Letteratura

Anche le donne vanno per mare. E se sono scrittrici, lo raccontano

Una raccolta letteraria a tema marittimo ospita solo scrittori maschi, da Melville a Hemingway. Ma sono tante sia le donne marinaio, che le scrittrici di mare: un breve catalogo, dalla Global Sumud Flotilla a Elsa Morante

  • Oggi, 17:00
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Incisione raffigurante Ann Mills, marinaia inglese del XVIII secolo

  • IMAGO / Gemini Collection
Di: Valentina Mira 

Queste riflessioni nascono dall’acquisto, in una piccola libreria di un piccolo paese di mare, di un’antologia.
Il libro in questione è Racconti di vento e di mare, una raccolta di racconti e stralci di romanzi accumunati da un unico tema, che ne è poi anche l’ambientazione: il mare. Dentro, autori come Pessoa, Moitessier, Pavese, Montale, Melville.

Tutto ciò che è scritto sul mare, se sa restituire anche solo un barlume della magia del suo simbolismo, vale la pena d’esser letto. È quindi di certo anche il caso dell’antologia in questione, uscita per Einaudi quest’estate e curata da Giorgio Bertone. Purtroppo, ogni tanto anche i bei libri vantano nel novero dei loro lettori delle acquirenti rompipalle. È il caso di chi scrive. Passiamo dunque alla prima persona singolare.

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  • Einaudi

Compro questo bel libro, prima ne sfoglio l’indice. M’infastidisco rilevando la completa assenza di autrici. Neanche una. Sperando nella complicità della libraia, vado alla cassa e accompagno l’acquisto con un’osservazione pronunciata in tono carbonaro, sbadatamente convinto che troverà complicità: «Lo compro pure se non c’è manco una donna». Sorrido - sbaglio.

La libraia (che peraltro ha la mia età, e da questi due semplici attributi per così dire cosmetici, superficiali, cioè l’appartenenza a una generazione e a un genere che ritengo femministi di default, mi lascio ingannare), la libraia, insomma, rompe l’incantesimo del mio pregiudizio (positivo, ma pur sempre un pregiudizio, dunque stupido) e mi fa il regalo di sorprendermi. Dice: «Ma sono gli uomini che vanno per mare!».

Esco dal piccolo negozio, giro per il piccolo paese, guardo proprio lui (o lei, diceva Hemingway): il mare. Non poco confusa.

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Circe avvelena il mare. "Circe Invidiosa" di John William Waterhouse, 1892

  • IMAGO / Heritage Images

Poi leggo il libro e lo trovo bello, come trovo bella il novantanove per cento della produzione letteraria marittima e/o marinaresca. Però la domanda continua a girarmi in testa: davvero solo gli uomini scrivono di mare? E sul serio solo loro navigano? Eppure ricordavo che il pirata con la flotta più grande di tutti i tempi fu una donna, la vedova Ching, che agli uomini della ciurma che stupravano, riservava la morte per mare…

È passato un mese da questi fatti, dalla lettura del bel libro un po’ troppo maschio e dalle domande che ne sono scaturite.

La risposta alle due questioni di cui sopra, infine, è: assolutamente no. All’obiezione della libraia - che ha a che fare con la realtà più che coi libri - risponde per l’appunto la realtà; si pensi all’equipaggio di certo non solo maschile della Global Sumud Flotilla, sulla bocca di tutti nelle ultime settimane.

Ma anche alle piratesse (si dice “le pirate”, pare, e nel dubbio porto entrambe le forme: piratesse o pirate, dunque), di cui racconta Nei mari dei pirati Nicolò Carnimeo; si tratta di guerrigliere nigeriane che, per opporsi al disastro ecologico dovuto a grandi realtà petrolifere europee e alla loro complicità con dirigenti locali, hanno scelto tra le forme di lotta e soprattutto di sopravvivenza proprio la pirateria. Parliamo del MEND (Movimento per l’Emancipazione del Delta del Niger), e di donne che si arrampicano sulle catene delle ancore delle navi ormeggiate di rada.

E oltre la realtà? Le donne scrivono di mare? Eccome. Un articolo non può raccoglierle tutte, ma qualche esempio è comunque possibile e, spero, ben accetto.

Con L’isola di Arturo Elsa Morante vinse il Premio Strega. Il romanzo è splendido, la lingua cesellata, l’affresco psicologico del protagonista (un piccolo misogino mai definito come tale né giudicato, solo descritto) è affilatissimo, impeccabile. Quanto al mare, è tutt’intorno e dentro. In passaggi in cui Morante azzarda la menzione del bove marino sembra anche regalarci qualche pennellata di una sorta di realismo magico amalfitano. Mare ovunque. L’isola di Arturo diventa la nostra isola; e con lui, alla fine, l’abbandoniamo. Seguendo la scia di una qualche barca.

26:08

Incontrare Elsa Morante

Geronimo 29.06.2022, 11:35

  • TiPress

C’è poi Gita al faro di Virginia Woolf. E Matilde Serao, che più e più volte tornò sul mare, la cui Partenope (sirena, Napoli) dà del filo da torcere a quella di Sorrentino.

Non mancano poi le poesie, come quelle di Elizabeth Bishop raccolte in Il mare e la sua sponda (componimenti pubblicati tra il 1937 e il 1938 su svariate riviste).

Citando il realismo magico non si può non menzionare Isabel Allende (Lungo petalo di mare, L’isola sotto il mare); anche la sua quasi-sirena nel più noto La casa degli spiriti era una creatura esemplificativa di un linguaggio marino fatto di simboli, di inconscio collettivo e individuale che interagiscono senza sforzo, di prodigi.

34:44

Parole tra le righe

Tra le righe 11.10.2024, 14:30

  • bompiani.it
  • Enrica Alberti, Natascia Bandecchi e Neva Petralli

Continuando l’elenco in modo ancora più rapido: Antonella Cilento, Karen Blixen, Anna Maria Ortese, Annie Dillard (vincitrice di Pulitzer), Tania Aebi (che a diciotto anni circumnavigò il globo in solitaria), alcune poesie di Marina Cvataeva, Antonia Pozzi, Emily Dickinson. Sono, in realtà, così tante da non poter essere menzionate in un solo articolo. E di certo sono abbastanza per essere prese in considerazione da un’antologia. La rappresentazione è importante, non si può non ricordare che le donne sono il 52% della popolazione.

Mare e Male sono due parole legate, nell’antologia Einaudi in questione, e forse questo è interessante, è una chiave possibile. Uno dei passaggi più belli e più noti di Il vecchio e il mare è questo:

Pensava sempre al mare come a “la mar”, come lo chiamano in spagnolo quando lo amano. A volte coloro che l’amano ne parlano male, ma sempre come se parlassero di una donna. Alcuni fra i pescatori più giovani, di quelli che usavano gavitelli come galleggianti per le lenze e avevano le barche a motore, comprate quando il fegato di pescecane rendeva molto, ne parlavano come di “el mar” al maschile. Ne parlavano come di un rivale o di un luogo o perfino di un nemico. Ma il vecchio lo pensava sempre al femminile e come qualcosa che concedeva o rifiutava grandi favori e se faceva cose strane o malvagie era perché non poteva evitarle. La luna lo fa reagire come una donna, pensò.

Se le antologie che comprendono solo uomini si aprono con la comparazione tra Mare e Male, il fatto che escludano le donne è in continuità allora - seguendo Hemingway, che mare e donne non si può dire che non amò - e non in contraddizione. E dunque, che streghe e sirene continuino a cantare di quello a cui appartengono (unica appartenenza mai possessiva, quella a un qualche mare), e che lascino gli uomini da queste impauriti o affascinati a cantarle, cantando il mare stesso. Se così è, senza vergogna.

04:16

Hemingway e il Ticino

Il Quotidiano 12.01.2024, 19:00

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