Musica rock

Born to Run: e al terzo disco Springsteen fece centro

Compie 50 anni l’album che segnò una prima, significativa svolta nel suono del Boss e l’inizio dei suoi successi commerciali

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Born to Run
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Di: Alessandro Bertoglio 

Born to Run, il terzo album di Bruce Springsteen, compie 50 anni. Anche se in realtà alcune delle sue canzoni più importanti, hanno parecchi mesi in più, visto che il Boss ci ha lavorato per mesi, portando quasi alla disperazione (e alla bancarotta) il suo produttore Mike Appel, prima di arrivare all’equilibrio che ascoltiamo, ancora oggi, in questo album.

Cominciamo a raccontarlo dai retroscena. Negli anni ‘70, quando una giovane star della musica riceveva un contratto discografico, questo solitamente lo vincolava per i primi tre dischi: quello d’esordio con le canzoni che avevano fatto credere in lui i manager; un secondo che avrebbe dovuto dimostrare la crescita artistica e di pubblico. E quello della consacrazione, spesso “o la va o la spacca”, perché se i primi due non avevano ottenuto i risultati sperati, il terzo poteva anche essere l’ultimo e non quello che spalancava le porte al futuro.

Bruce Springsteen proprio a questo punto della sua carriera musicale si trovava nel 1974, al momento di lavorare a Born To Run: con due album interessanti ma poco venduti e molto differenti tra loro, e tante belle idee da trasformare in canzoni. E la lavorazione di quello che per tutto il suo entourage doveva essere il disco, si dilatava come mai successo prima. Sei mesi soltanto per una canzone, che proprio non veniva come lui voleva, ad esempio. Una situazione che iniziò a creare il distacco con David Sancious, il tastierista e protagonista del suono soprattutto nel secondo album The Wild The Innocent & The E-Street Shuffle, ma anche con il batterista Ernest “Boom” Carter.

Dal wall of sound alla Phil Spector, alle versioni con le armonizzazioni di un coro al femminile (versioni che esistono: una moltitudine di bootleg testimonia il lungo lavoro) nulla convinceva Springsteen. Finché l’amico di una vita, quello che andava a trovarli in studio e ascoltava, fornì la dritta giusta: semplificare, portare la chitarra in primo piano. Era “Miami” Steve Van Zandt quell’amico, e dal passato del Boss arrivano con lui anche Max Weinberg e Roy Bittan, destinati a diventare pilastri della nuova E-Street Band, rilevando il posto di Sancious e Carter. Quella canzone, ovviamente, è proprio Born to Run, destinata a battezzare l’intero disco una volta finito, nell’estate del 1975.

L’arrivo dei tre nuovi musicisti non è indolore. Anche se Litte Steven è accreditato solo per i cori di un brano e l’arrangiamento dei fiati di Tenth Avenue, la sua presenza ingombrante si fa sentire (al punto che entrerà ufficialmente nella band per il tour imminente) abbinata all’addio di Sancious e Carter, destinato a dare una svolta significativa, molto più rock, al suono dell’album e dei concerti da lì a venire. La figura di Little Steven e la sua capacità di farsi ascoltare dal Boss, comincerà anche a mandare in crisi il rapporto di Springsteen con Mike Appel, colui che comunque è stato l’artefice della nascita discografica del Boss con le sue conoscenze e abilità manageriali. Però questa linfa era ciò di cui Springsteen aveva più bisogno: sia sul palco, dove i suoi spettacoli cominciavano ad essere apprezzati e monumentali; sia in fase di registrazione, dove il potenziale della E-Street band comincia finalmente ad essere sfruttato a fondo.

Soprattutto, Springsteen comincia a prendere sempre più confidenza con le sue abilità di autore, a creare personaggi e storie ambientate nei suoi luoghi e quindi vissute ad ogni esecuzione in maniera veramente passionale e totalizzante. Ed il suo New Jersey diventa così un protagonista assoluto del disco, tanto quanto i personaggi che Bruce inventa, molti dei quali rappresentano alcuni tratti della personalità sua o dei suoi compagni di scorribande musicali.
Tra tutti, Clarence “the Big Man” Clemons, che condivide con Springsteen la copertina del disco, iconica. Al quale è dedicato anche un brano destinato a diventare centrale nella vita della E-Street band. Tenth Avenue Freeze-Out è infatti il racconto in musica del loro primo incontro, quello dove nasce il legame di sangue tra Big Man e Bad Scooter, che altri non è che lo stesso Springsteen.

Born to Run viene pubblicato il 25 agosto del 1975: prima della data fatidica c’è un momento destinato a cambiare la vita e il futuro artistico di Springsteen, grazie ad un personaggio destinato più di chiunque altro a diventare un cardine della carriera del Boss: il giornalista Jon Landau. Colui che dopo un concerto scrisse la famigerata frase «Ho visto il futuro del rock ed il suo nome è Bruce Springsteen», e che per una strana alchimia astrale di quello Springsteen diventò dapprima amico, poi consulente, poi produttore e manager ma soprattutto punto di riferimento per ogni questione artistica.
Il suo volerlo nel team di Born to Run, oltre ad ulteriori dissapori con Appel, fu fondamentale per la riuscita del lavoro complessivo e, soprattutto, consentì alla Columbia di usare quella frase per il lancio promozionale dell’album. Il resto avvenne nell’ultimo fine settimana di ottobre, quando le due riviste non musicali più lette d’America, Time e Newsweek decisero di mettere contemporaneamente in copertina, raccontandolo in un lungo articolo, il nuovo eroe del rock americano, Bruce Springsteen. «Tell your mama I’m not a freak, ‘cause I got the cover of Time and Newsweek» diventa un verso centrale nelle versioni dal vivo di Rosalita, il brano di fine concerto per antonomasia.

I lunghi mesi, 14 in totale, passati intorno alla lavorazione del disco, sono stati l’inizio della bulimia creativa di Springsteen. In questo periodo i suoi taccuini si riempiono di canzoni che, ovviamente, in gran parte dei casi, resteranno chiuse nei suoi cassetti, alcune fatte e finite pronte per essere pubblicate, altre solo abbozzate per poi fare da base ad altri brani (nulla si crea, tanto si ricicla...). Altre restano solo sulla carta. Per ogni canzone pubblicata dal Boss, si calcola che ce ne siano almeno altre 5 parcheggiate nel suo ripostiglio, che a volte apre e svuota, come ha fatto con Tracks e poche settimane fa con il monumentale Tracks 2

Il brano che segna il passaggio da The Wild The Innocent & The E-Street Shuffle a Born To Run, che ne segna la svolta musicale più curata e con canzoni decisamente più strutturate e più in linea con le lunghezze standard, è Jungleland canzone che chiude il disco e, casualmente, anche uno dei primi su cui Springsteen ha lavorato per il nuovo album. Le prime incisioni risalgono infatti all’inizio del 1974, e le prime esecuzioni dal vivo all’estate dello stesso anno. Jungleland è una suite di oltre 9 minuti (ma inizialmente anche di più) che ha una narrazione scritta con immagini cinematografiche ed evocative, accompagnata da tutte le caratteristiche del nuovo suono della E-Street Band: il pieno di strumenti, i solo (specie quello al sassofono di Clarence Clemons) e la voce del Boss, che tra alti e bassi, rende ogni scena viva e reale. E poi c’è anche Night, quasi un intruso nella scaletta del disco, sia per la facilità della sua creazione (pochi giorni e poche incisioni) sia per il modo in cui è interpretata, con una voce di petto che rende tributo ad uno dei grandi idoli di Springsteen, Roy Orbison. 

Se Jungleland è il brano perfetto per chiudere l’album; la sua controparte naturale è l’altrettanto cinematografica Thunder Road, uno dei capolavori assoluti della produzione springsteeniana, quella che tutti i fan veri sanno a memoria, e che in ogni versione (solo piano, solo chitarra, full band…) regala ogni volta emozioni nuove. Anche questa ha avuto una lunga gestazione, ma ha anche sempre avuto il ruolo di aprire il disco, fin dai primi momenti, quando sia il brano che l’album dovevano intitolarsi Wings for Wheel. Ed è anche la canzone la cui genesi ha contribuito a costruire le solide fondamenta del rapporto di amicizia e lavoro con Jon Landau, che insistette per cambiare la struttura delle strofe, convincendo Springsteen di essere di fronte al suo primo vero grande successo.

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“Born to run”. A 50 anni dall’uscita

Millevoci 25.08.2025, 10:00

  • © columbiarecords.com/
  • Marcello Fusetti, Sergio Savoia, Alessandro Bertoglio e Antonio Riva

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