Reportage

La crisi dell’esercito svizzero

Mancanza di effettivi, equipaggiamenti obsoleti, scandali finanziari: sono molte le sfide da affrontare per rendere credibile la difesa del Paese

  • Oggi, 09:29
  • 2 ore fa
27:52

Esercito svizzero, crisi infinita?

Falò 30.09.2025, 20:45

Di: Françoise Weilhammer (RTS)/sf 

L’esercito svizzero è pronto a difendere il Paese? Dall’inizio della guerra in Ucraina, questa domanda preoccupa la popolazione e la risposta è un chiaro no, anche secondo i più alti responsabili militari.

“Se parliamo della possibilità che diamo ai militari di sopravvivere in un combattimento moderno, allora non siamo pronti”, dichiara il divisionario Raynald Droz. Secondo lui, è necessario fornire ai soldati “materiale moderno, che possa proteggerli e dar loro una possibilità di essere allo stesso livello di un potenziale avversario”.

Senza contare che gli effettivi dell’esercito svizzero si sono ridotti fino a stabilizzarsi attorno ai 120’000 uomini. “Stiamo preparando una partita in cui dovremmo essere 45 giocatori, ma in realtà abbiamo una squadra di 27”, spiega Droz con una metafora. Se anche si dovesse mobilitare l’intero esercito, sarebbe “troppo piccolo per affrontare le sfide che ci attendono nella difesa”.

Equipaggiamenti obsoleti

Alla carenza di effettivi, che secondo le previsioni non farà che peggiorare nei prossimi anni, si aggiunge un problema di equipaggiamento: molti veicoli e sistemi d’arma sono obsoleti.

“La principale lacuna che abbiamo riguarda i carri armati, le formazioni pesanti, l’artiglieria, i mezzi blindati”, sottolinea Raynald Droz. Alcuni blindati in servizio hanno più di 50 anni, come gli obici M109.

Non c’è stata una volontà politica di riarmarci in modo significativo. Negli ultimi 30 anni non ci sono stati acquisti importanti di armamenti, si sono solo colmate piccole lacune

Rolf Siegenthaler, capo della Base logistica dell’esercito

Il divisionario Rolf Siegenthaler, capo della Base logistica dell’esercito, non usa mezzi termini: “Con questo tipo di equipaggiamenti vecchi, c’è sempre qualcosa che si rompe”. Di chi è la colpa? “È semplice. Non c’è stata una volontà politica di riarmarci in modo significativo. Negli ultimi 30 anni non ci sono stati acquisti importanti di armamenti, si sono solo colmate piccole lacune”, risponde.

Come si è arrivati a questo punto? Dopo la fine della Guerra Fredda, successivi programmi di risparmio hanno ridotto il budget dell’esercito. “Non abbiamo fatto altro che ridurre e indebolire la capacità di difesa della Svizzera”, lamenta l’ex capo del Servizio della sicurezza civile e militare del Canton Vaud, il brigadiere Denis Froidevaux.

Scandali e dimissioni a ripetizione

Oltre ai tagli di bilancio, è la gestione stessa del Dipartimento federale della difesa (DDPS) a essere sotto accusa. All’inizio dell’anno, un’ondata di dimissioni ha scosso il dipartimento, tra cui quella della consigliera federale Viola Amherd.

Il DDPS è inoltre indebolito da scelte controverse, come l’acquisto di 36 F-35, i caccia statunitensi che costeranno molto più dei 6 miliardi di franchi previsti, e dalla gestione problematica di 20 grandi progetti, per un totale di 19 miliardi di franchi.

Un rapporto interno allarmante

Grazie alla legge sulla trasparenza, la RTS ha ottenuto un rapporto allarmante sulla gestione del progetto del nuovo sistema di sorveglianza dello spazio aereo, fondamentale per l’integrazione futura degli F-35. Questo documento confidenziale rivela gravi disfunzioni:

- Denuncia una “gestione disastrosa” del progetto, caratterizzata da “un ambiente conflittuale” e da una “mancanza di fiducia”.

- I problemi non risalgono alla gerarchia, bloccati da delle barriere amministrative.

Questo rapporto illustra le enormi sfide che il DDPS deve affrontare per modernizzare i suoi sistemi critici. Solleva anche interrogativi sulla capacità del dipartimento di gestire efficacemente progetti di grande portata, essenziali per la difesa del Paese.

L’analista militare Georg Häsler commenta: “Questo rapporto riflette il momento in cui i problemi sono stati finalmente messi sul tavolo. Ciò che ne emerge è piuttosto grave, mostra i problemi causati dagli attriti all’interno dell’amministrazione”.

A tutto ciò si aggiungono gli scandali che coinvolgono RUAG, l’azienda di armamenti controllata dalla Confederazione. Sono emersi sospetti di frode e corruzione per decine di milioni di franchi. “È un grave problema di reputazione per RUAG”, riconosce il nuovo ministro della Difesa Martin Pfister, che promette di cambiare “molto rapidamente” la cultura aziendale, sostituendola con una “cultura della trasparenza e dell’integrità”.

Il risveglio politico

Di fronte a queste sfide, il mondo politico sembra rendersi conto dell’urgenza. Il Parlamento ha votato un aumento del tetto delle spese militari di 4 miliardi di franchi entro il 2028.

“I cordoni della borsa sono stati allentati e il Parlamento ha mostrato molto chiaramente che la sicurezza è diventata una priorità”, si rallegra la consigliera nazionale Isabelle Chappuis.

La sfida è enorme per Martin Pfister, che ha da poco nominato un nuovo capo dell’esercito e dei servizi di intelligence.

La posta in gioco è cruciale, sottolinea l’analista militare Georg Häsler: “Dobbiamo capire che ci troviamo a una svolta storica. È tornata la legge del più forte e penso che dobbiamo prepararci”.

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