L’intervista

Il cardinale dell’estremo Nord con forti legami con Lugano

Lars Anders Arborelius, svedese convertito dal luteranesimo, oggi guida una chiesa minoritaria ma in crescita. C’è chi lo dà fra i “papabili”

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Cresce l'attesa in vista del Conclave

SEIDISERA 30.04.2025, 18:00

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Di: Anna Valenti, corrispondente da Roma

75 anni, volto rotondo, sguardo vivace e gentile incorniciato dagli occhiali, Lars Anders Arborelius, ci apre sorridente le porte, felice di incontrare giornalisti della Svizzera italiana, regione che conosce bene. Il fato ha voluto che nascesse a Sorengo, alla clinica Sant’Anna, per caso. Con Lugano ha un legame forte.

“Da bambino ho passato lì 3-4 mesi. La cugina di mia mamma ha sempre vissuto a Lugano. Anche l’allora madre priora delle suore brigidine di Paradiso, Madre Lucia, era cittadina svedese ed era un’amica di famiglia. Sono tornato a Lugano molte volte da giovane, anche da sacerdote. L’ultima volta sono venuto lo scorso anno, per la prima volta come cardinale. Il mio è un legame molto forte con Lugano. Anche in Svezia abbiamo molti conventi di Santa Brigida che essendo una santa svedese è molto popolare e accettata anche dai protestanti.”

Cresciuto a Lund, in Svezia, Paese a stragrande maggioranza luterana, tra i più secolarizzati al mondo, a 20 anni Arborelius si converte al cattolicesimo. E le suore di Santa Brigida di Paradiso hanno giocato un ruolo

“Sì, certo, perché è stato il primo contatto con la Chiesa cattolica. Da bambino mi hanno dato tanto affetto, tanta bontà, tanta fede. Dunque per me è stato veramente una grazia conoscere le suore e piano piano mi sono avvicinato alla Chiesa cattolica.”

Appartenente all’Ordine dei carmelitani scalzi, nel 1998 Giovanni Paolo II lo nomina vescovo: è il primo vescovo cattolico svedese dai tempi della Riforma luterana; nel 2017 Francesco lo crea cardinale, il primo e unico dei Paesi nordici europei. 

“È tipico di Papa Francesco, che aveva una predizione per la periferia. È lui che ha scelto di creare un cardinale per queste piccole chiese.”

I cattolici in Svezia sono l’1,5% della popolazione, sotto la sua guida la Chiesa è cresciuta, toccando un record di battesimi e conversioni, grazie anche all’arrivo di molti fedeli dalla Siria e dall’Iraq.

“È una chiesa povera diciamo, che sta crescendo. Dunque è un momento molto importante nella storia della Chiesa cattolica in Svezia. È un tempo bello per noi e possiamo dire che abbiamo una relazione ecumenica molto forte, perché essendo un paese molto secolarizzato, coloro che credono in Dio si sentono uniti tra di loro, anche se appartengono a diverse chiese e comunità.”

Una chiesa minoritaria, ma vivace. La dimostrazione che il piccolo gregge, come lo definisce il cardinale, può sopravvivere.

“E dato che tutte le chiese in Europa si stanno rimpicciolendo, il nostro esempio può essere una speranza.”

Per Arborelius il Conclave che si aprirà il prossimo 7 maggio è il primo. Da neofita ha l’impressione che sarà lungo.

“Io conoscevo solo pochi cardinali, tra di noi non ci conosciamo, c’è una bella atmosfera ma anche tanta diversità. Non è tanto facile trovare subito un successore degno. Dunque abbiamo bisogno di tempo per conoscerci e parlare di tutto questo”.

Arborelius si è adoperato per l’accoglienza dei migranti in Svezia, crede in una società ecumenica multilingue. Ma è favorevole a mantenere il celibato dei preti è contro l’ordinazione delle donne e la cultura gender. Il profilo che immagina per il nuovo Papa è in continuità con Francesco “per quanto riguarda misericordia, ascolto dei poveri e degli ultimi della terra, per il resto dipenderà dalla cultura del nuovo Papa…”

Per alcuni, nella lista dei papabili c’è lo stesso Arborelius. Piace sia ai conservatori che ai progressisti. Nel 2016, quando Francesco visitò la Svezia per il 500esimo anniversario della Riforma Luterana, di lui disse: “Un uomo modello di guida: non ha paura di nulla. Parla con tutti e non è contro nessuno. Punta sempre al positivo. Credo che una persona come lui possa indicare la strada giusta da seguire”. Una sorta di benedizione, insomma. Ma lui vede altro.

“Io conosco la mia personalità e vedo che non ho la capacità per prendere questo ufficio. Direi di cercare qualcun’altro. Ma penso non sarebbe una sorpresa se il prossimo Papa venisse dall’Africa. La chiesa africana è in crescita e ricordiamoci che i cattolici crescono soprattutto nel Sud del mondo, non in Europa e questo va tenuto in conto.”

E prima di congedarsi, ci affida il suo messaggio di stima nei confronti della Svizzera

“Ho sempre avuto un grande affetto per la Svizzera, oasi di pace, di amore. Qui vivono gruppi di varie lingue, varie confessioni e hanno mostrato che è possibile vivere insieme. Diciamo dunque che la Svizzera è un segno di speranza per un mondo in conflitto e in difficoltà. Per questo ho sempre avuto rispetto e amore per la Confederazione.”

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