Mercoledì alla Casa Bianca c’è stato uno scontro che - di nuovo - ha fatto molto discutere, quello fra il presidente statunitense Donald Trump e il suo omologo sudafricano Cyril Ramaphosa. Trump ha accusato il Sudafrica di massacrare la popolazione afrikaaner (la minoranza bianca che discende dai primi coloni europei, per lo più olandesi) e di espropriare le terre degli agricoltori bianchi. Per farlo è ricorso a parole molto forti come “genocidio”, mostrando al suo interlocutore e al mondo intero fotografie e video a supporto delle sue tesi. Ma cosa c’è di vero in queste accuse? “Il rapporto sulla criminalità della polizia sudafricana per il 2024 mostra che ci sono stati 44 omicidi nelle fattorie su un totale di 26’232 omicidi a livello nazionale. Ma i dati hanno dei limiti”, spiega ai microfoni di SEIDISERA la giornalista Elena Caputo, raggiunta dalla RSI a Cape Town.
Caputo spiega infatti che “la razza delle vittime non è registrata in modo coerente nelle statistiche ufficiali e il Sudafrica è effettivamente tra i Paesi con i più alti tassi di criminalità al mondo. Gli attacchi sono a scopo criminale, quasi sempre per furto e non genocidio. In Sudafrica ci sono circa 2,7 milioni di afrikaaner bianchi, su una popolazione che sfiora i 64 milioni: circa l’80% degli abitanti del Sudafrica sono neri e la maggioranza delle vittime di omicidi sono giovani maschi neri in contesti di povertà urbana. Gli omicidi degli agricoltori bianchi rappresentano meno dell’1% degli omicidi annuali a livello nazionale”.
Ci sono sicuramente persone bianche uccise a sfondo razziale - dice Elena Caputo - ma sono casi di cronaca, conseguenza di torti subiti a livello individuale. Il presidente è supportato da tutti i dati disponibili nel dire che le uccisioni degli agricoltori fanno parte delle statistiche di criminalità in un Paese che ha un tasso ufficiale di disoccupazione del 32% e dove la mancanza di lavoro porta a un altissimo grado di criminalità opportunistica, aggravato dal basso valore della vita umana. “Comunque tutti gli esperti hanno detto che le morti non equivalgono a un genocidio e che Trump è fuorviante riguardo alla confisca delle terre, che cita come motivazione di accusa contro il Sudafrica”, sottolinea Caputo..
Intanto nelle ultime ore i media sudafricani hanno generalmente supportato il presidente e la maniera in cui ha gestito l’incontro di ieri con Trump, dice Caputo, sottolineando che l’attacco del presidente statunitense non era inaspettato. “La rabbia di Trump nei confronti di Pretoria è nota fin dal suo precedente mandato. Viene aizzato da Elon Musk e da altri magnati di origine sudafricana che alimentano teorie nazionaliste bianche con disinformazioni sui social. Cyril Ramaphosa è conosciuto per essere un negoziatore abile, estremamente calmo Spesso mostra una faccia di pietra, come dicono qui. Ha iniziato la sua carriera come capo del sindacato dei minatori sudafricani durante l’apartheid. È stato nel team di Nelson Mandela per negoziare la fine del dominio bianco e l’anno scorso ha negoziato la formazione di un difficile governo di unità nazionale ma essenziale per la stabilità del Paese”.