Ambiente

Clima: perché il cervello fa lo struzzo?

Scopriamo i meccanismi inconsci del nostro cervello che complicano la percezione della realtà di fronte alle sfide climatiche attuali

  • Oggi, 15:30
55:37

Clima, il mio cervello fa lo struzzo

Il giardino di Albert 06.09.2025, 17:00

  • ©depositphotos
Di: red. giardino di Albert/Christian Bernasconi 

Che i cambiamenti climatici in corso siano influenzati dalle attività umane è un fatto accertato e non un’opinione. Le ricerche scientifiche in questo senso sono numerose e la consapevolezza dell’emergenza climatica si sta diffondendo sempre più. Anche perché il numero di eventi estremi è in continua crescita.

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Eppure, i nostri comportamenti fanno fatica a cambiare, come se la minaccia fosse irreale o troppo distante. Questo immobilismo collettivo è influenzato dai meccanismi di funzionamento del nostro cervello, oltre che dai molti interessi geopolitici in gioco.

Si parla di bias congitivi (o distorsioni cognitive), cioè di quelle scorciatoie mentali che il cervello utilizza per prendere decisioni rapide ed efficienti in condizioni incerte o complesse, come ad esempio i cambiamenti climatici. A definirli per primi sono stati gli psicologi Daniel Kahneman e Amos Tversky negli anni ’70, che con i loro lavori hanno permesso di rivoluzionare la comprensione del pensiero umano. In particolare, Kahneman – premio Nobel per l’economia nel 2002 – ha spiegato nel suo saggio Pensieri lenti e veloci, che il nostro pensiero si articola in due sistemi: il primo, più rapido, intuitivo e automatico, e il secondo, più riflessivo, lento e analitico. I bias sono legati al predominio del primo, che agisce per risparmiare energia cognitiva, spesso a scapito dell’accuratezza.

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Si tratta di automatismi mentali dai quali si generano credenze e da cui si traggono decisioni veloci. Decisioni che possono generare errori di giudizio che influiscono sulla nostra quotidianità.

Sono numerosi i bias cognitivi che ci impediscono di reagire razionalmente. Si parla ad esempio di bias dell’ottimismo, quando una situazione è considerata in modo molto più ottimistico rispetto a quanto sia realmente; di bias culturale, che ci porta ad esempio a credere che ci salveremo sempre e comunque dalle situazioni difficili grazie al progresso tecnologico; oppure di bias di conferma, che avviene quando si considerano solo le informazioni o i pareri che confermano le nostre convinzioni, scartando tutto ciò che contrasta le nostre opinioni. Quest’ultimo meccanismo cerebrale favorisce tra l’altro la polarizzazione delle opinioni, rafforzata sempre più dagli algoritmi delle reti sociali.

Per affrontare nel migliore dei modi il cambiamento climatico e integrare al meglio le possibili conseguenze per la nostra vita e quella dei nostri figli, dobbiamo dunque affrontare queste barriere cognitive, insite nella nostra mente. Un primo passo è la consapevolezza individuale e collettiva di queste distorsioni della realtà.

Ma altrettanto importante è usare un approccio multidisciplinare. Secondi gli esperti, è difficile motivare l’umanità ad agire contro i cambiamenti climatici con la sola comunicazione oggettiva dei dati scientifici, ma è necessario trovare soluzioni comunicative che prendano in considerazione anche le scienze umane.

Concludiamo con una curiosità: “fare lo struzzo” è un’espressione di uso corrente utilizzata per indicare una situazione in cui non si vuole affrontare la realtà. Prende origine da una falsa credenza, secondo cui gli struzzi metterebbero la testa sotto la sabbia in caso di pericolo. Ebbene non è vero. Gli struzzi non infilano la testa nel terreno! Allora perché questa convinzione? La risposta in questo articolo.

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