Il Vin Cuit, traducibile letteralmente come “vino cotto”, è in realtà un prodotto la cui denominazione può trarre in inganno: esso non deriva dal vino, bensì dal succo di mela, di pera o da una loro combinazione. Attraverso un processo di riduzione, il succo grezzo viene trasformato in uno sciroppo di altissima densità. Storicamente utilizzato come dolcificante in diverse regioni europee fino alla metà del Novecento, questo concentrato ha mantenuto una forte rilevanza culturale e culinaria. Oggi è particolarmente apprezzato nei cantoni svizzeri di Vaud, Friburgo e Neuchâtel, dove costituisce l’ingrediente base per l’elaborazione di specialità dolciarie molto amate.
L’eredità della raisinée
La nomenclatura del vin cuit presenta varianti regionali significative: nei cantoni di Vaud e Friburgo, ad esempio, prevale l’uso del termine raisinée. Le prime testimonianze scritte di questi vocaboli risalgono al XVII secolo, epoca in cui definivano una composta di frutta (pomacee) ridotta tramite cottura nel mosto. Questo processo rispondeva a una duplice esigenza economica: preservare il raccolto durante i mesi freddi e disporre di un dolcificante naturale, sopperendo alla rarità e all’alto costo dello zucchero commerciale del XIX secolo.
L’evoluzione produttiva subì una svolta negli anni Trenta: la legislazione del 1932, mirata al contrasto dell’alcolismo, incentivò la trasformazione non alcolica della frutta. Tuttavia, l’industrializzazione e la disponibilità di dolcificanti a buon mercato causarono, nei decenni successivi, una drastica contrazione della produzione artigianale.
La rinascita del prodotto si deve al movimento di valorizzazione del patrimonio rurale avviato negli anni Ottanta, volto alla tutela dei frutteti tradizionali ad alto fusto. Grazie alla trasmissione del “saper fare” da parte delle comunità rurali di Vaud e Friburgo e alla nascita dell’associazione “Les amis de Vin Cuit”, la ricetta della raisinée è stata conservata nel tempo. Oggi, pur restando una produzione di nicchia, è divenuta un vero e proprio rito collettivo: ogni autunno, eventi come la “Nuit de la raisinée” o la “Fête du vin cuit” di Grangettes celebrano il ritorno di questa dolce tradizione, riunendo intere comunità attorno ai grandi calderoni di rame.
Dalla frutta al vin cuit
La materia prima di questa specialità cambia a seconda della zona di produzione, spaziando da una miscela di pomacee (tradizionalmente mele o pere) fino all’uso esclusivo della Pera Botzi DOP nel Canton Friburgo, varietà che dona al prodotto un profilo aromatico inconfondibile. La lavorazione inizia con la pressatura di frutti integri e non eccessivamente maturi, essenziale per preservare la limpidezza del succo. Dopo una notte di decantazione e una filtrazione grossolana, che evita i procedimenti di chiarificazione industriale, il mosto è pronto per il fuoco. La fase cruciale è la concentrazione termica: il succo bolle ininterrottamente in calderoni di rame per un arco di tempo compreso tra le 17 e le 36 ore. Questa lenta evaporazione trasforma il succo in una sostanza bruna, densa e viscosa, simile alla melassa.
Se un tempo questo prodotto era un alimento umile, consumato prevalentemente con patate bollite, semolino o spalmato su fette di pane, oggi è un elemento importante per alcune preparazioni della tradizione svizzera. Oggi è indispensabile per la preparazione della mostarda di Bénichon e della tradizionale tarte au vin cuit, oltre a essere servito come salsa per piatti di selvaggina o dessert al cucchiaio.
Raisinée alle pere al moulin de Sévery
RSI Cuochi d'artificio 21.10.2015, 10:21


