La disinformazione esiste da sempre, ma il fenomeno è esploso negli ultimi anni con internet, i social media e ora l’intelligenza artificiale. Il Faro del Telegiornale ha intervistato Federico Germani, ricercatore dell’Università di Zurigo che dirige, insieme a Giovanni Spitale, il laboratorio di informazione, tecnologia ed etica sperimentale, che è stato appena inaugurato.
Negli ultimi due anni, il World Economic Forum ha definito la disinformazione come la principale minaccia per l’umanità. Questo, spiega Germani, perché la disinformazione influenza tutti gli aspetti della vita, perché le informazioni possono portare a scelte politiche e scelte individuali che hanno una diretta conseguenza nel migliorare o peggiorare la salute delle persone. “La disinformazione può avere un impatto grosso sulle vite delle persone e può addirittura, in alcuni casi, causarne la morte”, sottolinea.
Misinformazione: quando si condividono informazioni false pensando che siano vere
Quando si parla di informazioni false il termine più usato è quello, appunto, di disinformazione. Ma Germani ne ricorda un altro, altrettanto importante, che è misinformazione. “La disinformazione è un’informazione falsa che viene condivisa con l’intento di nuocere. La misinformazione è un’informazione falsa che viene condivisa pensando che l’informazione sia vera”.
Si tratta di due concetti, indica il ricercatore, che vanno trattati in modo diverso. “Se qualcuno ha l’intento di nuocere, possiamo magari provare ad agire con strumenti legali. Mentre se abbiamo persone che condividono informazioni false credendo che siano vere dobbiamo agire diversamente. Dobbiamo ascoltarle e capire quali sono le problematiche, perché credono a certe cose e intervenire. Per esempio, con percorsi di alfabetizzazione all’informazione”.
Ecco perché crediamo alle bufale
Ma perché le persone credono alle bufale? Germani spiega che ci sono vari motivi, i quali possono essere classificati in tre categorie: cognitivi, emotivi e sociali. Nel primo caso rientrano le situazioni in cui “le persone non hanno gli strumenti, le competenze critiche, per capire se un’informazione è vera o se è falsa e se c’è un intento manipolatorio dietro un’informazione”.
I motivi emotivi, invece, “possono essere dettati appunto dal nostro stato emotivo, da come ci predisponiamo di fronte a un’informazione. Questo può intaccare le nostre competenze cognitive”. Parlando invece dei motivi sociali, il ricercatore spiega che “le nostre reazioni sono determinate dal gruppo sociale a cui apparteniamo”. Infatti, “se riceviamo un’informazione che non corrisponde alle credenze del nostro gruppo sociale tenderemo a rigettarla, magari con una risposta emotiva”.
Il pericolo della sovrabbondanza di informazioni
In periodi particolari, come durante una pandemia, una crisi politica o una guerra, succede che vi sia una sovrabbondanza di informazioni, indica il ricercatore. In questi casi ci si trova con “un’abbondanza di narrazioni differenti, alcune distorte, alcune veritiere, alcune che stanno nel mezzo. E le persone fanno fatica a capire come agire di conseguenza”. In questo caso si parla di infodemia.
Quando la disinformazione si diffonde, una delle conseguenze è la polarizzazione, indica Germani. Questo succede su determinati argomenti, come è stato per esempio per i vaccini durante la pandemia, si creano due opinioni opposte prevalenti “e non c’è comunicazione tra posizioni diverse”. Il ricercatore mette in guardia da questo fenomeno: “È un problema in una società democratica, perché avere opinioni diverse è importantissimo, è sano, ma si crea un problema quando le posizioni diverse non riescono a convergere e non riescono a comunicare tra loro”.
Tutto ciò può essere una minaccia per le società democratiche. “Lo vediamo particolarmente negli Stato Uniti, dove tanti parlano di deriva autocratica”, ricorda Germani. E in Svizzera? “Le istituzioni sono molto più forti, lo stanno dimostrando, ma anche in Svizzera c’è polarizzazione su tanti temi. Lo vediamo su argomenti di svariata natura politica, l’abbiamo visto durante la pandemia con la questione dei vaccini”.
Disinformazione, anche la Svizzera nel mirino
Telegiornale 26.06.2024, 20:00
“Serve la ricerca per capire come agire contro le informazioni false”
Dunque cosa si può fare? Secondo Germani, per rispondere a questa domanda è importante che la disinformazione venga studiata a livello accademico: “Serve la ricerca per capire come agire. Non possiamo basarci più sulla sensazione, come è stato il caso durante la pandemia. Il consenso degli esperti è importante, perché deriva da anni di ricerca e attività sul campo, ma non è l’unica cosa che conta. Conta anche capire con la ricerca empirica, con dati precisi, come muoverci in un contesto di incertezza, di crisi e di infodemia”.
https://rsi.cue.rsi.ch/info/svizzera/L%E2%80%99app-del-Consiglio-federale-contro-la-disinformazione--2931507.html
L’intelligenza artificiale: un’alleata e un pericolo
Recentemente, la nuova protagonista della diffusione dell’informazione, e della disinformazione, è l’intelligenza artificiale. Uno strumento che grazie alla sua chiarezza espositiva “permette alle persone di capire meglio le informazioni”. Ma, che può essere usata per “manipolare le persone e creare grossi danni. Perché l’intelligenza artificiale può farlo rapidamente, su larga scala e in modo più convincente”, evidenzia il ricercatore.
https://rsi.cue.rsi.ch/info/ticino-grigioni-e-insubria/%E2%80%9CL%E2%80%99IA-ci-d%C3%A0-risposte-allineate-con-il-nostro-modo-di-vedere-il-mondo%E2%80%9D--3167259.html
Una soluzione potrebbe essere quella di censurare chi fa disinformazione? Per Germani non sarebbe una buona soluzione. Anzi, risulterebbe controproducente. Censurandole, le persone non smettono di parlare di determinati argomenti, indica il ricercatore, semplicemente lo fanno altrove, su altre piattaforme o pagine. Inoltre, con la censura, si convincono di avere ragione proprio perché qualcuno tenta di controllare il modo in cui agiscono.

Disinformazione, intervista a Silvia Giordano
Telegiornale 08.01.2025, 20:00
Per il ricercatore è importante lavorare sull’alfabetizzazione all’informazione e all’intelligenza artificiale. In quest’ottica, a fine mese terrà insieme a Giovanni Spitale un corso in Ticino destinato a docenti delle scuole elementari. Verranno quindi proposti degli approcci per insegnare resilienza alla disinformazione e alle informazioni manipolatorie.
https://rsi.cue.rsi.ch/cultura/societa/L%E2%80%99intelligenza-artificiale-a-prima...-svista--2911674.html