Parlano della situazione economica e finanziaria della Santa Sede i cardinali elettori e non elettori riuniti nella settima congregazione generale prima del conclave, mentre si consolidano le posizioni dei papabili Pietro Parolin e Luis Antonio Tagle. Italiano il primo, filippino il secondo, sembrano poter avere entrambi il consenso di una buona parte del collegio anche se nessuno esclude la possibilità che, nel caso il voto subisca uno stallo (più volte in passato è accaduto così), cresca un outsider.
Nella congregazione di martedì il cardinale Marx, in qualità di coordinatore del Consiglio per l’economia, ha presentato alcune sfide, problemi, proposte nella prospettiva della sostenibilità, con l’obiettivo che le strutture economiche continuino a supportare la missione del papato. Il cardinale Farrell, responsabile del comitato per gli investimenti, ha parlato dell’attività del comitato. Il cardinale Schoenborn, presidente della Commissione di vigilanza dello Ior, ha parlato dell’attività e della situazione dello Ior. Mentre il cardinale Vergez, presidente emerito del governatorato (non erano presenti né l’attuale presidente suor Raffella Petrini né il segretario laico avvocato Giuseppe Puglisi-Alibrandi) ha dato alcune specifiche sulla situazione e sul supporto del governatorato ed anche su alcuni lavori di ristrutturazione in cui è coinvolto. Infine, l’elemosiniere, il cardinale Krajewski ha parlato dell’attività del Dicastero per la carità.
Già nel conclave del 2013 più interventi furono dedicati, nel corso delle congregazioni, ai temi finanziari. Tanto che il mandato di Francesco da subito fu quello di riformarle. Ma Bergoglio non parlò di finanze durante il suo intervento nelle stesse congregazioni. Alzatosi in piedi per ultimo nell’ultima congregazione prima del conclave parlò semplicemente di Gesù. E del fatto che era la Chiesa, in quel momento, a tenerlo in catene. E che pertanto andava liberato. E disse, ancora, che la Chiesa «è chiamata a uscire da sé stessa e ad andare verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali, quelle del mistero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, quelle dell’ignoranza e dell’assenza di fede, quelle del pensiero, quelle di ogni forma di miseria». Fu questo intervento che spinse i cardinali poi a eleggerlo, dopo che Scola non riuscì a superare la soglia dei quaranta voti.
Parolin si sta sempre più affermando come candidato della via mediana, propositore di una linea che non tradisca i processi aperti da Francesco senza tuttavia strappi con la tradizione. Tagle, invece, come candidato capace d’incarnare meglio la spinta missionaria del Vangelo, forte della sua esperienza di arcivescovo di Manila e presidente di Caritas Internationalis. Ma dietro di loro sono diversi i nomi che crescono.
Anzitutto Robert Francis Prevost. Nato a Chicago, 69 anni fa, è l’attuale prefetto del Dicastero per i vescovi. Ha gestito le nomine in giro per il mondo dal 2023. Religioso agostiniano, ha una formazione canonistica. E gode di una lunga esperienza pastorale, maturata in anni di attività missionarie e di gestione di diocesi e seminari in Perù. Al momento sembra poter essere lui il “terzo incomodo” sulla strada del papato.
Quindi il cardinale Joseph William Tobin, redentorista e arcivescovo metropolita di Newark negli Stati Uniti. Nato il 3 maggio 1952 a Detroit, nel Michigan, primo di tredici figli, è una figura di dialogo e riferimento per la vita consacrata e l’integrazione pastorale.
Dopo di loro i nomi degli italiani Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e capo dei vescovi italiani e il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme. Quindi i cardinali Jean-Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia, che con Bergoglio ha in comune tematiche come la lotta alla povertà, l’accoglienza nei confronti dei migranti, la ricerca della pace e il dialogo interreligioso, in particolare con l’Islam, e il cardinale svedese (ma nato in Ticino) Anders Arborelius, 75 anni, vescovo di Stoccolma. Appartenente all’Ordine dei carmelitani scalzi, è il primo vescovo cattolico svedese dai tempi della Riforma luterana e primo cardinale dei Paesi nordici europei. Definito dal Vaticano “un uomo che sa ascoltare e dialogare”, Arborelius ha uno stile “fatto di mitezza e spiritualità”. E ancora da ultimo, un outsider italiano, il cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria dal 2008, diplomatico della Santa Sede rimasto accanto al popolo siriano durante la guerra.

Becciu rinuncia, non entrerà in Conclave
Telegiornale 29.04.2025, 12:30