I dazi statunitensi continuano a far discutere, con il Consiglio federale che si è impegnato a proseguire i negoziati con gli Stati Uniti. Un peso da giocare in questo contesto potrebbe averlo l’oro perché le esportazioni dalla Svizzera di questo metallo prezioso contribuiscono, e non poco, al deficit commerciale che Washington ha con la Confederazione. C’è quindi chi propone di farlo passare da Londra, per farlo sparire dalla bilancia commerciale, o di contabilizzarlo nella bilancia degli scambi finanziari, e non di merci. C’è anche chi, come il professore di diritto economico Peter Kunz, ipotizza che la politica possa sacrificare questo settore (qui, l’intervista).
Ma il comparto dell’oro interessa da vicino la Svizzera italiana, dato che tre delle quattro raffinerie presenti in Svizzera hanno sede in Ticino, dove lavorano gran parte del metallo prezioso a livello mondiale. SEIDISERA le ha contattate. Argor-Heraeus e MKS Pamp si sono affidate alle dichiarazioni dell’associazione di categoria: l’Associazione svizzera dei fabbricanti e commercianti di metalli preziosi. Il presidente, Christoph Wild, ha spiegato che l’associazione non è preoccupata dalla situazione attuale ma “che siamo piuttosto infastiditi” perché non si conosce la reale importanza di questo comparto. Il settore non sembra quindi preoccupato da un possibile blocco delle esportazioni di lingotti verso gli USA poiché lo ritiene impraticabile, ma è infastidito dal fatto che qualcuno punti il dito contro un’industria che rende un servizio ad altri Paesi fornendo l’oro fisico alle banche centrali e contribuendo così al funzionamento del sistema finanziario.
https://rsi.cue.rsi.ch/info/svizzera/Tutto-il-peso-dell%E2%80%99oro-nella-vicenda-dazi--3017163.html
Allo stesso tempo l’Associazione si dice pronta a fare la propria parte nei negoziati con Washington e proprio questa mattina Wild ha preso appuntamento con la Segretaria di stato dell’economia (la SECO) per discutere di alcune ipotesi di lavoro che sono già emerse e che ritiene comunque percorribili. Una soluzione “da valutare con i nostri membri” potrebbe essere quella di “lavorare su un conto di lavoro: chi vuole che la Svizzera continui a raffinare l’oro per i mercati esteri, lo porta qui così che noi possiamo lavorarlo e poi darlo indietro: così potremmo non saremmo più il Paese d’esportazione”. Ora, infatti, alla Svizzera si addebita tutto il valore di esportazione, ma un conto è la prestazione industriale (la lavorazione), un altro è il valore della materia prima.
Un’altra possibilità evocata da Wild (“ma non so se è possibile”, dice) sarebbe esportare oro tramite la Banca Nazionale: “Sarebbe uno spostamento di capitale fuori dal bilancio commerciale (con gli USA, ndr.)”.
Per ora queste sono ipotesi che, inoltre, non fanno l’unanimità nel settore. Valcambi, che è la terza azienda che ha sede in Ticino, ha scritto alla RSI che aggirare l’importazione di oro da investimento passando ad esempio dall’Inghilterra non risolverebbe il problema: perché l’origine di provenienza dell’oro è determinata dalla marcatura del Paese di produzione, che rimane la Svizzera.
Vitta: “Quello dell’oro è un settore presente in Ticino e che garantisce posti di lavoro”
Il tema dell’oro e dalla sua esportazione, che contribuisce a creare deficit commerciale per gli Stati Uniti nei suoi rapporti con Berna, è seguito con attenzione anche dal consigliere di Stato ticinese e capo del Dipartimento delle finanze e dell’economia, che intervistato dal Quotidiano ha spiegato: “Se la soluzione finale dovesse prevedere una penalizzazione del settore dell’oro, è chiaro che come Cantone prenderemo contatto con l’autorità federale, eventualmente chiedendo anche delle misure di compensazione, perché sappiamo che il settore della trattazione dell’oro è molto presente in Ticino”. È anche un settore “che garantisce posti di lavoro” - continua Vitta - “Sarà un tema per noi, qualora questo settore venisse colpito in maniera mirata dalle decisioni che Berna prenderà nei prossimi giorni”. In merito ai dazi del 39% attribuiti da Trump alla Svizzera, Vitta definisce questa cifra “insostenibile”. Qualora questi dazi venissero confermati, creando problemi economici per le aziende, ci sarebbe “lo strumento del lavoro ridotto”, conclude il consigliere di Stato.

I dazi, l'oro e il Ticino
Il Quotidiano 04.08.2025, 19:00