Musica italiana

Ivan Graziani: rock, provincia e poesia

Un artista alieno alle mode, innamorato della vita e delle sue contraddizioni. Il 6 ottobre avrebbe compiuto 80 anni

  • Oggi, 09:31
  • Oggi, 16:53
Ivan Graziani 2.jpg
  • IMAGO / Cola Images
Di: Gian Luca Verga  

La montatura rossa a incorniciar lo sguardo vivace, la Gibson a tracolla, una voce unica e un talento incommensurabile. Ivan Graziani lo scoprimmo così. E nel lontano 1977 quando cantava di Marta e di quel sorriso e di quei capelli fermi come il lago. Iniziammo allora a fare la conoscenza di uno tra gli artisti più raffinati e originali dell’italica canzone. Anomalo e alieno alle mode del tempo, al conformismo culturale di allora, tra i più talentuosi degli ultimi decenni.

Abruzzese di nascita, leggenda vuole che nacque sul traghetto Olbia-Civitavecchia, sardo di origini e convinto che il rock nacque dagli Abruzzesi emigrati negli States che si ritrovavano a cantare e ballare il saltarello. Uno spirito libero, «un lupo del Gran Sasso» disse la moglie Anna. È difficile da incasellare, e per fortuna.  

04:42

Ivan Graziani, "Lugano addio"

RSI Archivi 21.12.1977, 17:19

Ivan è stato «la chitarra rock della musica d’autore», il primo a sperimentare e a coniugare il cantautorato col rock, all’epoca soprattutto progressive. Perché o facevi uno o l’altro. E lui li sapeva fare entrambi dimostrando, oltre all’indubbio talento chitarristico, una rara versatilità. Calzano a pennello le collaborazioni con la Premiata Forneria Marconi, De Gregori (Bufalo Bill), Herbert Pagani e con Lucio Battisti (La batteria, il contrabbasso, eccetera) e Antonello Venditti (Ullalla). Artisti che nutrivano grande stima e rispetto per il nostro Ivan Graziani.

La sua parabola ci racconta dell’assoluta libertà artistica ed espressiva che Graziani perseguiva. E della sua onestà intellettuale unitamente alla scarsa propensione all’omologazione.

Una traiettoria che prende avvio con l’orchestra di Nino Dale & His Modernists, vera star della regione, il primo a cogliere il talento di Ivan che a sua volta gli dedicherà una canzone. Una gavetta importante, di quelle che forgiano il carattere, la pasta, la storia. Che prosegue con altre esperienze: Ivan e i Saggi con Velio Gualazzi, padre del più celebre Raphael, che diverranno gli Anonima Sound sbarcando alla corte della Numero Uno, fondata tra gli altri da Mogol e Battisti. Ivan è sempre più rispettato quale musicista, è un turnista apprezzato. Ma dopo il servizio militare abbandona la band e con lo pseudonimo di Rockleberry Roll pubblica Desperation, il suo primo album al quale segue La città che io vorrei, il primo a nome di Ivan Graziani. Una sorta di concept in cui Teramo, la sua città, coi suoi luoghi, temi e personaggi è contraltare della città ideale che Ivan immagina e anela. Piccola curiosità: l’immagine di copertina è una foto del matrimonio con Anna.

L’artista mette già a fuoco gli elementi di quella poetica che ci sedurrà negli album successivi, quelli che lo consegnano alla storia della musica italiana grazie ad album e canzoni oltre che seducenti ancora aderenti al nostro tempo. Ironia e rock’n’roll, struggenti ballate fradicie di nostalgie e riflessioni sarcastiche sui costumi del suo tempo e degli umani che lo affollano. E senza mai cadere nella banalità e nella volgarità. Si diverte anche Ivan, si indigna e si appassiona narrando le proprie storie. Che spesso ci raccontano. Ancora oggi.  I suoi album sono lì a dimostrarlo da I lupi a Pigro, da Agnese dolce Agnese a Viaggi e intemperie e Seni e coseni fino a Piknic in cui il nostro sperimenta con l’elettronica. 

16 album in studio, l’ultimo è Malelingue (la canzone Maledette malelingue canzone la porterà sul palco dell’Ariston nel 1994 per quella che sarà la sua ultima partecipazione); dischi e canzoni fradice di narrazioni appassionate, di poesia e vita. Che sono di “sentimenti” e sovente di “provincia” con la quale Graziani vive un rapporto di amore e odio raccontando le sue contraddizioni, anche gustose.  E di donne perché l’artista ha affrescato ritratti femminili spesso iconici.  

C’è Marta dai «seni pesanti e labbra rosse», che parla di frontiere, finanzieri e contrabbando, c’è l’Agnese di quella dolce ballata sul senso del rimpianto per ciò che si è perso. Oppure la “lei” di Firenze, che gettando i disegni nell’Arno, presa come è dalla nostalgia di casa abbandona tutti tra cui il “Barbarossa”, studente di filosofia. C’è Isabella sul treno e la “signorina”, giovane insegnate che suscita pruriti tra gli alunni. Oppure Cleo, greca discendete dagli dèi, e lei si che sa cosa è l’amore. O ancora Geraldina, Minu, Lucetta il cui comune denominatore è la malinconia. O ancora Federica, vittima delle malelingue.

E non mancano tinte noir tra cadaveri e assassini, sesso e immoralità a colorare la sua canzone. E poi, beh l’ironia, una delle sue amate cifre stilistiche, un vero marchio di fabbrica e merce rara se calata in una stagione di ideologie. E poi il rock di cui era appassionato e del quale conosceva i segreti oltre che di struggenti ballate. Virtuoso della sei corde sempre al servizio di una sensibilità musicale preziosa e di un talento compositivo unico. Come la sua voce acuta e sottile, «quella di una ragazzina perversa» disse un tempo sorridendo.   

Graziani, dunque, è uomo e artista dal talento prolifico e diversificato.  Era anche un fine illustratore e fumettista. Una passione bruciante che coltiva sin da bambino. Il “lato b” di un talento artistico unico che frequentava l’Istituto statale d’arte di Ascoli Piceno, l’Academia di Belle Arti a Urbino poi.  Ed è un amore che si riversa anche nella costruzione delle sue storie che non fatichi a immaginartele sotto forma di “strisce” o immagini cinematografiche. Finalizzate a raccontarci meglio l’uomo e l’incanto della vita, che a volte deraglia o spariglia le carte.

51:09

Ivan Graziani e Enrico Beruschi, la strana coppia

RSI Archivi 24.11.1982, 16:59

Ivan Graziani, il primo a recarsi a suonare nelle carceri e nei manicomi, così come tenne a battesimo nel ’74 la rassegna del Premio Tenco, è stato un grande autore e musicista, originale, imprevedibile e mai scontato; spesso dimenticato al netto di quella manciata di canzoni che hanno contribuito a scolpire la storia della musica italiana. E tener viva la sua memoria, sviscerare un’eredità importante è un’operazione meritevole non fosse per la quantità e la qualità del materiale poetico da (ri)scoprire. Una sorta di missione che i figli Filippo e Tommaso si sono caricati sulle spalle rendendo omaggio al padre nell’anno dell’ottantesimo anniversario della nascita.  Non è una semplice operazione nostalgica ma «un atto d’amore creativo» nei confronti di un artista che spesso ci ha bucato il cuore.

56:24

80 volte Ivan Graziani

Millevoci 06.10.2025, 10:05

  • Imago
  • Francesca Margiotta, Marcello Fusetti e Gianluca Verga

Correlati

Ti potrebbe interessare