Musica e tecnologia

Un altro articolo sulla musica e l’IA

Perché è arrivata una sentenza storica: un tribunale tedesco impone limiti all’uso di opere protette nell’addestramento dell’intelligenza artificiale

  • 47 minuti fa
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  • Imago / Christian Ohde
Di: Voi che sapete.../gapo 

Una sentenza del tribunale di Monaco di Baviera ha stabilito che OpenAI ha violato il diritto d’autore per via dell’uso di testi protetti, segnando un momento cruciale nel rapporto tra intelligenza artificiale e produzione culturale. Questa decisione solleva una domanda fondamentale: fino a che punto l’innovazione può spingersi senza sconfinare nell’appropriazione creativa? E quali responsabilità gravano sui grandi operatori tecnologici e, indirettamente, su chi utilizza quotidianamente i loro strumenti?

Un primo segnale di risposta arriva dal settore musicale, dove Universal ha già concluso due accordi significativi con aziende che offrono servizi di intelligenza artificiale per la produzione di musica. A Voi che sapete, Alessandro Longo, giornalista specializzato in nuove tecnologie e direttore di Agenda Digitale, afferma che si sta aprendo la strada alle prime «negoziazioni tra aziende di copyright e aziende di intelligenza artificiale». Resta però difficile prevedere quanto valore riusciranno a mantenere le prime in questo nuovo scenario.

Anche in Svizzera il dibattito è vivo: «ci siamo già confrontati con diversi artisti che compongono musica con l’ausilio di diversi strumenti, anche con l’intelligenza artificiale», osserva Stefano Keller, responsabile SUISA per la Svizzera italiana. Non solo: è già possibile depositare un’opera parzialmente realizzata con l’IA, segno che il confine tra creatività umana e algoritmica è sempre più sottile.

Questo porta a un punto cruciale: l’attività di memorizzazione. Anche per creare testi musicali, evidenzia Longo, «le chatbot devono memorizzare ciò che è stato fatto da altri autori umani». Questo processo, tuttavia, rappresenta una violazione del diritto d’autore, poiché avviene senza licenza.

In questo senso la decisione della Corte tedesca è rivoluzionaria: negli Stati Uniti, ad esempio, lo stesso addestramento dell’intelligenza artificiale non verrebbe considerato una violazione. L’obiettivo, attraverso queste sentenze, è creare «una giurisprudenza per poter chiamare alla cassa chi utilizza dei contenuti tutelati dal diritto d’autore», afferma Keller.

Un altro aspetto interessante riguarda la responsabilità. Il giudice ha attribuito la responsabilità direttamente a OpenAI, escludendo le persone che immettono i testi nei modelli. Per Longo tutto questo «necessiterà un percorso lungo. Non sappiamo effettivamente quante sentenze o accordi ci vorranno prima di arrivare a una soluzione».

Proprio per questo la sentenza potrebbe spingere nuove cause e, allo stesso tempo, favorire accordi extragiudiziali. Quando le aziende temono di perdere, spesso negoziano: soluzione utile per chi riceve il risarcimento, ma che non fa evolvere la giurisprudenza. In alternativa, si definiscono accordi quadro o licenze che fissano standard di fatto, aprendo a un futuro in cui le produzioni basate sull’IA saranno possibili solo dietro intese formali, almeno per le grandi società come OpenAI.

La decisione segna quindi un punto di svolta: per la prima volta un tribunale europeo affronta il cuore del problema, stabilendo limiti chiari all’uso di contenuti protetti nell’addestramento dell’IA. Finora i giudici erano stati prudenti, ma questa sentenza prende una posizione netta, superando l’incertezza tecnica e normativa che aveva frenato decisioni simili.

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Copyright e intelligenza artificiale

Voi che sapete... 14.11.2025, 16:00

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  • Lucia Bentoglio e Barbara Tartari

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