Dolly Parton in concerto il 18 marzo 2022 a Austin, in Texas
La Recensione

Dolly Parton - “Rockstar”

Non é mai troppo tardi per diventare rockstar

  • 05.12.2023
  • 23 min
  • Paolo Prato
  • Keystone
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Rockstar” (pubblicato da Butterfly Records e Big Machine) è il 49° album di Dolly Parton, “la regina della musica country” da tempo al centro del panorama pop statunitense. È anche il suo primo omaggio al rock, che giunge all’età di 77 anni in controtendenza rispetto a molti artisti partiti dal rock e approdati a lidi più mainstream.
Siamo di fronte a un’impresa monstre in cui l’artista presenta trenta brani di cui sette inediti tutti firmati da questa highlander del Tennessee che, oltre a essere una vocalist di qualità, è anche autrice di talento – basti pensare a “I Will Always Love You”, fra le canzoni più vendute di sempre. Il grosso dell’album è costituito da cover di pezzi famosi, la maggior parte dei quali proveniente dal serbatoio degli anni Settanta e Ottanta. Perciò non poteva mancare l’edizione analogica in quattro LP, mentre i CD sono due e la versione online offre in più due bonus track.

Si tratta di un lavoro che ha tutte le carte per diventare un evento mediatico, se guardiamo alla lista dei nomi chiamati a duettare con lei su classici del loro repertorio: Elton John, Sting, Paul McCartney, Ringo, Peter Frampton, singoli membri di Aerosmith, Lynyrd Skynyrd, Creedence Clearwater Revival e un parterre di voci femminili che hanno fatto la storia, da Debbie Harry a Stevie Nicks, da Pat Benatar a Sheryl Crow. Ma Dolly non si accontenta di guardare indietro e in questo suo approccio enciclopedico coinvolge star di oggi come Miley Cyrus e i Maneskin, che potrebbero essere suoi nipoti.
L’operazione contiene luci ma anche ombre, per come alcuni brani sono stati rispolverati e per come il ricorso ai cliché consolidati del genere – specie quando siamo in presenza di “inni” dell’hard-rock e del rock sudista – ci mettono di fronte a quel che in Nord America chiamano AOR (Adult Oriented Rock): la faccia pulita e istituzionalizzata di un rock che della spinta utopico-avanguardista conserva solo i segnali esteriori. Ma solo a riascoltarli, questi rock anthem, vengono i brividi lungo la schiena, cosa che succede sempre più raramente quando accendi la radio.

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