Le trattative alla ricerca di una soluzione condivisa per il conflitto in Ucraina sono entrate in una fase decisiva. L’accelerazione impressa dagli Stati Uniti con il piano in 28 punti, coordinato in parte tra i due inviati speciali, quello di Washington Steve Witkoff e quello di Mosca Kirill Dmitriev, ha costretto sia Kiev che gli alleati europei a intensificare gli sforzi per la sintesi di un programma dettagliato e realistico per mettere fine alla guerra. È su questo che si negozia proprio in questi giorni. Nella seconda metà del 2025, dopo l’incontro diretto fra Donald Trump e Vladimir Putin in Alaska, la road map per la pace ha imboccato una via più concreta, seppur sempre zigzagante, anche a causa da una parte di quello che può essere definito il disordine diplomatico all’interno dell’amministrazione statunitense e dall’altra dall’assenza di un progetto strutturato europeo per rispondere alle chiare richieste del Cremlino: dall’inizio del conflitto Putin ha mantenuto una strategia precisa, mai discostandosi dalle fondamentali richieste poste allo schieramento occidentale, USA, UE e NATO, già alla vigilia dell’invasione su larga scala dell’Ucraina, in primo luogo quella di Kiev fuori dall’Alleanza Atlantica. Nell’ultimo periodo il Cremlino ha rafforzato la strategia comunicativa in questa direzione.
Zelensky deve abbandonare l’idea di una riconquista dei territori perduti dal 2014, dal Donbass alla Crimea, cercando di rimanere in sella a Kiev
Stefano Grazioli, giornalista
Il quadro militare e interno a Kiev mutato
L’onda lunga del riavvicinamento attuale fra Mosca e Washington e della concretizzazione di un tavolo di pace a cui stanno partecipando sia Volodymyr Zelensky, sia i leader europei volenterosi, tutti seppur con un peso specifico decisionale limitato, è partita a dire il vero con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca ormai un anno fa e al mutamento della postura statunitense sulla scacchiera, con il disimpegno ai danni di Kiev e l’assunzione di un ruolo di mediazione. Inoltre un fattore importante negli ultimi mesi per la definizione di questo quadro è stato svolto dall’andamento del conflitto, deterioratosi pericolosamente per l’Ucraina, e dalle turbolenze interne e dagli scandali che hanno coinvolto Zelensky e il suo cerchio magico, condizionandone non solo l’immagine, sia interna, che di fronte agli alleati. In questa cornice sono cambiate ovviamente anche la propaganda e la retorica, che sui diversi lati si sono dovute adattare alle rinnovate circostanze, finalizzate al raggiungimento degli obbiettivi, a loro volta mutati.
Gli USA si sono ormai smarcati dal conflitto, azzerando gli aiuti militari, e per Trump si tratta di chiudere in qualche modo un “deal”
Stefano Grazioli, giornalista
La retorica idealista dei volenterosi
Gli USA si sono ormai smarcati dal conflitto, azzerando gli aiuti militari, e per Trump si tratta di chiudere in qualche modo un “deal”, come fatto in altre occasioni, preservando la collaborazione con la Russia, elemento importante negli equilibri politici mondiali e nel duello geopolitico con la Cina; gli europei devono passare dalla dicotomia aggressore-aggredito, primaria nella narrazione dei volenterosi, che però alla fine è superata da quella vincitore-vinto; Zelensky a sua volta deve abbandonare l’idea di una riconquista dei territori perduti dal 2014, dal Donbass alla Crimea, cercando di rimanere in sella a Kiev. Putin infine è impegnato nel rimarcare la posizione di forza, ottenuta sul terreno e base inequivocabile per stabilire chi può dettare le condizioni nei negoziati. Se quella dei volenterosi è stata sempre una retorica idealista, quella russa ha preso sempre più vigore basandosi sulla situazione militare e sulle relazioni di forza tra gli attori in campo. Le ultime settimane sono state in questo senso esemplari, con Putin che ha puntellato la retorica realista, invitando Trump a prendere in questa fase scelte nette, seguendo un rapporto privilegiato con la Russia e non con l’Europa; tuonando contro i volenterosi, colpevoli a suo dire di ostacolare il processo di pace; ponendo Zelensky di fronte al rischio di una capitolazione a breve termine.
Gli europei devono passare dalla dicotomia aggressore-aggredito, primaria nella narrazione dei volenterosi, che però alla fine è superata da quella vincitore-vinto
Stefano Grazioli, giornalista
Il realismo di Putin
Si tratta per il Cremlino di una scelta di comunicazione precisa, che, anche se non collima perfettamente, si avvicina sempre di più alla realtà rispetto a quella adottata da Zelensky e dalle cancellerie occidentali, che dopo quasi quattro anni di conflitto è comunque dovuta passare dal sostenere l’obbiettivo di una vittoria sul campo e della sconfitta della Russia a quello di una pace giusta e duratura, formula vuota, allo stesso modo di quella che sottolinea il sostegno incrollabile all’Ucraina: Unione Europea e volenterosi hanno dimezzato il supporto militare a Kiev nel secondo semestre di quest’anno, al di là appunto della retorica. È vero però che, nonostante la guerra abbia preso una piega favorevole e lo schieramento occidentale sia frammentato e restio a un cambiamento totale che porti all’escalation diretta con Mosca, la Russia abbia pagato sino ad ora un prezzo alto, anche se sostenibile, sotto vari aspetti: la stabilità politica del sistema putiniano non è minata, ma i pilastri economici hanno dovuto riadattarsi all’isolamento occidentale, mostrando da un lato elasticità, dall’altro rischi di erosione; gli effetti sociali del conflitto sono inferiori rispetto a quelli in Ucraina, il logoramento è però percepibile, soprattutto in alcune periferie. Si spiega quindi anche in questo modo la retorica realista accentuata del presidente russo, per cui la fine della guerra, soddisfatte chiaramente le istanze indispensabili, che riguardano più gli aspetti politici e la nuova architettura di sicurezza continentale che non qualche kmq di territorio nel sudest dell’Ucraina, sarebbe una soluzione accettabile anche adesso.
Putin è impegnato nel rimarcare la posizione di forza, ottenuta sul terreno e base inequivocabile per stabilire chi può dettare le condizioni nei negoziati
Stefano Grazioli, giornalista

Witkoff incontra Putin
Telegiornale 02.12.2025, 20:00










