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Riscatti, IS come al Qaida

La richiesta di 200 milioni di dollari al Giappone potrebbe indicare che lo Stato islamico è in difficoltà finanziarie

  • 21 gennaio 2015, 13:53
  • 7 giugno 2023, 03:52
Per la prima volta l'IS ha chiesto esplicitamente un riscatto in cambio della vita di un ostaggio

Per la prima volta l'IS ha chiesto esplicitamente un riscatto in cambio della vita di un ostaggio

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La richiesta di 200 milioni di dollari per la liberazione di due ostaggi giapponesi è una prima dell’autoproclamato Stato islamico dell’Iraq e del Levante (IS) che sembra intenzionato ad imitare al Qaida dalla quale, finora, aveva tentato di smarcarsi. Mai in precedenza, come sottolineano vari esperti di terrorismo e sicurezza (si veda per esempio l’analisi di Eugenio Lilli sul Telegraph), l’IS aveva esplicitamente domandato un riscatto.

Per al Qaida, e i vari gruppi ad essa ispirati, i pagamenti dei vari Governi (con in prima fila quelli europei) negli ultimi anni hanno rappresentato una rilevante fonte di finanziamento. Stando alle stime di Rukmini Callimachi del New York Times, pubblicate la scorsa estate, tra il 2008 e il 2013 solo i riscatti hanno fruttato all’organizzazione terroristica almeno 125 milioni di dollari, una cifra che pari a metà delle sue entrate. Nessun Governo conferma i versamenti per liberare i propri concittadini, ma dall’inchiesta era emerso che a pagare di più sarebbero stati: Francia (58 milioni di dollari), Italia (15 milioni), Svizzera (12), Spagna (10), Austria (3,2), Canada, Finlandia, Germania, Qatar e Oman.

Le stime di Rukmini Callimachi

Le stime di Rukmini Callimachi

  • ©NYTimes

La richiesta di 200 milioni di dollari al Giappone, secondo vari osservatori, potrebbe indicare che l’IS si trova in difficoltà finanziarie. Finora si riteneva non avesse bisogno di chiedere riscatti in moneta sonante potendo contare su rilevantissime entrate dalla vendita di petrolio e gas siriani ed iracheni, dalle esazioni nei territori sotto il califfato e dalla tassa (jizya) prelevata dai non musulmani. Ma potrebbe anche essere, rileva ad esempio "Le Monde", una risposta al fatto che il premier giapponese, pochi giorni fa durante una visita in Egitto, ha promesso un aiuto (in assistenza non militare) proprio di 200 milioni di dollari ai paesi (Iraq e Siria) che stanno combattendo l’IS.

Il giapponese ha subito annunciato che non si piegherà al ricatto adottando la linea ufficiale mantenuta da tutti i Governi . Una linea che il paese del Sol Levante ha dimostrato di seguire, alla pari di USA e Gran Bretagna, anche nella pratica come avvenuto nel 2004 quando il rapimento in Iraq di Shosei Koda da parte di un gruppo collegato ad al Qaida si concluse con la decapitazione. Tokyo ha pure dichiarato che verserà i 200 milioni di dollari destinati all’aiuto umanitario nei paesi che si stanno contrastando sul proprio territorio lo Stato islamico.

Diego Moles


Notiziario delle 10.00 del 21/01/15

RSI Mondo 21.01.2015, 13:59

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