Il ricordo di Gian Luca Verga del leggendario concerto di San Siro
In occasione del 40.esimo della scomparsa di Bob Marley, è davvero arduo scrivere qualcosa che non sia già stato scritto e detto; e più volte. Quali aspetti o argomenti della sua vita privata e artistica non sono stati contemplati o sviscerati; e con dovizia di particolari? È disponibile una letteratura davvero copiosa, una saggistica corposa e una documentaristica importante dedicata all’uomo e all’ artista che non solo è stato emblema della musica reggae ma anche icona planetaria. Non fosse per le idee e i valori che veicolava, il ”messaggio”. E allora dipanando il filo della memoria condivido le emozioni e i ricordi di quello che fu un concerto storico, un happening che per portata e significati fu epocale per una generazione. Quella che si riversò anche dalla Svizzera italiana a San Siro, nel giugno del 1980. per quello che rimane il primo grande, storico concerto accolto dalla struttura.
One love, Bob Marley a San Siro
Ci sono note e notti vissute fino all'ultimo respiro. Credo sia capitato a tutti; me lo auguro davvero.
Suoni, aromi e vibrazioni, sorrisi, volti e scintille, perle di sudore, lacrime e abbracci che preserviamo nell'anima dalla ruggine del tempo. Perché siamo noi, perché ci raccontano, perché hanno contribuito a edificarci, a penetrare quel grande mistero che è la vita. È perché no, a prolungare la propria linea d'ombra.
Il 27 giugno del 1980 San Siro è la nostra “Shangri-La” sulla terra per quello che allora, inconsapevoli studentelli allo sbaraglio, gravidi di testosterone, golosi di avventure e fradici di utopie libertarie, sarebbe diventato un evento di quelli che lo scorrere immutabile del tempo ammanta di leggenda: Robert Nesta Marley in concerto; che concluse la sua parabola terrena l’anno successivo, stroncato da un tumore.
Chi c'era sa, ricorda, conserva. Ed è arduo tradurre a parole cosa è stato questo preciso evento che negli anni - tra racconti e leggende metropolitane - risulterebbe che neppure la piana di Magadino potesse contenere tutte le persone presenti a San Siro. Che li si sono state per celebrare un vero rituale catartico. Nei mesi precedenti, credo fosse febbraio, Marley era stato a Zurigo; ma era inverno, faceva freddo e c’era la nebbia; e il budget dello studente non lo permetteva! Ma volete mettere con l’estate appiccicosa di Milano, a un tipo di schioppo e con centomila sudditi ? E poi ci sarebbero stati anche Pino Daniele, la Average White band e il blues di Roberto Ciotti. Un grande happening di musica e sudore, una maratona di corpi struscianti e danzanti spesso alterati, volenti o nolenti dagli effluvi che avvolgevano la struttura.
Lunghe ore al caldo, sotto il sole cocente nell’attesa dell’acqua nebulizzata sparata dagli idranti e che la sera calasse. Che il profeta venuto dal ghetto di Trenchtown officiasse il gran sabba collettivo inondandoci con le sue leggendarie “good vibrations”, che avevano il potere di riappacificarti col cosmo. E che scorgemmo pure nel back stage tirare calci al pallone con tecnici e musicisti. E quando le luci e la musica in levare pompata dalle casse iniziarono a spandersi sul prato e sugli gli spalti brulicanti l’apoteosi. Un boato tellurico accolse le I-Three che prepararono il terreno all’entrata di sua maestà Medusa Marley. E fu delirio, danza e canto corale, colossale rituale collettivo, evento generazionale.
Un pomeriggio e una notte che dimostrarono che si poteva tornare ai grandi, che nonostante il clima politico-sociale “pesante” di quel periodo si poteva fare!
Non so se è stato il concerto più inteso, importante o significativo a cui abbia partecipato; non ho idea se Bob, la sua musica, la sua anima, il suo carisma abbiano svolto funzioni taumaturgiche. Inoltre la professione e la passione mi hanno permesso di viverne a migliaia di concerti, anche eccezionali. Certo che ogni qualvolta una chitarra in levare dialoga col mio battito cardiaco si risvegliano memorie che neppure Proust con la sua Madeleine. Una notte che conservo e conserviamo tatuata sul cuore, con profonda leggerezza; quella che poche ore dopo si disintegrava alla notizia dell' aereo abbattuto sui cieli di Ustica. Ma questa è un’altra storia.
Scaletta concerto Bob Marley Milano – San Siro
01. Marley Chant
02. Natural Mystic
03. Positive Vibration
04. Revolution
05. I Shot The Sheriff
06. War
07. No More Trouble
08. Zimbabwe
09. Zion Train
10. No Woman, No Cry
11. Jammin’
12. Exodus
13. Redemption Song
14. Natty Dread
15. Work
16. Kaya
17. Roots, Rock, Reggae
18. Is This Love
19. Could You Be Loved
20. Kinky Reggae
21. Get Up, Stand Up
Gian Luca Verga ne parla anche in una puntata di "Le radici, le ali: Bob Marley"
L'11 maggio 1981, a soli trentasei anni, il mondo della musica perdeva Bob Marley.
Andrea Rigazzi e Gabriele Merlo su Rete Tre:
Icona del rock in senso lato, il profeta del reggae ha lasciato diverse eredità: non solo quella artistica, nella sua discografia e nell'opera dei figli e dei tanti suoi seguaci, ma anche economica (gli eredi hanno creato un piccolo impero nel suo nome) e spirituale, essendo stato lui uno dei simboli della religione Rastafari.
A quarant'anni di distanza da quel lutto, le vibrazioni della sua musica, i messaggi universali di pace e fratellanza, continuano a ispirare milioni di appassionati. Un personaggio dalle innumerevoli sfaccettature. Andrea Rigazzi ne tratteggia alcune assieme a Gabriele Merlo, curatore su Rete Tre della rubrica Caribbean Corner.