Inutile cercare di evitarlo, quindi cominciamo da Twin Peaks. Cominciamo da quei synth lenti, inquieti, che alle prime note sembrano quasi caldi, perfino sexy, e poi scivolano immediatamente verso l'inquietudine, l'angoscia. La musica che ha spedito Angelo Badalamenti nella storia, incredibilmente influente per il decennio successivo – basti pensare che il Twin Peaks Theme ha fornito a Moby il campione per il suo primo singolo, una piccola hit dell'epoca d'oro dei rave britannici.
Quella colonna sonora è uno dei motivi (sarebbe esagerato dire, uno dei principali?) per cui la serie diretta da David Lynch è rimasta un'icona della televisione. Erano anni in cui una serie poteva rappresentare davvero la porta d'ingresso – perdonate il termine – nell'immaginario collettivo. Un evento quasi impossibile da replicare, nell'epoca della frammentazione: nel 1990 esisteva davvero una visione di massa, o almeno c'erano molte persone che guardavano gli stessi programmi nello stesso momento. E quanto contava, per colpire gli spettatori, quella serie di note in sottofondo, quegli accordi sghembi, quasi in slow-motion? Molto, è lecito sospettare.
Dunque, Twin Peaks è quello che tutti ricordano. Eppure guardando nell'insieme l'opera di Angelo Badalamenti, si nota subito che c'è molto di più.
Lynch e Badalamenti: la ditta
Che non significa, beninteso, negare che Lynch sia stato il catalizzatore del successo artistico e commerciale di Badalamenti. Fino quasi ai cinquant'anni infatti, il compositore era rimasto relativamente anonimo: nei Settanta aveva composto colonne sonore per film d'azione di serie B (non stupisce che ai tempi, per quei lavori preferisse usare uno pseudonimo, Andy Badale), lavorato nel settore dei musical e scritto qualche pezzo per cantanti pop e soul non troppo noti. Fa eccezione, e non poco, Nina Simone, per la quale scrisse I Hold No Grudge e He Ain't Comin' Home No More, con testi di John Clifford, che apparvero nell'album del 1967 High Priestess of Soul.
Le origini della collaborazione con David Lynch
La vera svolta arrivò però nel 1987, con Velluto Blu. E come spesso accade, fu una fortunata combinazione di abilità personale e caso. Badalamenti era infatti stato inizialmente scritturato come vocal coach della protagonista Isabella Rossellini, allora compagna di Lynch. Inizialmente la canzone centrale della colonna sonora doveva essere una cover di Song to the Siren di Tim Buckley, ma Lynch fu scoraggiato dal prezzo esorbitante dei diritti. Allora chiese a Badalamenti di scrivere qualcosa che avesse un suono simile a quel pezzo, nella versione eterea ed elettronica dei This Mortal Coil. Il risultato andò molto oltre le aspettative: Mysteries of Love era una perla di dream pop ante litteram, con il tappeto di sintetizzatori composto da Badalamenti a sostenere il testo scritto da Lynch stesso.
Il successo di quella colonna sonora divenne il trampolino di lancio per una carriera cominciata tardi (per fare un paragone, Ennio Morricone a trent'anni era già un musicista conosciuto, e a trentacinque cominciava la sua collaborazione con Sergio Leone) eppure destinata a picchi altissimi. Si può dire che tutto quello che venne dopo dipese da Mysteries of Love: il pezzo era cantato da Julee Cruise, che aveva lavorato come corista con Badalamenti in alcune produzioni musicali off-Broadway.
A Lynch piacque così tanto lavorare con quei due, che propose loro di mettere insieme un intero album: Floating Into the Night, che oltre ad avere un discreto successo commerciale costituì la pietra angolare delle colonne sonore successive. Lo stesso Twin Peaks Theme ad esempio, altro non era che una versione strumentale leggermente modificata di Falling, il singolo principale tratto dall'album. Badalamenti compose la melodia in un solo pomeriggio, sul suo piano elettrico Fender Rhodes, mentre Lynch di fianco a lui descriveva le atmosfere delle scene che immaginava adatte al brano.
Oltre Lynch (c'è Marianne Faithfull)
Ma ecco, stiamo parlando ancora di David Lynch. Per chi volesse andare oltre la collaborazione con il regista, si potrebbero citare le altre colonne sonore, composte per Joel Schumacher (Cugini, nel 1989), Jane Campion (Holy Smoke – Fuoco Sacro, nel 1999), Paul Schrader (Cortesie per gli ospiti, 1990), Danny Boyle (suo uno dei singoli principali di The Beach, scritto a sei mani con gli Orbital). Oppure la musica di apertura delle Olimpiadi estive di Barcellona nel 1992. Ma preferiamo ricordare l'intero album realizzato insieme a Marianne Faithfull nel 1995: A Secret Life è stato diretto e supervisionato da Badalamenti, e tra i due è nata una chimica naturale. La voce rovinata dal fumo di Marianne Faithfull aggiungeva emotività e imperfezione alle composizioni cristalline di Badalamenti, e il risultato è stato una delle vette di quello che, a guardarlo oggi, potrebbe essere considerato il periodo artisticamente migliore per la cantante inglese. "Non saprei proprio dire come abbia fatto, ma so che sicuramente ha tirato fuori qualcosa da me. Qualcosa di molto, molto prezioso", ha dichiarato la Faithfull a Rolling Stone. "Mi mancherà molto".