Una via di mezzo fra una petizione e un’iniziativa: si può descrivere così la mozione popolare, un diritto politico che a livello cantonale esiste già nei cantoni Soletta, Sciaffusa, Friburgo, Neuchâtel e Appenzello Esterno. Rispetto alla mozione parlamentare si differenzia per il fatto di essere presentata non da dei deputati, ma da cittadini aventi diritto. E, una volta depositata, viene trattata dai parlamenti cantonali allo stesso modo di una mozione parlamentare.
Torna ora alla ribalta l’ipotesi di introdurla anche a livello federale. Un postulato in questo senso è stato infatti inoltrato, la scorsa settimana, da 6 parlamentari federali di 5 differenti partiti (PS, ecologisti, Verdi liberali, Centro e UDC). L’obiettivo è di consentire alla popolazione di influenzare anche sul piano federale il processo legislativo. L’idea di per sé non è nuova, visto che nel 2012 l’aveva portata avanti l’ex consigliere agli Stati Thomas Minder: allora il suo tentativo non ebbe successo, ma stavolta l’idea ha dalla sua un sostegno traversale.

Paolo Pamini: anche il consigliere nazionale UDC sostiene l'introduzione della mozione popolare a livello federale
Fra i postulanti, anche Paolo Pamini. “Una mozione è lo strumento parlamentare, con cui si chiede all’Esecutivo di fare qualcosa”, rammenta ai microfoni di SEIDISERA il consigliere nazionale ticinese, precisando che può trattarsi della modifica di una legge esistente, dell’elaborazione di una nuova, di un’abrogazione, o anche semplicemente di un cambio di prassi amministrativa. È quindi “molto flessibile come strumento”. Ora, la mozione popolare “è esattamente la stessa cosa”: a portarla avanti non sono però parlamentari, ma “un gruppo di cittadini”. E il suo vantaggio consiste proprio nel collocarsi a metà strada fra le semplici petizioni e le iniziative popolari. Il problema delle prime, osserva Pamini, è che “non vengono prese particolarmente sul serio” e “non hanno nessun carattere vincolante”, mentre le seconde, che puntano a modificare la Costituzione federale, sono anche finanziariamente onerose per coloro che decidono di lanciarsi nella raccolta di ben 100’000 firme.
“Penso che” la mozione popolare “vada veramente a inserirsi nella nostra cultura di democrazia diretta”, afferma il democentrista, aggiungendo che è per questo che “dall’UDC e fino ai socialisti ci sono delle adesioni”. Per Andreas Glaser, direttore del Centro per gli studi sulla democrazia (ZDA) che ha sede ad Aarau, l’idea di istituirla anche a livello federale è interessante. “Adesso abbiamo più esperienze anche a livello cantonale e, secondo me, vale in ogni caso la pena di studiare questo strumento, che il politologo definisce “equilibrato e appropriato”. Nel raffronto l’iniziativa è “molto lenta e anche molto cara”. La mozione popolare è invece meno cara, più veloce e “forse anche più appropriata per iniziare modifiche delle leggi”.

Il politologo Andreas Glaser
Certo, vari aspetti sono da approfondire e chiarire: dal numero di firme necessario per promuovere una mozione popolare, fino alle vie (Costituzione o legge normale) per introdurre questo strumento nel sistema normativo. “Ci sono dunque tante riflessioni da fare” e i tempi saranno ancora lunghi. Si constata tuttavia “un primo passo e sarà molto interessante osservarne lo sviluppo”, conclude Glaser. Tredici anni fa il Consiglio federale aveva giudicato l’idea ridondante rispetto al diritto di petizione e gli Stati l’avevano respinta. Vedremo se stavolta andrà diversamente.