Svizzera

Accordo dazi USA, Parmelin risponde a dubbi e critiche

Nessun negoziato sottobanco e il Parlamento manterrà il suo ruolo nel processo – “Investimenti solo a carico dei privati e nessun automatismo nelle sanzioni”

  • Oggi, 12:52
  • Oggi, 12:57
 Parmelin garantisce che l'iter democratico resta intatto e rimane sempre la possibilità del referendum
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RG 12.30 del 17.12.2025 - Il servizio di Anna Valenti

RSI Info 17.12.2025, 12:50

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Di: Radiogiornale-Anna Valenti/dielle 

Nessun negoziato sottobanco, le discussioni per un’intesa giuridica vincolante con gli Stati Uniti sui dazi non è ancora entrata nel vivo, così come nessun pericolo per la democrazia: il Parlamento manterrà sempre il suo ruolo. Sono alcune delle rassicurazioni date dal Consigliere federale Guy Parmelin durante il dibattito urgente che si è tenuto oggi (mercoledì) al Consiglio Nazionale sul tema del mandato negoziale e dell’accordo con gli USA sui dazi doganali, che scendono dal 39% al 15%, già approvato dalle commissioni di politica estera delle due Camere.

Il dibattito muoveva da domande come quanto costerà alla Svizzera l’accordo? Quali saranno le ripercussioni sulla protezione dei dati, sull’autonomia fiscale e sulla sicurezza stradale svizzera? Le domande erano contenute in diverse interpellanze urgenti fatte da partiti di tutto o quasi lo spettro politico: dai liberali al Centro, dai socialisti ai Verdi e Verdi liberali.

Domande rivolte al ‘ministro’ dell’economia Guy Parmelin che vanno al cuore delle preoccupazioni dei diversi schieramenti, ma che sono anche un assaggio dei nodi e delle spaccature che divideranno il parlamento quando il mandato negoziale per rendere giuridicamente vincolante l’intesa con gli Stati Uniti sui dazi approderà alle Camere.

“Non c’è ancora nessun negoziato in atto”, è la prima precisazione che ha voluto fare Parmelin, responsabile del dossier, sottolineando che nulla si muoverà finché il mandato negoziale verrà approvato dal Parlamento.

Investimenti negli USA solo a carico dei privati

I 200 miliardi di investimenti negli USA promessi dalle imprese non sono a carico della Confederazione, ma soprattutto non implicano mancati investimenti in Svizzera, ha pure sottolineato Parmelin, rassicurando chi chiedeva criticamente quanto sarebbe costato l’accordo alla Confederazione in termini di posti di lavoro.

Parmelin ha specificato che questi investimenti non sarebbero mai stati fatti in Svizzera, dato che alcune imprese hanno deciso di produrre direttamente oltreoceano, e questo proprio per non delocalizzare e mantenere posti di lavoro qualificati in Svizzera.

La ripresa delle sanzioni e i dati alle Big Tech

I punti più delicati che sollevano grandi discussioni sono però altri due, prima di tutto la ripresa automatica da parte della Svizzera di sanzioni imposte dagli Stati Uniti ai diversi Paesi, che pare sia inserita nell’articolo 5 b dell’intesa. “Non è così e non c’è nessun automatismo”, ha ribadito Parmelin, la neutralità e la sovranità elvetica sono quindi garantite secondo il consigliere federale.

L’altro nodo riguarda la trasmissione generalizzata di dati personali alle grandi piattaforme statunitensi senza grandi tutele: anche in questo caso Parmelin ha cercato di rassicurare, ma non troppo, “visto che già oggi vengono trasmessi ad aziende certificate senza controlli supplementari”.

Infine, a chi metteva in dubbio il processo democratico, Parmelin garantisce che le commissioni così come le camere saranno non solo informate, ma sempre anche consultate. Sull’eventuale accordo rimane poi sempre la possibilità del referendum. L’iter democratico resta insomma intatto.

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L'intesa tra i due Paesi è stata siglata il 14 novembre

Il Parlamento verso la ratifica dei dazi USA

SEIDISERA 15.12.2025, 18:00

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