Andrei Sakharov
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La resistenza estrema e attuale di Andrei Sakharov

Il padre della prima bomba a idrogeno e la sua opposizione all’Unione Sovietica

  • 22.01.2024
  • 27 min
  • Sabrina Pisu
  • Imago Images
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È il 22 gennaio del 1980 quando Andrei Sakharov è arrestato a Mosca nel corso di una manifestazione contro l’entrata delle truppe sovietiche in Afghanistan. «Credo che l’Unione Sovietica», diceva, «debba porre fine a un’invasione che mina la credibilità del nostro Stato, rivelando con chiarezza il pericolo che una società totalitaria chiusa rappresenta per il mondo intero». È deportato a Gorky, 500 chilometri da Mosca, dove vive, racconta nelle sue memorie, sorvegliato giorno e notte dalla polizia.

La sua storia è quella della presa di coscienza dell’arbitrio violento del potere nell’Unione Sovietica: fisico nucleare, padre della prima bomba all’idrogeno sovietica negli anni Cinquanta, nel 1961 si è opposto alla ripresa degli esperimenti «perché potevano compromettere il disarmo e il dialogo per la pace».

Ha portato avanti battaglie importanti per difendere le libertà civili come quella di circolazione, informazione e opinione. Nei suoi scritti è intervenuto sulla pace, sul disarmo, sulla tutela dell’ambiente, ha affrontato criticamente il rapporto fra scienza e società, si è pronunciato contro la pena di morte.

La storia di Andrei Sakharov è ancora attuale e pericolosa per il regime di Putin: nell’aprile del 2023 il Ministero della giustizia russo ha chiuso in modo definitivo il Museo e Centro pubblico di Mosca a lui intitolato e voluto nel 1996 da sua moglie Elena Bonner.

Con Sergei Lukachevski, in esilio in Germania, dal 2008 direttore del Museo e Centro pubblico di Mosca Andrei Sakharov, Maria Candida Ghidini che insegna Letteratura russa all’Università di Parma e Giovanni Savino, ricercatore di Storia della Russia presso l’Università Federico II di Napoli.

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