ANALISI

Chi sono i falchi della guerra a Mosca e Kiev?

Al Cremlino Putin, Bortnikov e Patrushev dettano i tempi di una guerra che pensano di poter vincere - In Ucraina invece Zelensky, Yermak, Syrsky e Malyuk credono che non sia il momento di capitolare

  • Oggi, 06:56
  • 45 minuti fa
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Poster di leader politici, tra cui Zelensky e Putin, sulle mura di Brick Lane a Londra

  • EPA/TOLGA AKMEN
Di: Stefano Grazioli 

Nonostante l’inizio dei negoziati diretti, con i due incontri a Istanbul a metà maggio e inizio giugno, Ucraina e Russia sembrano seguire ancora linee divergenti e la risoluzione del conflitto pare ancora lontana. In realtà Kiev e Mosca hanno messo sul tavolo delle trattative per la prima volta contemporaneamente le loro due proposte per la pacificazione, nero su bianco e articolate in diversi punti, che però sono già da subito apparse inconciliabili: se quella ucraina richiede il cessate il fuoco immediato per trenta giorni al fine di preparare negoziati veri e propri, quella russa prevede invece una tregua solo nell’ambito dell’accettazione di un programma più ampio di accordi, non solo militari, ma anche politici.

Inoltre, sia nei progetti di Volodymyr Zelensky che in quelli di Vladimir Putin, sono previste intese internazionali fondamentali, i cui contenuti al momento non sembrano prioritari proprio per gli attori che dovrebbero essere coinvolti: Kiev richiede garanzie di sicurezza postbelliche che al momento gli alleati occidentali non hanno ancora preso in considerazione, Mosca a sua volta mette la futura neutralità dell’ex repubblica sovietica come condizione primaria, senza che Stati Uniti, Unione Europea e Nato abbiano trovato una strategia univoca su questo dossier in vista di un possibile compromesso.

I falchi ovunque e la benzina sul fuoco

È in questa cornice dunque che la guerra va avanti, per volontà diretta e indiretta sia di Russia e Ucraina, sia degli alleati europei volenterosi, Gran Bretagna, Francia, Germania e Polonia in primis, mentre gli Stati Uniti danno l’impressione di voler staccarsi progressivamente dalla scacchiera europea, con l’imprevedibilità di Donald Trump che lascia comunque aperti vari scenari nel futuro prossimo.

In ogni caso il conflitto prosegue, con i falchi dei rispettivi schieramenti a gettare benzina sul fuoco, sia a livello politico che militare: paradossalmente, con l’avvio dei contatti diretti tra Mosca e Kiev, si è rilevata nelle ultime settimane un’escalation di attacchi reciproci che ha indicato come gli hardliner su tutti i fronti continuano a dettare il ritmo del conflitto con il desiderio di poterne condizionare l’esito. Per quelli russi si tratta di raggiungere l’obbiettivo dell’allargamento delle regioni conquistate, spingendosi in direzione di Kharkiv, Dnipro e Odessa, seguendo la linea da nord a sud, per quelli ucraini lo scopo è quello di tentare di ribaltare completamente la situazione e recuperare i territori perduti, dal Donbass alla Crimea. Entrambi gli scenari sono allo stato delle cose poco realistici, almeno sul breve periodo.

I duri a Mosca che vogliono la guerra

Al Cremlino è ormai da tempo che le colombe si sono nascoste e sono i falchi a occupare la maggior parte delle torri. L’andamento del conflitto negli ultimi due anni, dal fallimento della controffensiva ucraina nella primavera del 2023, ha messo la Russia in una posizione di vantaggio al tavolo negoziale fornendo sostanzialmente due opzioni al momento: quella di una possibile chiusura in tempi stretti, alle proprie condizioni, come annunciato anche da Putin.

Oppure quella del proseguimento del conflitto ad oltranza, come sostenuto dall’ala più dura e radicale, folta e variegata sia tra i siloviki, gli uomini dell’apparato militare e d’intelligence, sia nella vasta galassia ultranazionalista che coinvolge mondi diversi, dagli oligarchi vicini alla Chiesa ortodossa come Konstantin Malofeyev agli intellettuali revanscisti come Alexander Dugin, passando per i blogger militari che sono rimasti orfani dopo la morte di Evgeny Prigozhin, il capo della compagnia Wagner protagonista della rivolta antiputiniania di due anni fa poi morto in un incidente aereo.

È comunque Putin, insieme ai più stretti collaboratori, non certo colombe, tra il capo dell’intelligence Alexander Bortnikov e il segretario del Consiglio di sicurezza Nikolai Patrushev, a dettare i tempi di una guerra che il Cremlino ritiene alla fine di poter vincere, anche se a costi molto alti.

Chi non vuole capitolare adesso a Kiev

La leadership ucraina ritiene che questo momento non sia il migliore per piegarsi alle richieste di capitolazione del Cremlino e spera sì negli aiuti maggiori dei volenterosi, ma soprattutto nella conversione di Donald Trump e nel ritorno degli Stati Uniti come sponsor e alleato determinante dell’Ucraina di fronte all’aggressione russa. Difficile dire quanto le aspettative di Zelensky si possano avverare, il fatto certo è che sia il presidente che il suo entourage più stretto, uno su tutti il capo dello staff Andrey Yermak, passando per gli uomini chiave a capo delle forze armate, il generale Olexandr Syrsky, e dell’SBU, i servizi segreti guidati da Vasyl Malyuk, stanno spingendo sull’acceleratore, come hanno dimostrato la spettacolare operazione Spiderweb e gli attacchi alle basi militari russe in Siberia.

Questa strategia viene supportata apertamente dai volenterosi europei, che continuano a promettere maggiori aiuti militari all’Ucraina e hanno già supportato Kiev con sistemi missilistici a lungo raggio, anche se in quantità limitate. Il fronte ultranazionalista ucraino, speculare a quello russo, frammentato, ma presente ovunque, tra forze armate, intelligence, istituzioni e amministrazione è un altra componente del cosiddetto partito della guerra, capace di influenzare politica e società. Il conflitto, avviato nel Donbass già nel 2014, ha accresciuto notevolmente il potenziale dell’arcipelago della destra estremista e sciovinista in entrambi i paesi, con rischi di destabilizzazione del sistema che si faranno più sempre più concreti per chi sarà dalla parte sconfitta.

02:21

In diretta da Kiev

Telegiornale 06.06.2025, 12:30

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