Natura e Animali

Tarangire, riserva d'elefanti

Trenta gli animali uccisi ogni giorno in Tanzania, tra i primi paesi per avorio sequestrato

  • 06.05.2014, 13:57
  • 06.06.2023, 12:31
Chiare, fresche, dolci acque...

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  • Pontus Wallstén

Ad un’ora e mezza di auto da Arusha, una città di più di un milione di abitanti ai piedi del Monte Meru, si entra in uno dei parchi nazionali africani più conosciuti al mondo. Si chiama Tarangire, e sono circa 3’000 ettari di boschi, paludi e pianure alluvionali. Nel 1957, il governo della Tanzania dichiara la zona riserva naturale per la fauna, un paio d’anni dopo, la popolazione residente, già poco numerosa rispetto ad altri territori vicini vista la fastidiosa presenza della mosca tse-tse, comincia ad abbandonare il territorio. Gli ultimi Maasai (arrivati circa 200 anni prima) saranno costretti ad abbandonare la zona per i villaggi limitrofi nel 1970, quando il governo dichiara il Tarangire Parco nazionale.

Un viaggio nel Tarangire

In questa riserva, che prende il nome dal fiume che lo attraversa, c’è la più grande concentrazione di baobab di tutta la Tanzania. Speciali sono anche le acacia ad ombrello (Acacia tortilis) con i loro fiori piccoli bianchi e molto profumati. Viste le sue caratteristiche è un habitat perfetto per il mammifero terrestre più grande del Pianeta: l’elefante africano (Loxodonta africana), Tembo in Swahili. L’elefante africano maschio può superare i 3 metri al garrese, essere lungo più di 7, e pesare oltre 6 tonnellate. Ce ne sono circa 3'000 e convivono con la ricca fauna della zona, come zebre, gnu, giraffe, babbuini e leoni.

"Sono degli animali incredibilmente affascinanti - racconta Saidi Mustafa, il nostro Driver, che ci porta nel cuore del parco - ma bisogna conoscerli bene e saper riconoscere quando sono agitati o a disagio". Gli elefanti, soprattutto maschi, sono infatti spesso stressati o agitati, per colpa della loro scarsa attività sessuale. Le famiglie sono composte da 5 a 15 madri con i loro piccoli. I maschi, invece, raggiunta la pubertà si ritrovano con i loro simili. Le femmine possono dare alla luce un piccolo circa ogni 4 anni e la gestazione dura 22 mesi. Così, secondo Saidi, che è alla scoperta del Tarangire da ormai 7 anni, è proprio il loro modo di riprodursi che li sottomette a grande stress. È quindi anche la ragione per cui se la prendono facilmente con cicogne e babbuini, se ritengono che il territorio in cui questi si stanno tranquillamente nutrendo, sia il loro.

Se sono arrabbiati, agitano le enormi orecchie, che possono arrivare fino a 2 metri quadrati di ampiezza. Le portano avanti ed indietro emettendo dei forti barriti. È facile distinguere questo loro comportamento dal classico movimento delle orecchie che li contraddistingue quando sorridono, che permette loro di raffreddare le orecchie e di conseguenza il corpo.

L'operazione Tokomeza

La Tanzania perde più di 10'000 Tembo all’anno. Oggi si pensa che abitino le sue terre 90'000 esemplari, ma potrebbero essere meno. I bracconieri (che si stima in media prendano multe di soli 164 dollari), si sono spostati verso l’Africa occidentale, perché gli elefanti delle foreste erano diventati troppo difficili da cacciare. Una fatica che paga, perché la ricompensa per i cacciatori va dai 50 ai 100 dollari al chilo (il prezzo finale di mercato è di circa 3'000). Una catastrofe ecologica ma anche economica, perché il turismo legato all’osservazione di animali nei parchi nazionali, in Tanzania, contribuisce al 17% del prodotto interno lordo del Paese.

Così, per cercare di far fronte al dramma, il governo ha organizzato una campagna anti-bracconaggio denominata Tokomeza, "annientare" in Swahili, partita l’autunno scorso. La sua efficacia è evidente: in ottobre, "solo" 2 animali sono stati trovati morti. L’operazione è stata interrotta però a fine mese, per un grave scandalo di violenza. Il presidente della Tanzania, Jakaya Kikwete, ha licenziato 4 ministri accusati di aver dato il via ad una campagna fatta di omicidi, torture e abusi, come ha confermato un’inchiesta parlamentare. I ranger, avevano infatti ricevuto l’ordine di "sparare per uccidere" i cacciatori di frodo. Così, il numero di animali uccisi nei mesi seguenti all’interruzione dell’operazione Tokomeza è di nuovi di 60. Ragion per cui, secondo il sito d’informazione allAfrica, il presidente starebbe pensando di rilanciare l’operazione.

Francesca Calcagno

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