Svizzera

Alsazia, dove si misurano 450 nanogrammi di PFAS per litro d’acqua

Saint-Louis è uno degli undici comuni dell’area fortemente contaminati da anni a causa delle schiume antincendio utilizzate fino al 2017 all’aeroporto di Basilea-Mulhouse

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La diffusione dei PFAS

Prima Ora 11.11.2025, 18:00

Di: Il Quotidiano - Sharon Bernardi/M.Mar. 

Saint-Louis, cittadina francese distante meno di tre chilometri dal centro di Basilea, è uno degli undici comuni alsaziani dove l’acqua è contaminata da PFAS (sostanze per- e polifluoroalchiliche), ovvero un gruppo di diverse migliaia di prodotti chimici industriali sintetici. Il caso è ritenuto uno dei più grandi inquinamenti in Francia e per questo motivo ai residenti è stato vietato di bere l’acqua del rubinetto. A maggio la Prefettura aveva già emanato un divieto di consumo per le persone definite fragili, come donne incinte, anziani e neonati.

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I PFAS, un problema globale

Il Quotidiano 11.11.2025, 19:00

La situazione sembra quasi una battaglia di Davide contro Golia, in cui, in prima fila troviamo Bruno Wollenschneider, presidente dell’associazione in difesa dei residenti dell’Aeroporto di Basilea-Mulhouse (ADRA). A Bartenheim vi è un serbatoio d’acqua che alimenta vari comuni e qui “l’acqua sotterranea è stata inquinata per anni con le schiume antincendio dell’aeroporto”, spiega Wollenschneider, “le acque sotterranee portano i PFAS fino ai pozzi di captazione usati per la popolazione”.

In questo contesto bisogna quindi comprare l’acqua, ma “ci sono molte persone che non posso permettersi di acquistare delle bottiglie, e questo è scioccante, dover scegliere tra il prezzo e la salute”, sottolinea il consigliere municipale di Huningue Patrick Striby, molto attivo sui social per la sulla questione. Ad essere toccate sono 60’000 persone e si è iniziato a installare dei filtri, un “primo passo per abbassare la concentrazione di inquinanti nell’acqua”, dice Wollenschneider. Dieci volontari di ADRA si sono fatti testare per verificare la presenza delle sostanze nel sangue. Ne è risultato che “molti di noi sono fortemente contaminati”, chiarisce il presidente di ADRA.

“Prima che l’acqua finisse nelle canalizzazioni delle famiglie, qui bisognava intervenire”, osserva l’avvocato André Chamy, e “invece non hanno fatto nulla”. Al momento sono state trovate delle soluzioni, ovvero dei filtri a carbone attivo, ma “non volevano investire sulla salute della popolazione, perché è caro”.

L’Agenzia dell’acqua aveva fatto delle analisi sulle acque sotterranee vicino all’aeroporto e ai pozzi di captazione nel 2015 e nel 2017. “Già all’epoca, si erano misurati 400-450 nanogrammi di PFAS per litro d’acqua”, però “solo nel corso del 2023 l’Agenzia regionale della salute ha fatto delle misurazioni”, dichiara Wollenschneider.

La risposta delle istituzioni e dell’Aeroporto di Basilea-Mulhouse

La reazione delle istituzioni sembra essere stata lenta, dall’Agenzia dell’acqua di Saint-Louis dicono di essere stati informati solo nell’ottobre del 2023. “Abbiamo ricevuto un rapporto a dicembre. Un avviso del Ministero della salute in febbraio (2024, ndr). Cinque-sei settimane dopo un altro rapporto dell’Agenzia regionale della salute”, dichiara Thierry Litzler, vice presidente dell’Agglomerato di Saint-Louis, incaricato dell’acqua. “Era il 5 aprile 2025, tre settimane dopo il prefetto ha emanato una decisione; trovo che la reazione dello Stato, in questo caso, sia stata abbastanza rapida”, conclude.

Le concentrazioni però erano quattro volte superiori al limite di legge, di 0,1 microgrammi al litro. Alla popolazione sono stati dati 80 euro per l’acqua in bottiglia. Non tutti i comuni oggi dispongono di sistemi di filtraggio e si attendono tre centrali di depurazione. Il costo dell’operazione è di 20 milioni di euro, finanziata, per metà, dall’aeroporto. Questa partecipazione, secondo il presidente dell’aeroporto Tobias Markert, non è un’ammissione di colpa.

“Per noi si tratta di relazioni di buon vicinato”, perché, spiega “siamo un possibile attore di questi inquinamenti”. L’aeroporto si è adoperato per fare delle analisi nella propria area “per noi ci sono luoghi dai quali possono essere partiti gli inquinamenti”, e “certamente le schiume per spegnere gli incendi, che furono usate in passato, possono essere una fonte possibile”.  Le schiume antincendio incriminate, rimarca Markert, non vengono più usate dal 2017.

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