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Dazi, USA e Cina verso una nuova tregua

“Colloqui costruttivi” a Stoccolma, per prorogare l’attuale pause nelle tariffe reciproche occorre il via libera di Donald Trump

  • Ieri, 19:46
  • Ieri, 20:05
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Scott Bessent e il rappresentante per il commercio Jamieson Greer davanti alla stampa

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Di: AFP/pon 

I colloqui commerciali tenuti a Stoccolma tra Cina e Stati Uniti, conclusisi martedì dopo due giorni di lavori, “sono stati franchi, costruttivi e approfonditi”, ha detto il rappresentante per il commerciale internazionale cinese Li Chenggang, secondo cui le parti “continueranno a premere per l’estensione della pausa dei dazi reciproci”.

04:13

Dazi, colloqui ue-cina

SEIDISERA 29.07.2025, 18:00

  • Keystone

E di negoziati “costruttivi” ha parlato alla stampa anche il segretario al tesoro Scott Bessent, che guidato la delegazione di Washington mentre quella di Pechino era capeggiata dal vicepremier He Lifeng.

Non è stata ufficializzata una proroga della tregua nella guerra dei dazi, che era stata raggiunta in un primo round negoziale a Ginevra (seguito poi da quello di Londra). Una tregua che aveva permesso di riportare le tariffe sulle importazioni dal 125% al 10% da parte di Pechino e dal 145 al 30% da parte statunitense. La scadenza è il 12 agosto. Allungare la durata del provvedimento, in attesa di una soluzione definitiva, è un’ipotesi sul tavolo, ma occorre che il presidente statunitense Donald Trump dia il suo assenso, ha detto Bessent. Un nuovo faccia a faccia “è possibile prima di altri tre mesi”, mentre “non si è parlato di un possibile incontro fra Trump e Xi Jinping”, ha precisato il segretario al tesoro. Trump stesso, tuttavia, non ha escluso che il vertice con il suo omologo cinese possa effettivamente aver luogo “prima della fine dell’anno”.

A inizio agosto dovrebbe scattare un forte aumento per molti dei partner commerciali degli Stati Uniti, mentre alcuni hanno già raggiunto intese con la Casa Bianca: prima dell’UE nei giorni scorsi in Scozia (ma i dettagli restano da definire e i testi pubblicati dalle due parti differiscono in particolare sulla possibilità di Bruxelles di imporre la cosiddetta web tax), era toccato al Regno Unito, alle Filippine, all’Indonesia, al Giappone e al Vietnam. La Svizzera, dal canto suo, resta in attesa.

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