L’espressione “3yooni” [pron.: “Àiuni”] nella lingua araba significa “I miei occhi”. È il progetto del musicista, docente e attivista politico d’origine irachena Yassin Mahdi, amante del Ticino, che frequenta spesso per praticare arrampicata e bouldering. Yassin è stato ospite di Marco Kohler a Confederation Music.
Forse l’avete visto e sentito dal vivo all’edizione 2025 di Facciamo La Corte, a Muzzano: «Ho passato una serata speciale. Mi hanno sorpreso la dimensione, l’affluenza, la quantità di musicisti e tutta la gente che vive lì. Una bella miscela. Di Muzzano ho amato il nucleo storico, le vibrazioni nei vicoli. Ci sono palchi ovunque, e gente che si diverte semplicemente stando lì. Ho suonato sul palco con la vista più bella che abbia mai avuto. È stato magico», è il suo ricordo dell’esperienza.
3yooni in concerto a Facciamo la corte
Il primo album di 3yooni, Baghdad (il nome della città in cui è nato), in cui l’elettronica occidentale si fonde con l’oud e la tradizione ritmica araba, riflette la visione del mondo di Yassin: «Come bambino cresciuto in Svizzera, ho sempre preso le distanze dalla mia religione, dalla cultura, dalla lingua, dalla mia famiglia e dalla stessa Baghdad. Pensavo: “Ora sono in Svizzera, le mie radici devo tenerle per me“. Cresceva la consapevolezza che non sarei mai stato davvero svizzero. È stupido, lo so, ma qui funziona in modo tale che ti viene sempre ricordato che non sei svizzero».
Baghdad è una tappa importante nel percorso intrapreso da Yassin Mahdi per riappropriarsi della propria essenza araba, quella di un bambino cresciuto in svizzera nella “normalità della discriminazione”. È musica toccante, evocativa in cui 3yooni esplora in modo critico concetti come l’identità, la lingua, il razzismo e l’orientalismo: «Da bambino pensavo fosse normale subire cose strane e spiacevoli che non riuscivo a spiegarmi. Tendiamo a giustificarle in altri modi. Devi imparare a riconoscere come si manifesta il razzismo. Se non lo fai, pensi che sia normale, ma è proprio la normalità che va messa in discussione, perché il linguaggio ha un grande potere. Vedi l’idea inculcata che l’arabo non ha valore».
La consapevolezza, la riscoperta delle proprie origini e l’amore verso sé stessi e verso il prossimo che trasudano da quest’opera intensa ci ricordano quanto sia necessario oggi aprire le nostre menti e i nostri cuori.




