Con La ragazza ha volato (2021) il cinema di Wilma Labate ribadisce in primo luogo il sottile sottotesto che caratterizza altre pellicole della cineasta romana; penso soprattutto al bellissimo La mia generazione – pellicola del 1996 proposta come miglior film ai premi Oscar del 1997 – e a Domenica (2001). Infatti anche la storia di Nadia, come quella del terrorista Claudio Braccio e dell'ispettore Sciarra (entrambi ruoli di Claudio Amendola), sembra svilupparsi sulla base del medesimo presupposto: nonostante il male che l'esistenza ci ha inflitto, attraverso quale atto di volontà possiamo ancora dire «sì» alla vita?
Nadia è un'introversa adolescente triestina, splendidamente impersonata da Alma Noce, che subisce uno stupro da parte di Brando, un ragazzo più grande interpretato dall'altrettanto bravo Luca Zunic. La cruciale scena di violenza, dalla quale si articola tutta la catena di eventi riportati nel film, ha luogo in un appartamento della famiglia del carnefice, dove quest'ultimo attira la giovane perché, dice, vuole farle vedere la pistola di suo zio (formula che fa letteralmente venire i brividi). Una volta mostrata l'arma, Brando commette il suo crimine sotto l'occhio dello spettatore che, come ai tempi de La fontana della vergine bergmaniana, assiste a un angoscioso dilatarsi del tempo che va ben oltre il conteggio dei minuti.
A tortura conclusa, la vittima viene liberata dal suo carceriere e, ulteriormente minacciata qualora parlasse, torna a casa dai genitori. Ecco che allora comincia qualcosa di difficile descrizione: la storia del silenzio di Nadia, poiché fino alla fine la ragazza non dirà nulla su quanto avvenuto. Nel grigiore dei giorni successivi, i famigliari e i compagni dell'istituto alberghiero che frequenta non sembrano accorgersi di niente, perché tanto lei è così, chiusa e un po' scontrosa. Ma ecco che avviene l'inatteso: Nadia scopre di essere incinta.
Quando si confida con la sorella maggiore e, grazie a lei, coi genitori, tutto porta a credere che la strada per l'aborto sia segnata: dal padre e la madre sconvolti viene preso il fatidico appuntamento mentre la ragazza, alle pressanti domande sul papà del bambino, continua a rispondere semplicemente: non so chi sia. Eppure, a un passo dall'evento, un cambio scena ci riporta a scuola, dove la protagonista continua a seguire la sua formazione e inaspettatamente la scopriamo esibire il ventre gonfio a gravidanza avanzata.
La scelta di Nadia non ha spiegazione, ma solo espressione nell'agire. Un agire che è un salvarsi attraverso la sola consapevolezza di una ferma decisione. Tale consapevolezza appare come l'esatto rovescio dell'incoscienza del giovane Brando: infatti, quando i due si incontrano dopo lo stupro, la prima volta quest'ultimo le offrirà grottescamente un ghiacciolo e, più avanti, incrociandola al parco, le chiederà amichevolmente della gravidanza come se niente fosse.
In tutta la storia è lei il solo personaggio ad avere una vera trasformazione: da quando ha volato – cioè misteriosamente scelto – qualcosa di impalpabile cambia nel suo sguardo: una volta la scopriamo sorridere leggermente all'occhiata di un compagno di classe, un'altra ridere incontrollabilmente durante una serie di vocalizzi del corso pre-parto. Naturalmente, il film non intende proporre una sorta di “lezione” su una tematica tanto dolorosa; non è un caso che Nadia non renda mai conto delle ragioni della sua decisione. Come dichiarato dalla regista, La ragazza ha volato si propone piuttosto come un'indagine sull'animo femminile, sulla sua forza, la sua insondabilità e la sua sfuggevolezza.
In questo senso, con quest'ultimo film, Wilma Labate riafferma pure l'altro tratto distintivo del suo lungo percorso – un percorso che, ricordiamolo, dagli anni '90 ad oggi, fra film e documentari, ha portato alla realizzazione di una quindicina di opere: quello che vede nel ritratto di donna una questione artistica centrale.
Pensiamo infatti al suo primo lungometraggio, il bellissimo e vivace Ambrogio (1992) – pellicola più che mai attuale che, credo, molti oggi farebbero bene a vedere – dove una giovanissima Francesca Antonelli calza i panni di una ragazza decisa a fare il marinaio; oppure al sopraccitato Domenica, in cui l'orfana protagonista è inseguita da Amendola in una Napoli inafferrabile per riconoscere il cadavere del proprio violentatore; o a Jana, la prostituta coinvolta nel documentario Qualcosa di noi (2014); o, ancora, alle dimenticate cantanti di Arrivederci Saigon (2018), documentario che ricostruisce l'allucinante tournée delle Stars – praticamente la prima rock-band femminile italiana – nel Vietnam in guerra. Sono tutte opere e figure in cui, in modi di diversi, si condensa l'essenza di un'identità precisa e complessa, di difficile decifrazione e della quale non è possibile cogliere fino in fondo il segreto.
Ecco che allora con La ragazza ha volato Wilma Labate prosegue con coerenza una rotta tracciata da molto tempo – rotta che, nel mondo di oggi, ancora tanto incerto nei confronti di un mistero così vicino e così lontano, ha un profondo bisogno di essere percorsa, investigata e vissuta.