Dopo il Nazionale, anche il Consiglio degli Stati non cede alle pressioni del settore bancario. Non ci sarà quindi una battuta d’arresto sulla legislazione che intende rendere più severe le regole per il settore bancario.
Secondo la stampa, UBS potrebbe spostare la sua sede negli Stati Uniti se le regole in Svizzera dovessero diventare troppo severe. Citando fonti anonime, il giornale americano New York Post ha riferito questo fine settimana che una delegazione di UBS guidata dal presidente Colm Kelleher e dall’amministratore delegato Sergio Ermotti avrebbe recentemente incontrato funzionari dell’amministrazione Trump per discutere di un possibile trasferimento della sede della banca da Zurigo agli Stati Uniti, attraverso l’acquisizione o la fusione con un istituto locale. Interpellata dall’agenzia AWP, UBS non ha né confermato né smentito l’incontro tra i suoi vertici e i funzionari politici statunitensi, né tantomeno le intenzioni attribuite alla banca di trasferire la sua sede oltreoceano per sottrarla ai requisiti rafforzati di Berna.
Lo spauracchio ha però comunque fatto breccia: una mozione nelle due Camere chiedeva infatti una pausa e un controllo maggiore da parte del Parlamento sull’azione del Governo, che da parte sua avanza spedito con le riforme.
Sul fronte dei favorevoli a uno stop, c’era il consigliere agli Stati ticinese Fabio Regazzi, del Centro: “È un po’ tipico della Svizzera, in gergo lo si chiama anche ‘Swiss finish’, nel senso che noi tendiamo a voler essere gli allievi più bravi rispetto agli altri Paesi e, mentre ad esempio negli Stati Uniti si stanno allentando determinate prescrizioni, noi stiamo adottando delle soluzioni piuttosto estreme che rischiano di penalizzare non solo il settore bancario, e nello specifico la più grande banca svizzera, l’UBS, ma anche le piccole e medie imprese e i cittadini” ha detto Regazzi ai microfoni del Telegiornale.
Una maggioranza trasversale non ha però voluto invertire la rotta e più di un deputato lamenta le pressioni del settore bancario.
“Per fortuna questa mozione non è passata” ha commentato alla RSI la consigliera agli Stati socialista Eva Herzog. “Chiedere una revisione d’insieme ora non è necessario. Sappiamo tutto, ci sono tanti rapporti, il Governo ha un piano e la strada è ormai segnata, adesso bisogna solo andare avanti”.
Anche Isabelle Chassot, che ha presieduto la commissione d’inchiesta sul caso Credit Suisse ed è ‘senatrice’ del Centro come Regazzi, è sollevata: “Il dibattito mi ha sorpresa. Solo sei mesi fa, quando abbiamo discusso il rapporto dell’inchiesta parlamentare, tutti erano d’accordo sulla necessità di prendere delle misure rapidamente. Dobbiamo evitare che gli errori si ripetano in futuro, ma oggi abbiamo sentito degli interessi completamente divergenti. Non dico che non siano legittimi, potremo pure correggere alcune proposte del Ggoverno, ma non impedire che si vada avanti”.
Karin Keller-Sutter vince la partita, ma la sua linea trova scogli e argomenti inattesi. Il fronte che chiede una regolamentazione senza compromessi per le grandi banche scricchiola.