Quando, il 30 ottobre del 1938, gli alieni invasero la terra, un’intera nazione piombò nel caos. A darne l’annuncio radiofonico fu la voce di un attore non troppo convinto dell’adattamento che andava leggendo. Si trattava di una rielaborazione de La guerra dei mondi, un classico della fantascienza scritto da H. G. Wells e trasformato per l’occasione in una vera e propria radiocronaca. Al microfono, un giovane Orson Welles.
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“Per quello che abbiamo fatto sarei dovuto finire in galera,” avrebbe detto lo stesso Welles. “Invece sono finito a Hollywood.” Fu un’accoglienza tiepida quella degli addetti ai lavori, ma non certo dell’RKO, che offrì a Welles un contratto senza precedenti. A risultare atipiche non furono solo le cifre offerte a un regista esordiente, quanto la garanzia del final cut, ovvero il totale controllo di ciò che appariva sullo schermo. Ogni privilegio era però vincolato al rispetto del budget, che non doveva eccedere i 500000 dollari. Il primo problema, naturalmente, fu proprio questo. A Welles fu offerto un contratto per tre film, il primo dei quali avrebbe dovuto essere un adattamento del romanzo Heart of Darkness di Joseph Conrad. Le idee rivoluzionarie del regista, unite a un budget troppo elevato, fecero desistere RKO, che invitò Welles a cambiare progetto. Toccò allora a un poliziesco dal titolo The Smiler with a Knife, dall’omonimo romanzo di Cecil Day-Lewis, ma una volta ingaggiata Carole Lombard il film subì una sorte analoga al precedente. Fu solo allora che Welles, coadiuvato dallo sceneggiatore Herman J. Mankiewicz, pensò bene di scrivere Quarto potere (Citizen Kane, 1941), regalando al mondo del cinema uno dei suoi più grandi capolavori. Il film, riproposto da I Wonder Classic, divisione di I Wonder Pictures dedicata alla riscoperta dei classici, torna in sala in versione originale e sottotitolata a partire dal 24 marzo.
La trama è nota. Charles Foster Kane, vecchio magnate dell’editoria, pronuncia in punto di morte una parola enigmatica: Rosebud. Il giornalista Jerry Thompson, incaricato di svelarne il mistero, affronta così un viaggio nel passato di Kane. Un viaggio nella vita fittizia di uno degli uomini più potenti d’America che nasce dalla vita tutt’altro che immaginaria di un vero magnate dell’editoria, il discusso e discutibile William Randolph Hearst.

William Randolph Hearst
Nel 1941, quando Quarto potere uscì nelle sale americane, Hearst era già da tempo il padrone indiscusso della stampa scandalistica statunitense. In pochi decenni era stato in grado di fondare un impero capace di influenzare l’opinione pubblica. Ritrovarsi nel personaggio di Kane non lo dispose benignamente nei confronti di Welles. Comprensibile, perché nonostante il regista abbia dichiarato di essersi ispirato a più personaggi reali, le analogie tra Kane e Hearst erano piuttosto delineate, non solo negli aspetti biografici e imprenditoriali, quanto in termini ideologici. In questo senso, Quarto potere risulta e risultò agli occhi di tutti come l’analisi critica di un determinato periodo storico, nonché una presa di posizione di fronte a un mondo in trasformazione.
Le posizioni politiche di Welles e Hearst erano diametralmente opposte. Il primo era stato un sostenitore di Roosevelt, che grazie a manovre economiche contro la grande depressione aveva sostenuto, attraverso il Federal Theatre Project, anche alcune opere teatrali del regista. Il secondo, al contrario, era stato un netto oppositore del New Deal. Amante della cultura europea, Welles era inoltre un fermo antifascista e, di conseguenza, un sostenitore dell’intervento americano nel secondo conflitto mondiale. Hearst, invece, un convinto isolazionista.
L’isolamento di Kane nella lussuosa dimora di Xanadu, tanto simile a quello di Hearst a San Simeon, rifletteva così l’isolamento in cui rischiavano di sprofondare gli Stati Uniti qualora non fossero intervenuti a favore dell’Europa. Lontano dall’essere un vero e proprio film di propaganda, Quarto potere si dimostrò però il film ideale per tracciare uno spaccato dell’identità americana del tempo, nonché per invitare la popolazione a una profonda riflessione politica. Criticando il potere manipolatorio della stampa, Welles agì a sua volta influenzando l’opinione pubblica, esercitando il potere di un media che, con la serie Why We Fight di Frank Capra, si sarebbe dimostrato solo l’anno successivo un fondamentale strumento interventista.

Peccato che all’uscita della pellicola, avvenuta sei mesi prima dell’attacco di Pearl Harbor, il potere della stampa non tardò a farsi sentire. Hearst esercitò tutta la propria influenza per limitarne la distribuzione nelle sale e proibì a ogni sua rivista di parlare del film. Malgrado l’ottima risposta della critica americana, Quarto potere ottenne di conseguenza mediocri risultati al botteghino.
A onore del vero, le ragioni di tale risultato non furono legate solo all’indignazione di Hearst, ma alla reazione di un pubblico ormai assuefatto all’omologazione delle produzioni hollywoodiane, che non vedeva di buon occhio trame non lineari e ricche di flashback, “sperimentazioni” visive e finali non lieti.
A causa della guerra, il film non trovò spazio nella maggior parte dei paesi europei fino al 1946, quando a seguito della sua prima proiezione suscitò aspre recensioni in Francia. A non gradirne la fattura, soprattutto per quanto riguardava la struttura in flashback, fu in particolare Jean-Paul Sartre, che stroncando Quarto potere influenzò buona parte della critica francese dell’epoca, già di per sé anti-hollywoodiana. A rimettere in ordine le cose, per fortuna, ci pensò André Bazin, che in antitesi alla critica marxista dilagante negli ambienti intellettuali francesi riuscì a dimostrare le qualità di un’opera monumentale, spesso ai vertici delle classifiche dei film più belli e influenti della storia.
100 anni di Orson Welles
Telegiornale 06.05.2015, 20:00