Sette pazienti minorenni da Gaza sono arrivati negli scorsi giorni in Svizzera, assieme ai loro familiari. Una di loro - una ragazza di quindici anni - è stata accolta in Ticino. Si tratta dell’operazione umanitaria con cui la Confederazione accoglierà, complessivamente, venti bambini feriti: altri tredici dovrebbero infatti arrivare nel corso di novembre.
Nel frattempo dai domenicali emergono nuovi dettagli, per esempio che l’iniziativa sarebbe nata su impulso di Marina Carobbio e Franco Cavalli. E proprio la consigliera di Stato ticinese racconta al Radiogiornale della RSI la genesi dell’operazione umanitaria: “Da mesi un gruppo di medici e operatori sanitari ticinesi si trova regolarmente per discutere della grave situazione in Palestina e a Gaza, delle violazioni del diritto umanitario e delle conseguenze per la salute della popolazione”.

A Bellinzona la prima bimba di Gaza
Telegiornale 25.10.2025, 20:00
Marina Carobbio ricorda dunque l’appello inviato da un centinaio di medici e operatori sanitari della Svizzera italiana all’indirizzo del Consiglio federale e che chiedeva la creazione di corridoi umanitari tra Gaza e la Svizzera. Un appello che ha favorito un incontro, avvenuto a Locarno a margine del Film Festival, con la consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider: “Immagino che lei abbia poi portato il tema in Consiglio federale, che ha poi chiesto ai Cantoni se erano disponibili ad accogliere e curare dei bambini negli ospedali”. A sostegno dell’iniziativa, secondo quanto riferito dalla NZZ am Sonntag, si sarebbero uniti anche i consiglieri federali Beat Jans, Ignazio Cassis e Martin Pfister.
Per la consigliera di Stato ticinese, Marina Carobbio, l’accoglienza di bambini feriti rientra nella tradizione umanitaria svizzera: “Di fronte alle necessità e alle urgenze, di fronte a bambini e adulti che necessiteranno o necessiterebbero di cure, c’è molto di più da fare: spero che questa non sia che una prima misura” sottolinea.
Al momento, nonostante la natura umanitaria del progetto, alcuni grandi cantoni svizzeri, in particolare Argovia, Berna e Zurigo, hanno rifiutato di accogliere i bambini, sollevando questioni di costi, sicurezza e procedure. E c’è chi sostiene che la discussione abbia assunto toni politici con la critica di alcuni partiti secondo cui si sarebbe trattato di un’iniziativa simbolica e autonoma di alcuni consiglieri federali.




