“Infiltrarsi in un paese che cerca di comportarsi correttamente. Non vogliamo che questi metodi diventino parte del nostro quotidiano. Noi crediamo nei valori”. Con queste parole la procuratrice pubblica Chiara Borelli ha concluso, martedì mattina a Lugano, la sua requisitoria nella seconda giornata del processo Belfor. A Palazzo di giustizia si dibatte su una delle più grandi truffe assicurative degli ultimi anni in Ticino: oltre 4 milioni di franchi di fatture gonfiate per lavori di risanamento mai realizzati.
Parole, quelle dell’accusa, riferite alla corruzione degli assicuratori coinvolti e che sono state accompagnate dalla richiesta di pena: quattro anni e sei mesi per un assicuratore 59enne, che ha ammesso i fatti e ha collaborato parzialmente. L’uomo ha ricevuto negli anni 600’000 franchi per gonfiare le fatture dei sinistri, una cifra nel frattempo parzialmente restituita all’assicurazione. Cinque anni e tre mesi invece, sono stati chiesti per l’altro assicuratore, un 61enne che ha negato i fatti e che secondo la Procura avrebbe gonfiato fatture per oltre 2 milioni di franchi, ricevendo in cambio diverse prestazioni, tra cui la ristrutturazione della propria abitazione.
In un altro caso l’assicuratore e la moglie si sarebbero recati sul luogo di un incendio in un grande magazzino con la collaborazione di un dipendente di Belfor, per ritirare gratuitamente della merce non più vendibile, tra cui diversi profumi. I due non sembrerebbero essere dunque semplici complici, ma protagonisti di questo sistema ricostruito dalla Procura.
Gli altri sette imputati presenti in aula hanno invece trovato un accordo con la procuratrice con pene che variano dai 14 mesi ai 6 anni di carcere. Un accordo che dovrà essere approvato dalla Corte al termine del processo. Nel pomeriggio la parola passerà alle difese.







