Quando Ignazio Cassis arriva all’incontro con i media elvetici, Volodymyr Zelensky ha appena parlato all’Assemblea generale. Il presidente ucraino non ha rivelato i dettagli del suo “Piano della Vittoria” che presenterà giovedì a Joe Biden alla Casa Bianca, ma ne ha aggiunto una priorità, “la sicurezza nucleare“, raccontando i timori che l’esercito russo possa causare una seconda Chernobyl attaccando la centrale di Zaporizhia. Zelensky ha sollecitato la comunità internazionale a continuare a fare pressione sulla Russia, “affinché il mondo sappia che l’Ucraina più di tutti vuole che la guerra finisca”, invocando “una giusta pace”.
Ignazio Cassis con i media
Il capo del Dipartimento degli esteri svizzero non cela però i suoi timori: “Mi chiedo se in questa fase militare la diplomazia possa giocare un ruolo preponderante e in questo momento non si ha la sensazione che ci siano le premesse per l’inizio di un discorso diplomatico“. Poca fiducia nella diplomazia che Zelensky non nasconde. Dallo scoppio della guerra in Medio Oriente, il 7 ottobre scorso, l’Ucraina non ha più presentato risoluzioni all’ONU. Una seconda conferenza di pace come quella al Bürgenstock non è più immaginabile. “L’unica cosa che consentirebbe un simile incontro è la partecipazione della Russia, ammette Cassis. Ma ho notato che in questo momento i fronti si sono addirittura irrigiditi e quindi vedo male a breve termine la possibilità di fare una tale conferenza. Tanto più che l’Ucraina vuole portare agli Stati Uniti una richiesta di fatto per vincere la guerra, non per concludere con una soluzione diplomatica“. Nelle parole del capo della diplomazia pare cogliere un po’ di rassegnazione. Non crede al Piano di Zelensky?, chiediamo: “Rimane un’opzione, ma mi sembra poco probabile“, conclude Cassis.
Cassis con il ministro degli esteri cinese Wang Yi
Il consigliere federale finisce oggi la sua quattro giorni newyorkese per l’Assemblea Generale dell’ONU. Una maratona diplomatica caratterizzata da 13 incontri bilaterali e numerosi gruppi di lavoro. Alcuni incontri con i cosiddetti “Big Player” (Cina e India), sulle emergenze poco mediatizzate (sulla guerra in Sudan) e molti (con Giordania, Egitto e Iran) per affrontare l’emergenza in Medio Oriente con l’estensione del conflitto al Libano. Ignazio Cassis ammette l’inquietudine: “C’è un rischio di escalation estremamente importante. Ho parlato con vari colleghi dei Paesi coinvolti e tutti stanno in questo momento febbrilmente cercando una via d’uscita. Come spesso accade una guerra è facile iniziarla, ma non si sa come terminarla. E quello che noi come Svizzera facciamo è mantenere attivo il dialogo tra tutte le parti e cercare di fornire delle piattaforme discrete che possano permettere alle idee di essere mature e trovare spazi di dialogo“. Un dialogo cercato in questi giorni alle Nazioni Unite con “una criticità”, ammette il capo del DFAE: “C’è la volontà politica reale di Israele e di Hamas di uscire da questa impasse?“ Senza dimenticare il ruolo di potenze come “Stati Uniti, Russia e Iran“, “Non solo non è un conflitto a sé stante, conclude Cassis, ma un conflitto fortemente imbrigliato in una matassa più grande“.
Massimiliano Herber