Nel cuore della democrazia israeliana, il giornalismo indipendente lotta per sopravvivere. Lo testimonia Meron Rapoport, editorialista di +972 Magazine e direttore di Local Call, recentemente ospite alla Biblioteca cantonale di Lugano per l’inaugurazione del Corso di giornalismo della Svizzera italiana. Il suo intervento, intitolato “Scrivere e indagare in tempo di guerra. Gaza: resilienza e coraggio del giornalismo indipendente”, offre uno spaccato crudo e lucido della realtà israeliana.
«Siamo nei tempi più bui della storia di Israele che io conosco», spiega Rapoport, sottolineando come il giornalismo critico oggi sia chiamato a raccontare l’indicibile: «Si parla adesso veramente di una pulizia etnica di Gaza e questo è una cosa che il pubblico israeliano e internazionale merita di sapere».
Rapoport non si definisce un perseguitato, ma ammette le difficoltà di chi, come lui, cerca di raccontare la guerra da una prospettiva diversa: «Abbiamo fatto un’inchiesta sul sistema Lavender, che ha permesso di uccidere venti civili per ogni militante di Hamas. Scriviamo cose terrificanti, ma non riusciamo a incidere sul corso della guerra».
Il paradosso della democrazia israeliana è al centro della sua riflessione. «Dire che Israele è una democrazia quando ci sono più di 4 milioni di palestinesi senza diritti sotto il dominio israeliano è una preoccupante contraddizione», afferma Rapoport, mettendo in discussione l’idea che democrazia equivalga automaticamente a giustizia.
La contraddizione si estende anche alla società israeliana: «C’è una maggioranza che vuole la fine della guerra e lo scambio di ostaggi, ma allo stesso tempo più del 70% degli ebrei israeliani pensa che nessuno a Gaza sia innocente». Un quadro che rende difficile comprendere le dinamiche interne, anche per chi osserva da fuori.
Infine, Rapoport lancia un monito all’Europa: «Se volessero, potrebbero fare molto di più. Israele dipende dall’Europa economicamente e politicamente. Le pressioni potrebbero avere un impatto». Il giornalismo indipendente, ci ricorda il giornalista israeliano, è fondamentale soprattutto in tempi di guerra, soprattutto per offrire una narrazione alternativa, dare voce a chi non ce l’ha e non lasciare che il silenzio diventi complice.

Il giornalismo critico in Israele, oggi
Alphaville 05.09.2025, 11:45
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