Mani, terra, Ticino: il buono di qui
Questo approfondimento fa parte della serie di contenuti “Mani, terra, Ticino: il buono di qui”, realizzata da RSI Food in collaborazione con Ticino a Te - progetto coordinato dal Centro di Competenze Agroalimentari Ticino (CCAT), organizzazione senza scopo di lucro - e con la Sezione dell’agricoltura della Divisione dell’economia.
Ogni mese, attraverso video e approfondimenti, raccontiamo le produzioni agroalimentari del Cantone, in chiave divulgativa e curiosa. Ogni puntata valorizza una filiera locale attraverso la voce di un interlocutore che si fa portavoce del sapere collettivo, con l’obiettivo di sfatare miti, sostenere il lavoro artigianale e far emergere il vero “buono di qui”.
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Un punto di snodo importante per i grani del territorio
Al Mulino di Maroggia, il più grande e moderno mulino del Cantone, ogni giorno si lavora a un alimento base della nostra dieta: la farina. Qui, quotidianamente si macinano oltre 50 tonnellate di grano per produrre più di 50 varietà di farine diverse. Una trasformazione del chicco che non è solo tecnologia, ma una questione di territorio, cultura e cura artigianale.
Alessandro Fontana guida la storica impresa nata negli ultimi anni dell’Ottocento per volontà del fondatore Michael Stadlin, discendente di una famiglia di mugnai attivi nella Svizzera centrale. La struttura di Maroggia affonda le sue radici nei mulini attivi già dal 1800 ed è cresciuta nel tempo. La volontà di mantenere viva la tradizione molitoria è stata sostenuta da generazioni, e oggi Alessandro guida questa realtà, ereditata dal padre Luigi, che coniuga storia, tecnologia e territorio nel cuore della filiera cerealicola del Ticino.
«Qui maciniamo grano tenero, grano duro e segale», spiega Alessandro Fontana, titolare della struttura e mugnaio. «Dalle nostre linee escono farine destinate ai panettieri, ai pasticceri, alle pizzerie, ma anche all’industria alimentare e ai supermercati. Ogni prodotto è pensato per un uso preciso, perché ogni impasto richiede una sua forza, un suo equilibrio».
Le materie prime non arrivano solo dal Ticino e questo dipende dal marchio che riporta il prodotto (se il prodotto ha un marchio “Ticino”, la materia prima sarà al 100% del nostro Cantone; se ha un marchio svizzero, l’origine sarà svizzera; se non ha marchio, l’origine è libera) e dalla disponibilità locale: il Ticino è una regione piccola con una produzione cerealicola frammentata e limitata. Ma una quota crescente è coltivata localmente ed è questa componente di casa nostra che rende il lavoro del mulino particolarmente interessante: «Abbiamo grano ticinese che arriva da Stabio fino a Biasca, con una grande concentrazione nel Piano di Magadino. Il nostro cantone non è grande, ma ha una sorprendente varietà di suoli, da quelli sabbiosi e leggeri a sud a quelli argillosi e compatti a nord. Questo si riflette sulle caratteristiche del grano, e quindi anche della farina».
Avere un mulino in Ticino significa indipendenza alimentare, almeno parziale. Se domani ci fossero problemi logistici oltre Gottardo, noi potremmo garantire pane e farina per un certo periodo. E questo è un elemento strategico.
Il Mulino di Maroggia è anche una realtà tecnologicamente all’avanguardia: dopo l’incendio del 2020 è stato completamente ricostruito e oggi è uno degli impianti più avanzati al mondo. Tanto che viene usato come showroom tecnico da una ditta svizzera leader mondiale nella produzione di mulini.
Farine locali, buone e performanti
Alessandro parla di farine a chilometro zero, realizzate con grano interamente ticinese: «Funzionano molto bene», racconta. «Le caratteristiche dei nostri cereali sono eccellenti, e in alcuni impieghi – come la pizza o la panificazione – le farine locali si comportano davvero bene».
Tra i prodotti più richiesti ci sono:
la farina per pizza, che unisce grano tenero e grano duro,
farine per pane, dolci, biscotti,
e versioni speciali per il periodo natalizio, come quelle per il panettone.
Come si fa la farina? La lavorazione inizia con la pulizia del grano, una fase sempre più importante in un mondo inquinato: piccole tracce di plastica, vetro o rifiuti agricoli sono spesso presenti nei campioni che arrivano a Maroggia. Segue la fase di macinazione, articolata in più passaggi: le prime fasi separano la crusca (parte esterna ricca di fibre e sali minerali) dalla parte interna del chicco (chiamata mandorla farinosa, che risulta bianca, ricca di amido e proteine); le fasi successive servono a ridurre quest’ultima in semola e poi in farina fine. A questo punto si sceglie se utilizzare solo la parte interna, ottenendo farine bianche; oppure aggiungere una parte o tutta la crusca, per ottenere farine semintegrali o integrali. I sottoprodotti, come la crusca e la farinetta, non vanno sprecati: vengono destinati ai mangimifici, chiudendo così il cerchio della filiera agricola.
Il segreto per una buona farina? Non è un segreto: serve solo un buon grano. Il resto è tecnica, rispetto e pazienza.
Difendere il pane, difendere la filiera
La filiera cerealicola è sotto pressione. Tra importazioni massicce di prodotti da forno - che nel 2024 hanno toccato i 138 milioni di chili prodotti da forno importati dall’estero - e la perdita di superfici agricole coltivate, il rischio non è soltanto quello di mettere da parte un sapere radicato come quello del mugnaio, ma quello della catena del valore aggiunto e quindi dei prodotti finiti da forno, come il pane. Come spiega Fontana: «Se vogliamo che i nostri produttori abbiano un futuro non serve soltanto difendere l’agricoltura, occorre difendere tutta la catena del valore aggiunto, partendo proprio dal prodotto finale che è il pane. Il pane purtroppo oggi viene spesso bistrattato, basti pensare ai prezzi scontati che si trovano oggi. Questo approccio non dà valore a chi il pane l’ha fatto, a chi ha trasformato la materia prima, e tantomeno a chi per un anno ha lavorato su un campo per produrre la farina da cui nasce tutto».
È per questo, sottolinea Fontana, che il consumatore ha un ruolo chiave.
Ogni acquisto è una scelta che sostiene o abbandona un’intera filiera. Trent’anni fa la Svizzera era autosufficiente all’80% sul grano. Oggi siamo al 50%. Se perdiamo questa conoscenza, non la ricostruiamo da un giorno all’altro.
Il mulino di Maroggia riparte
Il Quotidiano 26.07.2023, 19:00

