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Skate Borders - Storie di skaters a Lugano

Online su Play RSI il documentario “Skate Borders”: qui il racconto della storia della scena skate luganese

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1:01:31

Skate Borders

RSI Skate Borders 05.09.2025, 12:00

  • Artwork & design: Stay Dirty
Di: Pablo Creti 

Online su PlayRSI il documentario Skate Borders, che racconta storie, luoghi e personaggi che hanno costruito e reso viva la scena skate ticinese. Una produzione Digital First RSI con cui gli autori Pablo Creti e Nick Rusconi e il produttore Andrea Sala – a un anno esatto da Sulla Mappa, dedicato al rap – spostano l’attenzione su un’altra sottocultura che ha segnato profondamente il nostro territorio.
In occasione del lancio di Skate Borders, ospitiamo il secondo di una serie di interventi sulla storia skate della Svizzera italiana. Dopo il Mendrisiotto, è il turno di Lugano.

Ripensare alla scena skate luganese degli anni ’90 significa riaprire un cassetto pieno di ricordi: piazzette occupate, negozi storici, volti più o meno noti. Anche chi non saliva mai su una tavola si trovava, volente o nolente, a contatto con quella cultura.

Mai come allora le sottoculture si intrecciavano e si sfidavano. Condividevano spazi e luoghi d’incontro, a volte sostenendosi, altre volte sopportandosi. C’era chi ascoltava rap, punk o techno, chi girava in skate, rollerblade o BMX; chi indossava i pantaloni larghi e chi sfoggiava il chiodo; chi portava il cappellino all’indietro e chi le felpe dei gruppi punk californiani. Far parte di una scena significava definire la propria identità. E in alcune zone di Lugano queste identità erano parte integrante del paesaggio urbano.

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Per gli skater, il punto di riferimento era l’MPM di Via Lavizzari, un board store diventato leggendario. Dentro ci trovavi non solo tavole usate a 5 franchi, ma anche techno, rap, punk, magliette “fatte in casa” per crew e band locali. Era un luogo di incontro e di festa, dove nascevano amicizie, gruppi e movimenti.

Da lì, lo spostamento verso gli spot di culto era naturale. Piazza Indipendenza e il Palazzo dei Congressi erano a due passi, e tra cemento, muretti, panchine e corrimani gli skater trasformavano gli spazi anonimi in palcoscenici creativi. All’uscita da scuola decine di ragazzi si riversavano in piazza con la tavola sotto il braccio, pronti a reinventare la città. Qualche panchina rotta, uno skate che finiva in strada o le lamentele dei passanti facevano parte del pacchetto. Era una convivenza difficile, ma affascinante: per alcuni la tavola era pericolosa, per chi la viveva era cultura, società, racconto.

La Polizia comunale era la nemesi per eccellenza: sempre allertata dalle segnalazioni dei cittadini, costringeva gli skater a spostarsi continuamente da uno spot all’altro. Troppo veloci sulle tavole perché i vigili potessero star loro dietro, li si vedeva passare dal Palazzo dei Congressi a Piazza Indipendenza, fino alla vecchia BSI in Via Peri.

Lo spiazzo davanti alla banca era una gemma nascosta: con i suoi muretti e gradoni sembrava uno skatepark naturale, nato nel cuore della città finanziaria e adottato da una controcultura rumorosa, creativa e giovanile. Un’altra Lugano, che rivendicava il diritto di esserci e di farsi sentire. Una Lugano che, in fondo, non ha mai smesso di parlare e che noi non dovremmo mai smettere di ascoltare.

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