Nei mesi invernali, quando il sole si fa timido e la pelle rimane coperta, la vitamina D torna protagonista nelle conversazioni tra genitori, nutrizionisti e pediatri; e la domanda è sempre la stessa: è giusto assumere vitamina D “per principio” durante l’inverno? Anche tra gli esperti, i pareri non sono sempre allineati.
Grazie al contributo del Prof. Giacomo Simonetti - Primario di Pediatria, Direttore medico e scientifico dell’Istituto Pediatrico della Svizzera Italiana (EOC / IPSI) - esploriamo cosa significhi fare prevenzione.
I medici concordano sul fatto che l’assunzione regolare di vitamina D è benefica nei bambini da 0 a 3 anni, per i gruppi a rischio (elencati sotto), in caso di grave carenza di vitamina D (livello sierico inferiore a 25 nmol/L) o quando si manifestano sintomi specifici (in particolare debolezza muscolare e dolore alle ossa senza altre cause).
Da dove viene la vitamina D?
La vitamina D viene prodotta naturalmente dalla pelle quando esposta ai raggi solari, in particolare alla luce UVB. Nei mesi estivi, questa sintesi avviene facilmente. In inverno invece, la radiazione solare è troppo debole alle nostre latitudini per garantire un apporto sufficiente: già dall’autunno, i livelli nel sangue tendono a calare. In Svizzera, circa la metà della popolazione presenta valori inferiori a quelli raccomandati durante i mesi freddi, come riporta l’articolo “In linea di principio, si dovrebbe assumere vitamina D in inverno?” di Martina Lichtsteiner pubblicato da SRF.
Un tempo la carenza era soprattutto associata al rachitismo nei bambini, una condizione che rende le ossa molli e deformabili per carenza di calcio, a sua volta legata al deficit di vitamina D. Oggi sappiamo che questa vitamina è fondamentale per la salute delle ossa, dei denti e dei muscoli, e che una sua carenza in età avanzata può favorire osteoporosi, fratture e cadute; mentre il suo possibile ruolo in altri ambiti, come la funzione immunitaria, è ancora oggetto di studio.
Vitamina D: quando serve davvero
In Svizzera, da novembre a marzo, l’irradiazione solare non è sufficiente per garantire una sintesi cutanea efficace della vitamina D. Anche se ci si espone al sole, l’angolo di incidenza dei raggi UVB non consente al nostro corpo di produrne abbastanza.
«Nei bambini da zero a tre anni, la supplementazione va fatta tutto l’anno, indipendentemente dalla stagione», spiega il Dott. Simonetti. «Dopo questa fascia d’età, la decisione dipende da eventuali fattori di rischio: se presenti, la sostituzione va valutata anche nei mesi invernali».
Il sole d’inverno, dunque, è poco efficace e non tutti possono fare affidamento sull’esposizione naturale.
Nonostante il dibattito ancora aperto tra medici di base, le linee guida pediatriche sono oggi chiare: la vitamina D è fondamentale nei primi anni di vita, e va integrata sistematicamente da 0 a 3 anni. Per le età successive, invece, la strategia è mirata, precisa il primario.
Questo approccio selettivo si basa sul riconoscimento di alcuni fattori di rischio: pelle scura, obesità, scarso tempo trascorso all’aperto, uso eccessivo di protezione solare, patologie croniche (renali, epatiche, gastrointestinali), condizioni culturali che limitano l’esposizione della pelle, gravidanza e allattamento, assunzione di farmaci (ad esempio, cortisone).
Come si capisce se un bambino è carente?
Non è prassi comune misurare i livelli di vitamina D nel sangue dei bambini sani. «Effettuiamo controlli solo nei soggetti a rischio o in presenza di sintomi specifici», chiarisce Simonetti.
Questi segnali includono dolori muscolari, dolori ossei, irritabilità, crescita rallentata o deformazioni dello scheletro. Si tratta di campanelli d’allarme che vanno ascoltati, ma non è necessario medicalizzare ogni inverno.
Attenzione al fai da te
Negli ultimi anni è cresciuto il ricorso agli integratori, ma anche il rischio di sovradosaggi, seppur rari. «Esistono, ma in genere non sono gravi e sono reversibili», rassicura Simonetti. Tuttavia, è sempre bene evitare un’integrazione non concordata con il pediatra, soprattutto se si sommano più fonti (gocce, latte artificiale arricchito, multivitaminici).

Fenomeno Vitamina D
Le nostre inchieste 05.11.2021, 23:10
La dieta può bastare?
In Svizzera, a differenza di altri paesi, la fortificazione degli alimenti - quindi l’aggiunta di vitamine a prodotti confezionati - è limitata, ma ci sono alimenti naturalmente ricchi di vitamina D, seppure pochi: pesci grassi (salmone selvaggio al primo posto per quantità di vit. D, sgombro, sardine, tonno), uova, fegato, funghi esposti al sole. Ma le quantità necessarie a coprire il fabbisogno giornaliero rendono difficile affidarsi solo alla tavola e la dieta copre solo circa il 10% del fabbisogno di vitamina D.
Eppure, anche se non basta, la dieta resta una parte importante dell’equilibrio: suggerire ricette con ingredienti ricchi di vitamina D, magari associati a grassi buoni per facilitarne l’assorbimento, può essere un modo semplice per educare senza allarmare.
Cosa c’entrano gli integratori con la lana vergine?
Dal 1927, la vitamina D viene prodotta sinteticamente dalla lanolina, il grasso di lana presente nella lana vergine.
Consigli pratici per genitori e adulti
Anche in inverno, favorire l’attività all’aperto, perché anche una piccola esposizione (viso e mani) può contribuire.
Valutare, con il pediatra, eventuali fattori di rischio e l’opportunità di integrare la vitamina D.
Scegliere cibi che contengono naturalmente la vitamina, dove possibile.
Ossa forti per tutta la vita
«La vitamina D è importante oggi, per il domani», conclude Simonetti, e aggiunge: «Le ossa si costruiscono nei primi anni di vita. Se lo scheletro si sviluppa bene da giovani, sarà più resistente in età avanzata. È una prevenzione che dura tutta la vita.»

