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Haiti: “Una Guernica moderna”

Il capo del governo di transizione chiede aiuto all’ONU: bande armate controllano il 90% della capitale

  • Un'ora fa
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Haiti in preda alla violenza

Telegiornale 29.09.2025, 20:00

Di: Laura Daverio 

“Questa è la faccia di Haiti oggi: un Paese in guerra, una Guernica moderna”. Con queste parole Anthony Franck Laurent Saint Cyr, attuale Presidente del Consiglio Presidenziale di Transizione di Haiti, si è rivolto all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il suo appello è stato chiaro: servono interventi concreti e immediati della comunità internazionale, nessuna mezza misura.

Il leader haitiano ha tracciato un quadro devastante: “Migliaia di bambini sono privati dell’istruzione, giovani condannati alla disperazione, centinaia di donne e ragazze sono state stuprate e porteranno per sempre nel corpo e nell’anima le cicatrici di questa violenza. Quasi la metà della popolazione si trova ad affrontare una grave insicurezza alimentare. Il sistema sanitario è al collasso”. A oggi, oltre 1,3 milioni di persone sono state costrette a fuggire, hanno abbandonato le proprie case, vivendo in condizioni di estrema vulnerabilità.

La capitale Port-au-Prince è diventata l’epicentro del conflitto: bande armate e coalizioni di gang si contendono il controllo della città e si scontrano con quel che resta delle istituzioni statali. Si stima che il 90% del territorio sia ormai sotto il dominio delle bande.

La spirale di violenza affonda le radici nell’assassinio dell’allora presidente Jovenel Moïse, nel luglio 2021, che ha lasciato un vuoto politico. Le istituzioni democratiche sono paralizzate: le ultime elezioni risalgono al 2016 e nessun rappresentante politico in carica dispone di un mandato elettivo. La leadership del paese è oggi affidata a un Consiglio Presidenziale Transitorio, con il compito di portare il Paese verso nuove, improbabili elezioni previste per febbraio 2026.

Ma il consiglio stesso, nato su uniziativa della Comunità Caraibica (CARICOM) e non da un processo interno haitiano, è lacerato da divisioni. Dalla sua formazione nell’aprile 2024 ha già cambiato quattro presidenti e si è dimostrato incapace di frenare l’espansione delle gang.

La storia di Haiti è segnata da una lunga scia di interventi internazionali fallimentari, da quelli militari fino a quelli umanitari. Nel 2010, quando i caschi blu dell’ONU arrivarono in seguito di un devastante terremoto, introdussero accidentalmente il colera, causando oltre 10’000 morti. Anche oggi, gli aiuti destinati alla crisi haitiana sono i meno finanziati all’interno dei programmi ONU.

Nel tentativo di rafforzare la sicurezza, le Nazioni Unite avevano approvato l’invio di una forza armata composta da 2’500 poliziotti internazionali. Dopo oltre un anno, ne è arrivata meno della metà, con un impatto praticamente nullo sulla sicurezza del paese.

Nel marzo scorso, il Consiglio Transitorio ha stretto un accordo con la compagnia privata di sicurezza Vectus Global, guidata da Erik Prince, controverso ex marine statunitense. Sostenitore del Presidente Trump, avrebbe firmato un contratto decennale con un governo che, per sua natura, è temporaneo. Vectus Global si occuperebbe non solo di sicurezza, ma, dopo il primo anno, anche della riscossione delle tasse al confine con la Repubblica Dominicana. La notizia ha sollevato forti preoccupazioni tra osservatori e organizzazioni per i diritti umani.

Nel frattempo, Haiti è un paese isolato. La crisi ha causato nuove ondate migratore, ma cercare rifugio è estremamente difficile.  Gli Stati Uniti, sotto l’amministrazione Biden, avevano concesso lo status di protezione temporanea agli haitiani. Una misura revocata dall’amministrazione Trump, che ha ripreso i rimpatri.

L’unico paese confinante con Haiti è la Repubblica Dominicana, con cui intercorrono intensi scambi commerciali e una forte presenza di manodopera haitiana a basso costo. Ma con il peggiorare della crisi, sono aumentati i rimpatri forzati, ed è in costruzione un muro alla frontiera.

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