Ucraina.
La RSI ha provato a raggiungere il diretto interessato, ma senza successo. In un’intervista rilasciata al settimanale Weltwoche, Baud si è però difeso affermando di non aver alcuna relazione con la Russia e di non aver ricevuto alcun compenso. Le sanzioni comportano il congelamento dei beni, il divieto di viaggio nell’UE e l’interdizione a qualsiasi transazione finanziaria.
Il Consiglio federale: “Più efficace rispondere con i fatti che vietare dichiarazioni”
La Svizzera di regola adotta le sanzioni di Bruxelles, ma in questo caso non l’ha fatto. Perché? La spiegazione l’ha data la Segreteria di Stato dell’economia (SECO), l’autorità incaricata di mettere in atto i provvedimenti economici e finanziari contro la Russia, gestire le liste delle persone e imprese sanzionate, ricevere le notifiche dei beni congelati e controllare l’esecuzione da parte di banche, aziende, intermediari. La SECO rileva che la lista nella quale è stato inserito Jacques Baud non può essere adottata, perché Berna non ha aderito al regime di sanzioni europee dell’ottobre 2024 volte a contrastare le attività destabilizzanti della Russia in Europa. Si parla di minacce ibride, di campagne che mirano a minare la sicurezza e le basi democratiche e di attività di disinformazione.
Il Consiglio federale ritiene infatti che sia più efficace rispondere con i fatti a dichiarazioni fallaci e dannose, anziché vietarle. Questo approccio è stato esplicitato chiaramente nel luglio 2024, quando quattro media utilizzati dalla Russia quali strumenti di propaganda e disinformazione mirata non sono stati soggetti al divieto di trasmissione, contrariamente a quanto fatto dall’UE.









