Per Daniel Lozakovich, talento svedese del violino, la musica è uno strumento capace di svelare la verità dell’anima. Dotato di eleganza innata, finezza interpretativa e una sorprendente maturità, è considerato un indiscusso riferimento nel panorama musicale internazionale. Il suo suono, caldo e romantico, richiama quello di grandi del passato come Christian Ferris e Yasha Hafez.
Il primo incontro con il violino fu una folgorazione, a Musicalbox ricorda: «La musica è sempre stata dentro di me. Da piccolo amavo cantare. Quando vidi il violino per la prima volta, me ne innamorai. È stata una rivelazione spirituale, una sensazione magica: ho pianto, mi è parso qualcosa che avevo già fatto, anche se non avevo mai visto né sentito un violino».
Nel 2009, a soli undici anni, Daniel Lozakovich debutta come solista con i Virtuosi di Mosca sotto la direzione di Vladimir Spivakov, figura che aveva ammirato fin da piccolo attraverso le sue apparizioni televisive. L’esperienza, vissuta come un sogno realizzato, si rivela decisiva: suonare con Spivakov gli conferma la vocazione musicale e lo spinge a cercare un insegnante, consapevole che il talento da solo non basta. È l’inizio di un percorso più strutturato, alla ricerca di basi solide su cui costruire la propria arte.
Nel 2016 invece vince il primo premio al concorso internazionale dedicato a Spivakov, ma il suo pensiero sui concorsi è netto: «Non servono a niente, tranne quando si è giovani. Ti danno l’opportunità di esibirti, ma dopo, sono adatti ai cavalli. I premi non dovrebbero interessare agli artisti. Quando scopri la bellezza della musica, della poesia, della vita, i premi non contano più».
Il suo album di debutto per Warner Classics, pubblicato nell’agosto 2024, dal titolo Grieg, Franck, Shor-Pletnev, Shostakovich, è un progetto che nasce da un legame artistico e umano profondo con Michail Pletnëv, pianista e direttore d’orchestra che Daniel ammira fin dall’infanzia. Il loro primo incontro avviene quando lui ha appena tredici anni: da allora, Pletnëv diventa un punto di riferimento, capace di trasmettergli una visione spirituale dell’armonia e della musica. Il rapporto si evolve in una vera amicizia, fonte di ispirazione anche al di fuori del palcoscenico.
Tra i suoi riferimenti violinistici: «Fritz Kreisler, Yehudi Menuhin, Josef Hassid... Ma amo tutti i generi musicali, non sono ossessionato solo dal violino. Amo i direttori d’orchestra, i cantanti, i pianisti. Nella pittura e nella poesia trovo le maggiori ispirazioni».
Ha collaborato con orchestre e direttori come Vasilij Ėduardovič Petrenko, Andris Nelsons, Klaus Mäkelä… e con partner artistici come Emanuel Ax, Sergei Babayan, Martin Fröst, Alexandre Kantorow: «Valerij Abisalovič Gergiev è stato il mio più grande sostegno all’inizio. Michail Vasil’evič Pletnëv e Klaus sono tra i musicisti con cui ho suonato di più».
Suona attualmente lo Stradivari del 1713, “ex-Sancy”. «È stato il mio primo strumento di cui mi sia innamorato. Ogni Stradivari ha la sua personalità, ma questo ha una qualità piena di sentimento. Quando l’ho suonato per la prima volta dopo la scomparsa del precedente proprietario, ho percepito la sua anima. Credo che se hai riservato pura energia d’amore in qualcosa o in un luogo, come una sala da concerto, questo rimanga lì, un po’ come andare in chiesa».
Nel tempo libero ama dormire, passeggiare, visitare musei, leggere e scrivere poesie. «Adoro i vecchi film, Bergman, Tarkovskij, Fellini». Un universo ricco di arte e introspezione che si riflette nella sua musica. Con Daniel Lozakovich, il violino diventa allora non solo suono, ma voce dell’interiorità. La sua arte non cerca premi, ma verità, poesia.
L’elegante nostalgia del violino…
Musicalbox 05.11.2025, 16:35
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