La possibile chiusura del deposito di FFS Cargo a Chiasso - che potrebbe essere abbandonato nel 2027 insieme a quelli di Briga e Buchs - non sorprende alla luce delle difficoltà dell’azienda, che nel 2024 ha perso 76 milioni di franchi, ma ai sindacati lascia comunque l’amaro in bocca. “Quando Alexander Muhm (il direttore, ndr) è stato tre settimane fa a Chiasso, un collaboratore gli ha chiesto della possibile chiusura e lui ha risposto che per il momento non era in programma, ma che fra 10 anni si sarebbe saputo”, ha spiegato a SEIDISERA della RSI Luca Benato, del sindacato svizzero dei macchinisti, sezione Ticino.
E invece, pochi giorni fa, la doccia fredda, anche se una decisione definitiva, hanno ribadito ancora una volta ai nostri microfoni le FFS, non è ancora stata presa. Ai 15-18 macchinisti da ricollocare in seguito alla chiusura dei terminal di trasbordo di Cadenazzo (in futuro gestito dalla Posta) e di Lugano-Vedeggio, se ne potrebbero quindi aggiungere altrettanti.
Una situazione preoccupante. Accanto ai macchinisti “c’è tutta una filiera, verifica, manovra, uffici”, ha ricordato Benato. Se chiude Chiasso vuol dire che “un domani in Ticino non ci sarà più lavoro”. Il sindacalista rifiuta disparità di trattamento e ricorda che “nella Svizzera tedesca, se si sposta una persona verso un altro deposito sono magari 25 o 30 minuti”. In Ticino “se si chiude tutto, bisogna andare oltre San Gottardo”.
La sezione ticino del Sindacato svizzero dei macchinisti, così come il Sindacato del personale dei trasporti (SEV) e altre organizzazioni - unite nel “Comitato No allo smantellamento di FFS Cargo in Ticino” hanno già annunciato battaglia contro questa nuova possibile chiusura. Il 25 settembre alle 17 è prevista una riunione alla Casa del Popolo di Bellinzona per decidere i prossimi passi. E sul tema il Movimento per il socialismo ha già inoltrato un’interpellanza con quattro domande al Consiglio di Stato.