Ticino e Grigioni

Frana di Fontana: “La tempesta quasi perfetta”

Durante la presentazione della carta dei pericoli Val Bavona sono stati illustrati i dettagli dell’alluvione del 2024 - La valanga di roccia è partita a 1’800 metri

  • Oggi, 19:04
  • 2 ore fa
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Il grande masso che tappava l’alveo, costituendo una briglia naturale per tanti secoli, e che è sceso fino al fondovalle

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Di: SEIDISERA - John Robbiani/M.Mar. 

Il Canton Ticino e il Comune di Cevio hanno presentato la mappa delle zone di pericolo martedì sera, ad un anno dall’alluvione che ha travolto la Vallemaggia e che ha colpito particolarmente il nucleo di Fontana - in Val Bavona - dove è scesa un’enorme frana. Durante l’incontro, per la prima volta i geologi sono entrati nei dettagli di quello che è avvenuto nella notte tra il 29 e il 30 giugno. La geologa cantonale Lorenza Re ha parlato di questa ricostruzione ai microfoni di SEIDISERA.

Gli esperti hanno parlato di un inizio della frana a 1’800 metri, perché “spesso questi fenomeni partono da una causa scatenante”, ha spiegato Lorenza Re, spiegando che questa è “una frana laterale che fa partire il processo e scendendo verso valle si autoalimenta continuamente”. In questo caso “tutti gli affluenti laterali dalla prima frana fino praticamente all’apice del conoide, hanno contribuito con acqua e materiale solido”.

Visto che il materiale è franato tutto quasi contemporaneamente “o nel giro di sei ore”, si parla di “flash flood, proprio per indicare un’alluvione lampo”. Secondo Re l’evento fondamentale è stata la pioggia, poiché da settembre 2023 a giugno 2024 aveva piovuto molto “quindi tutti i terreni erano già saturi d’acqua”, quindi “su pendenze così forti, incredibili, come in alcuni punti della Val Bavona, sarebbe bastata anche una quantità d’acqua minore per far partire delle alluvioni e delle frane in un torrente”. In questo caso “c’è stata, direi quasi, una tempesta perfetta”, ha rimarcato la geologa.

Inoltre, neve e valanghe sono state un ulteriore “elemento importante”, poiché la neve “è stata copiosa durante l’inverno e anche nella primavera”, e ciò “ha contribuito a elevare il contenuto d’acqua, quindi la saturazione nei terreni”. In aggiunta “nella Valle di Larecchia, in particolare, abbiamo constatato che c’era una presenza importante di neve all’interno dell’alveo”, dunque “la neve ha contribuito alla piena, aumentandone la portata, ma probabilmente anche cambiando un po’ il comportamento del flusso di detrito”. Lorenza Re tende a chiamarla, per l’appunto, “valanga flusso di detrito”.

Val Bavona, Fontana

La distruzione in Val Bavona, a Fontana, dopo l'alluvione del 2024

  • Keystone (foto d'archivio)

La particolarità della frana a Fontana è stato il “tappo”, posto “proprio dove esce il torrente e si distribuisce a ventaglio”, e “costituito dal macigno di 8’000 metri cubi che è arrivato fino al fondovalle”. “Questo tappo non c’è più”, ma aveva “tappato l’alveo, costituendo una briglia naturale per tanti secoli”, e ha “quindi filtrato il materiale che è venuto giù piano piano, con episodi alluvionali lievi” però “allo stesso tempo, ha incrementato il volume disponibile”. “Nel corso di questo evento il tappo, scendendo lentamente verso valle, ha completamente deviato l’onda di piena a sinistra e a destra, creando l’enorme devastazione”, ha osservato Re.

“La prima cosa che i testimoni ci hanno descritto è un vento fortissimo con sabbia e sassi da tutte le parti”, ha detto la geologa, spiegando che “questa è la famosa onda di pressione, che solitamente avanza prima di una valanga”, ovvero “un’onda d’urto impressionante”. Poi “è arrivata l’onda di piena, dove il grande masso ha fatto una parte da leone”. “All’apice del conoide abbiamo rilevato almeno 40 metri di altezza (dell’onda di piena, ndr), che addirittura è andata oltre la roccia”. “Se io avessi dovuto fare una carta del pericolo prima di quello che è successo”, ha concluso Lorenza Re “avrei sbagliato al 100%”.

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