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Ottava tappa: Arles a Port-Saint-Louis-du Rhône

di Antonio Ferretti e Roberto Antonini

  • 29.08.2015, 13:50
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Fenicottero rosa

  • © RSI - Roberto Antonini

Attraverso la Camargue

di Antonio Ferretti e Roberto Antonini

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Audio diario di viaggio Antonini/Ferretti 

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Al Tour de France una tappa che parte a 3 metri sul livello del mare e si conclude a 0 metri sul livello del mare sarebbe stata il sogno di tutti i velocisti. Per noi è semplicemente l’invito ad un giro turistico di Arles in sella alla nostra bici, prima di attraversare la Camargue e giungere alla foce del Rodano, traguardo finale del nostro viaggio.

L’appuntamento con i fenicotteri dello Stagno di Vaccarès era fissato da tempo, ma non potevamo ignorare quello con l’Anfiteatro e il Teatro Antico della romana Arelate. L’anfiteatro perfettamente conservato, poteva contare 20.000 posti a sedere e come il Teatro di Orange, testimonia ancora della vivace vita sociale e culturale delle guarnigioni e dei nobili gallici ai quali i romani avevano concesso una certa libertà. Oggigiorno viene utilizzato come arena per le corride. Del vicino Teatro Antico é rimasto in piedi molto meno. Suggestiva e animata la Place du Forum, dove Van Gogh amava soffermarsi e dove dipinse uno dei suoi celebri quadri di Arles. Dato che la Fondazione a lui dedicata é chiusa per ristrutturazione ci beviamo un caffè in piazza, brindiamo discretamente alla salute del genio olandese e ci lanciamo verso la Camargue e verso il suo enorme stagno di Vaccarès, una sorta di mare interno che raggiungiamo dopo una trentina di chilometri, in località Mas de Cobassolle. Al nostro arrivo uno stormo di fenicotteri rosa di libera in volo. Sono loro i frequentatori abituali di questa zona umida disegnata nel delta del Rodano.

Negli 850 chilometri racchiusi tra i due bracci del fiume ci sono 400 specie di uccelli e poi cavalli bianchi, tori e naturalmente zanzare. Noi ne percorriamo solo una piccola parte pedalando parallelamente al Rodano, distante in linea d’aria sette o otto chilometri. Tra paludi, risaie e saline abbaglianti, la pianura spazzata dal vento a tratti sembra quasi angosciante. Per non smarrirci prendiamo come riferimento i “mas”, le solitarie proprietà agricole che spuntano qua e là e indicate con distanze chilometriche una dall’altra. Selvaggia, quindi verrebbe subito da dire, pensando alla Camargue. Certo bella, selvaggia e affascinante, eppure pedalando tra acquitrini, fenicotteri, tori e cavalli ci rendiamo conto di come la Camargue sia una regione molto costruita e quindi in un certo senso artificiale. Stagni e corsi d’acqua che fiancheggiamo, in un reticolo quasi inestricabile, sono il risultato di un lungo e laborioso lavoro dell’uomo che ha realizzato argini e impianti idraulici per garantire la sopravvivenza di queste terre minacciate dall’innalzamento del Mediterraneo. Ce ne accorgiamo quando arriviamo alle Saline di Giroud e siamo costretti a salire a bordo di un traghetto per raggiungere l’altra sponda del Rodano. Ma è davvero questo il Grande Fiume che nasce nell’Alto Vallese? La cartina lo indica come Grande Rodano per distinguerlo dal Piccolo braccio più a ovest non troppo lontano da Saintes-Maries-de-la Mer. Gli argini in cemento entro il grande fiume è imbrigliato e incanalato verso il mare ce lo fanno apparire come un canale artificiale. Scesi dal traghetto (le bici non pagano) lo seguiamo fedelmente fino a Port-Saint-Louis-du- Rhône, una sorta di Finisterre dove un tempo sorgeva il vecchio grande porto mercantile di Marsiglia. Da qualche anno il porto è stato spostato Fos-sur-Mer e il villaggio di Port-Saint-Louis cerca faticosamente di crearsi una nuova immagine turistica sfruttando la vicina Plage Napoléon, ricavata a ridosso della zona industriale. Molte barche da turismo, ormeggiate nel nuovo porto, un grosso supermercato dove riusciamo a trovare perfino un copertone di ricambio adatto ad una delle nostre biciclette, ma un solo alberghetto aperto e comunque poco invitante. Andrà meglio a chi arriverà qui durante l’alta stagione, ma intanto all’ufficio del turismo ricavato in una antica torre di guardia, ci aiutano a trovare un buon ristorante e ci fanno incontrare con il vecchio sindaco di Port-Saint-Louis che ci spiega come questo desolato ultimo lembo di terra, sia diventato una meta ciclistica assai frequentata (anche dagli svizzeri) grazie alla Via Rhona. Ecco perché il supermercato dispone di camere d’aria e copertoni. Ma ci raccontano anche che le piene del 1993 e del 1994 e gli allagamenti del 2003 hanno dimostrato la fragilità di un sistema artificiale di argini e canali ormai diventato obsoleto,convincendo tutti della necessità di lasciare libertà al grande fiume e allo sfogo delle natura. Da qualche anno si stanno demolendo dighe e argini costruiti ai tempi di Napoleone III, praticamente negli stessi anni della costruzione del Canale di Suez. Impedendo per 150 anni al Rodano di divagare si sono si salvate queste terre dal mare, ma allo stesso tempo si è bloccato l’apporto dei materiali detritici trascinati dal fiume, provocando così un lento sprofondamento delle terre ormai finite sotto il livello del mare. Una manna per chi pedala, un grosso rischio di desertificazione per chi vi abita.

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