L’avvio del dialogo diretto tra Russia e Ucraina è sicuramente un buon segnale, ma non va sopravvalutato. Il primo incontro delle due delegazioni a Istanbul, guidate da una parte da Vladimir Medinsky, consigliere di Vladimir Putin, e dall’altra da Rustem Umerov, ministro della Difesa ucraino, è stato sostanzialmente positivo e solo il fatto che Mosca e Kiev abbiano deciso di proseguire le trattative sgombra almeno per il momento lo scenario peggiore, cioè quello di una rottura immediata. I colloqui sono partiti al termine di una settimana molto tesa e con i combattimenti ancora in corso, nonostante l’ultimatum posto dal fronte europeo che sostiene l’Ucraina, guidato dal quartetto formato da Gran Bretagna, Francia, Germania e Polonia, e nonostante il Cremlino, che aveva lanciato l’idea del vertice in Turchia, abbia rifiutato l’incontro proposto da Volodymyr Zelensky.
Donald Trump ha seguito gli sviluppi a distanza, durante il suo viaggio in Medio Oriente, ma la posizione degli Stati Uniti rimane comunque determinante nel corso del processo negoziale, sia nel nuovo ruolo che la Casa Bianca ha assunto rispetto all’amministrazione di Joe Biden, vale a dire quello di mediazione, sia in quello, in parte dismesso, di maggior alleato dell’Ucraina in una proxy war, una guerra per procura, che dovrà comunque terminare con la ricostruzione dell’architettura di sicurezza europea e internazionale. In questo contesto il possibile faccia a faccia fra Trump e Putin sarà altrettanto importante, se non più, di quello tra il capo di stato russo e quello ucraino.
Le opzioni di Putin
La diplomazia, dopo oltre tre anni di guerra, è ovvio però che proceda a piccoli passi e lontano dalla propaganda, seguendo quella Realpolitik che è determinante al tavolo delle trattative, dove il punto di partenza è quello della situazione attuale, creatasi a partire dalla prima guerra del Donbass nel 2014, con l’occupazione da parte della Russia degli oblast di Lugansk e Donetsk e l’annessione della Crimea; dopo l’invasione cominciata nel 2022 le forze di Mosca hanno allargato il perimetro dei territori occupati, con l’aggiunta di parti delle regioni di Zaporizha e Kherson. La questione territoriale è fondamentale per Putin, insieme con il dossier politico, che prevede secondo le intenzioni del Cremlino la neutralità dell’Ucraina nello scenario postbellico.
É poco realistico che in questa fase iniziale dei colloqui la Russia sia disposta a fare concessioni, proprio alla luce del quadro militare sul terreno, e le dichiarazioni di Medinsky sul fatto che Mosca sia pronta a una guerra pluriennale, ricordando i 21 anni del conflitto con la Svezia (Grande guerra del nord, 1700-1721, con la vittoria dello zar Pietro il Grande contro Carlo III), indica almeno in apparenza che l’opzione di una pace alle condizioni russe è possibile, ma in caso contrario il conflitto in Ucraina proseguirà. Putin pare disposto a continuare la guerra nonostante la possibilità di ulteriori giri di vite sanzionatori da parte dell’Occidente, alla luce di quanto accaduto negli ultimi dieci anni, con Unione Europea e Stati Uniti che hanno sì isolato Mosca da un lato, ma dall’altro si è assistito a un riequilibrio con il resto del mondo e al rafforzamento dell’asse tra Russia e Cina.
Le speranze di Zelensky
Il presidente ucraino è sicuramente nella posizione più difficile, dovuta sia alla cornice militare, ma anche all’ampia forbice tra quella che è la realtà sul campo e la narrazione politica, soprattutto tra Kiev, Bruxelles e alcune cancellerie europee: appoggiato nella retorica dai leader della coalizione dei volenterosi, Zelensky ha inviato comunque a Istanbul la delegazione ucraina senza aver ottenuto il cessate il fuoco ed è in ogni modo legato a quello che Trump deciderà di fare in caso di fallimento dei colloqui di pace: la speranza di Kiev è sempre quella che Mosca e Washington non trovino un accordo di fondo e l’attuale disimpegno statunitense si trasformi nuovamente in un ingaggio a tutto campo, finanziario e militare. Al momento però Trump sembra non aver ancora deciso quale strada scegliere e il duello a distanza con Putin è ancora in corso.
Nel 2022 le trattative tra Russia e Ucraina si sono protratte tra marzo e aprile, prima di essere definitivamente accantonate. A tre anni di distanza la situazione territoriale ucraina è mutata e anche la cornice politica internazionale ha subito uno scossone: se il lato russo appare più solido, con l’appoggio incondizionato di Pechino, quello occidentale è invece più frammentato, fra Washington, i volenterosi e chi si è già smarcato e chi si appresta a farlo. I negoziati sono appena iniziati e ci vorrà del tempo per trovare gli equilibri giusti in vista di una soluzione duratura al conflitto, con gli imprevisti e le mosse di chi getta benzina sul fuoco, da ogni lato, pericolosamente dietro l’angolo.

il commento da Istanbul
Telegiornale 16.05.2025, 20:00