INTERVISTA

“La partenza di UBS? Scioccante, ma decidono gli azionisti”

Il gigante bancario indispettito dai nuovi requisiti - L’esperto Henry Peter avverte: “La proprietà è al 70-80% straniera. Se fosse nel suo interesse, potrebbe spostare la sede all’estero”

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Il Faro del TG dell’11.10.25, l’intervista di Gianmaria Giulini

RSI Info 13.10.2025, 16:30

  • Keystone
Di: Il Faro del Telegiornale-Gianmaria Giulini/Spi 

UBS. “Unione delle Banche Svizzere”, ma da alcuni mesi l’acronimo si potrebbe anche sciogliere in “Una Banca Stizzita”. Tanto che lo stesso CEO Sergio Ermotti, a fine luglio, ha definito “sproporzionati ed estremi” i nuovi requisiti che il Consiglio federale vuole imporre alle “banche di rilevanza sistemica”, riguardo ai fondi propri. Eccessivo, secondo UBS, sarebbe l’obbligo di coprire integralmente con capitale proprio le sue partecipazioni nelle filiali estere. Ciò, a detta del gigante di Bahnhofstrasse 45, comprometterebbe la sua competitività rispetto alle grandi banche di altri Paesi. Da qui la minaccia larvata, se messa alle strette, di lasciare la Svizzera per altri lidi. Magari, gli Stati Uniti.

Un’eventualità su cui il Faro del Telegiornale ha acceso i propri riflettori, interpellando un esperto, Henry Peter, professore di diritto economico all’Università di Ginevra, nonché membro del CdA di diverse banche e società assicurative. “UBS fa parte dei pochi simboli svizzeri rimasti - esordisce l’avvocato -. Quindi l’idea che possa andarsene è indubbiamente scioccante. Il problema è che il contesto deve permettere il mantenimento di questa istituzione in Svizzera e questo non è oggi più una certezza”.

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L'avvocato Henry Peter è anche membro del CdA di diverse banche e società assicurative

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A monte della richiesta di maggiori fondi propri, di quello che l’esperto definisce un “cuscinetto di sicurezza” imposto da Consiglio federale e FINMA, c’è ancora il tracollo sfiorato da Credit Suisse nel marzo 2023. “Il CS - sottolinea l’esperto - ha traumatizzato giustamente la piazza svizzera. Da qui l’idea, per evitare questo possa ripetersi, di rafforzare la solidità di UBS”. Quanto al giudizio sulle nuove regole, fatta la premessa che “in un mondo ideale i fondi propri dovrebbero essere molto più importanti”, secondo Peter, “il problema è che oggi le esigenze svizzere sono già più severe. Si dice che UBS abbia un 10% di fondi propri superiori a qualsiasi qualsiasi altra banca al mondo. Con le esigenze che il Consiglio federale vorrebbe imporre, avrebbe il 50% di fondi propri più elevati. Questo pone dei problemi di competitività su scala mondiale. Va aggiunto che le altre banche concorrenti, che sono presenti in Svizzera, non sottostanno alle stesse esigenze perché sono banche straniere”.

Senza UBS si perderebbero, più o meno, 15’000 posti di lavoro in Svizzera

Henry Peter, professore di diritto economico all’Uni di Ginevra

Ma allora è davvero possibile che UBS lasci la Svizzera? “Lo è - risponde Henry Peter -. Direi che, forse, contrariamente a quello che si dice oggi, il problema non è tanto che vi è una specie di ego in lotta tra il Consiglio federale e la dirigenza di UBS. Messa così si tratterebbe di una specie di ricatto operato dalla banca che dice al governo, se voi insistete, ce ne andiamo”. Il punto centrale della questione, secondo l’esperto è che “chi decide in definitiva non è il Consiglio d’amministrazione della banca, ma sono i suoi proprietari, ovvero gli azionisti. Azionisti di UBS che sono già oggi al 70, forse addirittura all’80%, stranieri. Questi stranieri, come proprietari, vedono il loro interesse. E se hanno l’impressione che andando all’estero, e lo decidono loro, il loro investimento varrebbe di più, perché non sarebbe sottoposto a queste esigenze, potrebbero decidere di spostare la sede”. Questa è una prima ipotesi, la seconda sarebbe quella di “accettare un’offerta di acquisto. Ci sono tante altre banche, su scala mondiale, senza ombra di dubbio interessate a comprare UBS”.

Il quartier generale di UBS in Ban.jpg

La sede storica di UBS in Paradeplatz a Zurigo

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Barriere legali che possono impedire questi scenari, secondo l’esperto, “non ci sono. Ci sono delle implicazioni probabilmente fiscali, perché se UBS se dovesse lasciare la Svizzera vi sarebbe un pedaggio da pagare. Ma ciò non impedisce il trasferimento, perché si tratta solo di calcolare se il costo fiscale di un trasloco è superiore o inferiore all’interesse degli azionisti a spostarsi all’estero, accettando eventualmente un’offerta di acquisto da parte di una banca terza. Il costo fiscale, molto probabilmente, sarebbe di poco conto rispetto al vantaggio”.

Quanto alle barriere “etiche”, ossia il fatto che nel 2008 è stata l’ultima grande banca svizzera salvata dal Governo con i soldi dei cittadini, sono assai fragili. “Intanto perché “questa sensibilità diciamo morale, eventualmente un po’ romantica, ha poco peso nella mente di azionisti, per la maggior parte stranieri. D’altra parte non dimentichiamo che UBS è stata salvata, sì, ma ha rimborsato tutti i suoi aiuti. Alla fine il salvataggio non è costato nulla, anzi, è stato un vantaggio per la Svizzera. Visto che poi UBS ha salvato il Credit Suisse, ciò che, se la vogliamo presentare sotto questa luce, è stato un modo di restituire il favore”.

UBS sostiene di aver contribuito, rilevando il CS, alla stabilità della piazza finanziaria elvetica, e ora dice di sentirsi punita da queste nuove regole. “Penso sia vero che UBS ha reso un servizio veramente molto importante alla piazza svizzera, perché non c’era una vera alternativa. Si è parlato di nazionalizzazione, ma nessuna soluzione era così interessante. Non dimentichiamo che, se è vero che UBS ha pagato poco per CS, però ha dovuto ricapitalizzare la banca che era gestita male. Penso sia ormai chiaro per tutti che il CS era sotto capitalizzato, non perché le norme svizzere non fossero sufficientemente esigenti, ma perché non erano applicate con la FINMA”.

Sullo sfondo il CEO Sergio Ermotti.png

Sullo sfondo il CEO Sergio Ermotti

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L’ultima considerazione riguarda cosa ne sarebbe della piazza elvetica se UBS dovesse andarsene. “È un calcolo un po’ complicato, ma probabilmente la banca perderebbe un po’ di clienti che vogliono una banca svizzera. Ma questo - sostiene Henry Peter - non è determinante. Anche perché oggi si dice che più del 50% degli averi di UBS si trovano negli Stati Uniti e un altro 25% in Asia, tra Singapore e Hong Kong. Quindi la perdita di clienti sarebbe proporzionalmente di poco conto. Invece la Svizzera perderebbe. Si dice che sui circa 30’000 dipendenti di UBS in Svizzera, più o meno la metà si occupa della gestione del gruppo centrale. Si perderebbero, più o meno, 15’000 posti di lavoro. Ma si perderebbe anche un gettito fiscale molto importante perché il gruppo pagherebbe le sue imposte altrove. E poi si perderebbe il servizio che comunque UBS presta a circa un terzo delle aziende nel Paese. Si perderebbe quindi un attore essenziale per la Svizzera”.

In definitiva, secondo l’esperto, “bisogna essere molto realistici, non naïf o romantici. Non sto parlando nell’interesse di UBS, ma è un problema serio. Se la Svizzera insiste, il rischio di subire questi contraccolpi è significativo”.

I nuovi requisiti messi in consultazione dal Consiglio federale

Il Consiglio federale, lo scorso 26 settembre, ha deciso di avviare una consultazione sulla modifica della “Legge sulle banche” e dell’ordinanza sui fondi propri, che imporrebbe alle banche sistemiche svizzere la copertura totale con capitale proprio delle partecipazioni estere. La misura, che riguarda di fatto UBS ed è sostenuta dall’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA), mira a evitare che perdite all’estero intacchino la solidità della casa madre.

L’obbligo sarà introdotto gradualmente in sette anni, dal 65% al 100%. Il governo, la BNS e la FINMA ritengono il provvedimento essenziale per rafforzare la stabilità finanziaria e attuare la strategia «too big to fail». La consultazione si chiuderà il 9 gennaio 2026.

Con questo progetto il Governo attua il pacchetto del 6 giugno con le misure finalizzate a migliorare la regolamentazione “too big too fail”.

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