Quando pensiamo ai colori, immaginiamo l’arcobaleno: rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto. Questo è l’ordine della sequenza che ci appare quando la luce solare viene scomposta dalle gocce di pioggia. Una meraviglia della natura che il nostro occhio è in grado di cogliere in tutte le sue sfumature perché siamo animali visivi. Grandi risorse del cervello sono allocate alla visione e il nostro occhio vede particolarmente bene nello spettro della luce visibile, grazie a fotorecettori più sensibili ai colori (bastoncelli) posti prevalentemente al centro della retina. Questa nostra “affinità” con i colori ci accompagna fin dall’antichità, permettendoci di creare un mondo colorato attorno a noi e anche di elevare i colori a livello simbolico.
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La serie “pillole di colore” della redazione digitale del giardino di Albert cerca di rispondere alle domande più insolite e curiose legate al colore nella nostra quotidianità: a che serve il colore in natura? I colori possono davvero influenzare la nostra mente? Com’è riuscito Homo sapiens a produrli nelle varie epoche? E come nascono i colori dai nostri schermi?
L’occhio umano: straordinario ma limitato
Lo spettro di colori che noi vediamo (quello dell’arcobaleno) è solo una piccola fetta della realtà. L’occhio umano è una macchina straordinaria, capace di distinguere milioni di sfumature. Ma è anche limitato: i nostri fotorecettori (coni e bastoncelli) sono sensibili solo a una piccola porzione dello spettro elettromagnetico, tra i 400 e i 700 nanometri circa. Al di sotto di questa soglia c’è l’ultravioletto, al di sopra l’infrarosso. Per noi, questi colori non esistono. Eppure, sono ovunque.
L’infrarosso è emesso da corpi caldi: ogni essere vivente, ogni oggetto che irradia calore, emette luce infrarossa. Ecco l’immagine di una colonia di api come la vedrebbe un serpente, Grazie a speciali ricettori termici posti sotto gli occhi, questi rettili possono captare e elaborare gli infrarossi, a livello cerebrale, assieme ai segnali visivi .

Una camera termica ci aiuta a immaginare come un serpente potrebbe vedere un'arnia con una colonia di api vive al suo interno
L’ultravioletto, invece, è presente nella luce solare e ha un ruolo fondamentale nella fotosintesi e nella visione di alcuni animali. In alcune specie di scorpioni, per esempio, l’illuminazione all’ultravioletto mette in evidenza la loro fluorescenza.

Illuminato da una lampada UV, lo scorpione diventa fluorescente
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Il cane: un mondo in scala ridotta
I cani vedono il mondo in modo diverso da noi. Hanno solo due tipi di coni, contro i tre dell’uomo, e sono quindi dicromatici. Questo significa che distinguono meno colori: il rosso e il verde, ad esempio, appaiono simili. Ma compensano con un olfatto straordinario e una visione notturna superiore. E l’infrarosso? I cani non lo vedono, ma lo “sentono”. Alcuni studi suggeriscono che possano percepire il calore a distanza, grazie a recettori sensibili alla temperatura presenti sul muso. Non è visione nel senso stretto, ma è una forma di percezione che si avvicina a quella dell’infrarosso.

L'occhio di un Border Collie: può sembrare strano ma, a dipendenza della razza, i cani hanno un angolo di visione più ampio dell'essere umano
L’ape: l’artista dell’ultravioletto
Le api sono creature affascinanti. Hanno tre tipi di coni come noi, ma uno di questi è sensibile all’ultravioletto. Questo significa che vedono colori che per noi sono completamente invisibili. I fiori, ad esempio, spesso presentano disegni ultravioletti che guidano le api verso il nettare, come le linee luminose sulle piste che indicano agli aerei la via per atterrare. Per un’ape, un fiore non è solo giallo o blu: è anche un mosaico di contrasti UV. Questa visione è fondamentale per l’impollinazione e ha influenzato l’evoluzione delle piante stesse.

Un fiore: a sinistra come lo vediamo noi umani, a destra come lo vedrebbero le api
Visioni alternative: cosa ci stiamo perdendo?
Immaginate di poter vedere l’infrarosso: il mondo si trasformerebbe in una mappa termica, dove ogni essere vivente brilla di calore. Oppure di percepire l’ultravioletto: il cielo apparirebbe più scuro, i fiori più intricati, la pelle umana rivelerebbe macchie invisibili. Alcune telecamere e strumenti scientifici ci permettono di “tradurre” questi colori invisibili in immagini visibili. È così che possiamo vedere il calore di un corpo, o i disegni UV di un fiore. Ma resta una traduzione, non un’esperienza diretta.
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Un mondo più ricco di quanto pensiamo
La realtà è più ampia di quanto i nostri sensi ci permettano di percepire. Ogni specie ha una finestra diversa sul mondo, modellata dall’evoluzione e dalle necessità biologiche. L’essere umano ha sviluppato strumenti per espandere questa finestra: tecnologici e mentali. Ma resta affascinante pensare che, per un’ape, un prato fiorito sia un caleidoscopio ultravioletto, mentre per un cane sia un paesaggio olfattivo e termico.
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Un prato fiorito: noi ne riusciamo a vedere solo una parte della bellezza
I colori che non vediamo ci ricordano che la nostra visione del mondo è parziale. E che, forse, in natura c’è una bellezza più profonda, ancora tutta da cercare.