Arte

Felice Casorati

Pittore del silenzio e del mistero

  • 4 dicembre 2023, 08:22
Felice Casorati, Silvana Cenni, 1922. Torino, Collezione privata

Felice Casorati, Silvana Cenni, 1922. Torino, Collezione privata

  • © Felice Casorati, by SIAE 2023
Di: Francesca Cogoni

C’è Elvira, con il profilo spigoloso e la posa austera, e poi Silvana Cenni, ieratica e assorta; ci sono Dolores, Violante, Bianca e Gioconda, le “Signorine”, ciascuna con un’identità ben precisa, definita nei minimi dettagli… E ancora, candide bambine sul prato e vecchie comari, maschere e cavalletti, libri e armature, uova e limoni, e un senso di sospensione e mistero che abbraccia ogni cosa. La pittura di Felice Casorati è un raro intreccio di indecifrabilità e “naturalezza cosciente” ‒ per usare un’espressione dell’artista stesso. Con le sue opere intrise di silenzio e ineffabilità, Casorati ha percorso il Novecento distinguendosi come uno degli artisti più colti e sensibili, un Maestro posato e avulso dalla frenesia, eppure capace di dare vita a dipinti dalla forte carica espressiva, magnetici e suggestivi. Numerus, mensura, pondus (numero, misura, peso) era il suo motto, mutuato dal biblico Libro della Sapienza (o Sapienza di Salomone): un imperativo che si riflette nell’equilibrio dei suoi lavori pittorici, armoniosi e rigorosi ma mai scontati o convenzionali.

Felice Casorati, Beethoven, 1928. Rovereto, MART, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto

Felice Casorati, Beethoven, 1928. Rovereto, MART, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto

  • © Felice Casorati, by SIAE 2023

Nato a Novara il 4 dicembre 1883, Felice Casorati trascorre, con le sorelle Elvira e Giuseppina, un’infanzia e un’adolescenza serene, scandite dai frequenti trasferimenti della famiglia a seguito del padre, ufficiale del Regio Esercito Italiano. A Padova frequenta il liceo e poi la Facoltà di Giurisprudenza. Fin da giovanissimo, ama molto la musica, studia pianoforte e composizione, ma è costretto ad abbandonare la pratica per via di un esaurimento nervoso. Si orienta così verso la pittura, realizzando i suoi primi lavori nel 1902 ed esponendo per la prima volta a vent’anni al Circolo Filarmonico Artistico di Padova. Per non deludere i genitori, Casorati termina gli studi in legge laureandosi nel 1906, ma è ormai già definitivamente proiettato verso l’arte pittorica: “Il demone della pittura mi prese e non mi lasciò più” scriverà. Nel 1907, il primo evento decisivo della sua carriera: il suo Ritratto di Signora, che rappresenta la sorella Elvira, viene accettato alla VII Biennale di Venezia. Da questo momento in poi parteciperà alla grande manifestazione lagunare in modo continuativo.

Felice Casorati, Le signorine, 1912

Felice Casorati, Le signorine, 1912

  • © Archivio Fotografico - Fondazione Musei Civici di Venezia, Ca' Pesaro © Felice Casorati, by SIAE 2023

Nello stesso anno, Casorati si trasferisce a Napoli con la famiglia, ma l’atmosfera solare e ridente della città non fa per lui. Scrive all’amica Tersilla Villata Guadagnini: “Io sono stanco di Napoli […] vorrei trovare un poco di calma, di serenità, di poesia melanconica, di linee quiete e grandi, un sole meno scintillante, orizzonti più velati, cose e figure che più che agli occhi parlassero al cuore”. Lasciatosi alle spalle il grigio periodo partenopeo, si sposta quindi a Verona. La vicinanza a Venezia gli permette di frequentare la cerchia di giovani artisti di Ca’ Pesaro e di partecipare al dibattito artistico contemporaneo. “Quanta poesia nelle cose immobili! I futuristi […] proclamano la necessità di dipingere il movimento affannoso e vorticoso della vita moderna… io invece vorrei sapere proclamare la dolcezza di fissare sulla tela le anime estatiche e ferme, le cose mute e immobili, gli sguardi lunghi, i pensieri profondi e limpidi…” dichiara in una lettera. Questa profonda riflessione estetica si traduce in opere raffinate, dai toni onirici e di chiara impronta simbolista, dove spiccano in particolare l’influenza di Klimt e del Secessionismo viennese. I temi prescelti sono quelli dell’identità spirituale femminile e dell’evoluzione della donna dalla giovinezza alla vecchiaia, come testimonia uno dei dipinti più significativi e affascinanti di questo periodo: La via lattea (Le tre età) del 1914.

Nel 1915, Felice Casorati viene chiamato alle armi e inviato in Trentino, dove passa buona parte del periodo bellico. Ma un altro drammatico evento lo attende: il suicidio del padre nel 1917. In seguito a tale tragedia, il pittore si trasferisce con la madre e le due sorelle a Torino. Qui, si stabilisce nella casa-studio di via Mazzini 52, dove vivrà fino alla morte. “E questa Torino mi conquistò d’improvviso. Sentii che soltanto in questa città […] ordinata, geometrica e misurata come un teorema, enigmatica e inquietante come una cabala, astratta come una scacchiera, avrei potuto riprendere la mia vita di pittore”. E così, ritrovata un po’ di tranquillità nell’atmosfera pacata del capoluogo piemontese, Felice Casorati può dedicarsi nuovamente alla pittura e inserirsi appieno nell’ambiente culturale della città sabauda, stringendo amicizia in particolar modo con Piero Gobetti, intellettuale dai profondi interessi politici sociali e culturali, fondatore della rivista Energie Nuove.

Negli anni Venti, la ricerca pittorica di Casorati si allontana gradualmente dal simbolismo per abbracciare le nuove tendenze in atto in Europa, che puntano verso una ritrovata classicità e un ritorno all’ordine. Prevalgono, nei dipinti di questo periodo, una sapiente e rigorosa costruzione dello spazio e dei piani prospettici, campiture di colore piatto, soprattutto a tempera, figure compatte e asciutte, esito di una straordinaria sintesi plastica e cromatica. Un’atmosfera silente e sospesa, crepuscolare e malinconica permea quadri come L’attesa, Ritratto di Maria Anna De Lisi, Le due sorelle (o Libro aperto e libro chiuso), Fanciulla con linoleum, fino ad arrivare a uno degli apici dell’arte casoratiana, Silvana Cenni, un ritratto al contempo modernissimo e classico, ascetico e straniante, con chiari richiami all’arte di Piero della Francesca.

Felice Casorati, Fanciulla col linoleum, 1921. Mart, Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Collezione VAF-Stiftung

Felice Casorati, Fanciulla col linoleum, 1921. Mart, Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Collezione VAF-Stiftung

  • © Felice Casorati, by SIAE 2023

Felice Casorati ha ormai raggiunto la sua maturità artistica: è un pittore stimato, invitato a numerose manifestazioni espositive; nel 1923 apre una sua scuola privata di pittura, tra i cui allievi c’è anche la pittrice inglese Daphne Maugham, che diventerà sua moglie; mentre nel 1924, la partecipazione alla Biennale di Venezia con una sala personale ne suggella l’affermazione a livello nazionale e internazionale. “Una grande volontà di forma è oggi per l’aria. E anche Casorati ha concentrato sulla forma la sua volontà, ch’è di acciaio, anche se velata dal desiderio dell’eleganza e della piacevolezza” scrive di lui il critico d’arte Lionello Venturi. Da ricordare anche la partecipazione dell’artista alle mostre del gruppo Novecento italiano organizzate dalla carismatica Margherita Sarfatti.

Intorno alla fine degli anni Venti, lo stile espressivo di Casorati subisce un’ulteriore evoluzione, che lui stesso spiegherà in una conferenza qualche anno più tardi: “Attorno al ’28 la mia pittura sembra aver subito una specie di lavacro: la tecnica ripulita riesce a ottenere superfici come di seta opaca. Il colore, se non ancora vivace è indubbiamente più chiaro, più limpido, più accogliente”. I toni, dunque, si fanno più morbidi e meno cupi, la pennellata più libera e ariosa, ma permangono la teatralità e le atmosfere silenziose e meditative, declinate soprattutto sul piano quotidiano, con numerose nature morte e paesaggi. È nelle nature morte, in particolare, che si compie quell’incantesimo delle “cose mute e immobili” di cui parla lo stesso artista.

Felice Casorati, Le uova sul cassettone, 1920. Collezione privata

Felice Casorati, Le uova sul cassettone, 1920. Collezione privata

  • © Felice Casorati, by SIAE 2023

A partire dagli anni Trenta, Casorati si dedica anche al teatro con risultati pregevoli, lavorando come costumista e scenografo per svariati committenti, come il Maggio musicale fiorentino, l’Opera di Roma e la Scala di Milano, solo per dirne alcuni. “Vorrei ormai dipingere persone e cose semplicemente come le vedo e le amo; i miei sforzi d’oggi sono quindi intesi a liberarmi da tutte le teoriche, le ipotesi, gli schemi, i gusti, le rivelazioni e le restaurazioni dei quali con generosa avidità si è avvelenata la mia giovinezza” scrive l’artista nel 1935 sul catalogo della II Quadriennale di Roma. Sono parole che esprimono un equilibrio e una quiete finalmente conquistati.

Negli anni Quaranta, Felice Casorati dipinge spesso a Pavarolo dove, dopo il matrimonio con la pittrice Daphne Maugham, ha acquistato una casa. Nel piccolo paese sulle colline torinesi, definito dall’artista stesso una “medicina mentis”, Casorati trascorre gli anni della Seconda guerra mondiale, insieme alle sorelle, alla moglie e al figlio Francesco, nato nel 1934. Si reca in città solo per le lezioni all’Accademia Albertina, dove dal 1941 è docente di pittura. Negli anni dell’immediato dopoguerra, Casorati ha un ruolo di primo piano nella rinascita culturale e civile del capoluogo piemontese. Tra le altre cose, nel giugno 1945 è uno dei fondatori dell’Unione culturale, insieme ad altri artisti e intellettuali, come Norberto Bobbio, Giulio Einaudi e Cesare Pavese.

Felice Casorati, Le mele verdi, 1932

Felice Casorati, Le mele verdi, 1932

  • © Felice Casorati, by SIAE 2023

Dopo alcuni mesi di malattia, il pittore si spegne a Torino nel 1963, lasciando una meravigliosa e singolare eredità artistica, frutto di un percorso personalissimo e coerente, solitario e ponderato, lontano tanto dagli accademismi quanto dalle mode, costantemente teso a esprimere sulla tela i più intimi e sottili misteri dell’esistenza.

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