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Sanae Takaichi, una prima ministra giapponese poco femminista

Conservatrice e ispirata a Margaret Thatcher, promette parità ma si oppone alle riforme sui diritti di genere

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Radiogiornale delle 12.30 del 04.10.2025 - Il servizio di Lorenzo Lamperti

RSI Info 05.10.2025, 09:45

  • Reuters
Di: ATS/AFP/YR 

Sanae Takaichi dovrebbe diventare nelle prossime settimane la prima donna a capo del governo giapponese, ma molte delle sue posizioni riflettono una visione fortemente conservatrice in una nazione ancora profondamente patriarcale.

Takaichi, che si ispira politicamente alla britannica Margaret Thatcher, è stata eletta sabato alla guida del Partito Liberal-Democratico (PLD), attualmente al potere, e dovrebbe diventare prima ministra entro il mese, dopo il voto del Parlamento.
Ha promesso di formare un governo con livelli di parità “nordici”, facendo riferimento all’elevata presenza femminile nei governi di Islanda, Finlandia e Norvegia. Attualmente, solo due donne fanno parte dei 20 membri del governo del primo ministro dimissionario Shigeru Ishiba, una delle quali è responsabile della politica per l’infanzia.

Nel tentativo di sensibilizzare sui problemi di salute femminile, Takaichi, 64 anni, ha parlato apertamente della propria esperienza con la menopausa. Nonostante queste dichiarazioni, le sue posizioni politiche in materia di genere la collocano a destra in un partito già conservatore. Si oppone, ad esempio, alla revisione di una legge del XIX secolo che impone ai coniugi di avere lo stesso cognome, una norma che porta la maggior parte delle donne a prendere quello del marito.

È inoltre “fondamentalmente contraria” al matrimonio omosessuale e non sostiene la modifica delle regole di successione imperiale, attualmente riservate agli uomini. Secondo Yuki Tsuji, docente universitaria esperta in politica e questioni di genere, il significato simbolico di avere una donna come prima ministra è “abbastanza importante”. Tuttavia, se dovesse fallire, “potrebbe rafforzare una visione negativa delle donne in quel ruolo”, ha dichiarato all’AFP. Inoltre, secondo la professoressa, Takaichi “si basa su principi conservatori e non è interessata ai diritti delle donne né alle politiche di uguaglianza di genere”.

Nel 2021, le donne occupavano solo il 13,2% dei ruoli dirigenziali in Giappone, la percentuale più bassa tra i membri dell’OCSE. Il Paese è al 118° posto su 148 nel rapporto 2025 del World Economic Forum sull’uguaglianza di genere. Anche in politica le donne sono poche: rappresentano circa il 15% dei deputati della Camera bassa. Un’eccezione è la governatrice di Tokyo, Yuriko Koike, al suo terzo mandato, che ha introdotto misure a favore delle donne e delle madri, come la gratuità degli asili nido.

Le deputate spesso denunciano le difficoltà nel conciliare il ruolo pubblico con quello domestico e sono bersaglio di frequenti commenti sessisti. L’ex vicepremier Taro Aso ha suscitato scandalo nel 2024 definendo l’ex ministra degli Esteri Yoko Kamikawa “una zia” e “non molto carina”.

Il movimento #MeToo ha avuto scarso impatto in Giappone, con poche vittime di violenza sessuale che hanno trovato il coraggio di esporsi. Chi lo ha fatto, come l’ex militare Rina Gonoi o la giornalista Shiori Ito, è stata lodata per il coraggio, ma ha anche ricevuto ondate di odio online.

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