“La pandemia è stata molto complessa, ma la parte più difficile è stata la stampa della domenica mattina. Non è stata un aiuto. C’era bisogno di fare accettare questo progetto dal pubblico e se qualcuno è sempre contro non aiuta. E anche per trovare sponsor e mecenati, bisogna che l’immagine del LAC sia forte e positiva”.
Sono parole di Michel Gagnon, fino a pochi giorni fa direttore del LAC, quello che il polo culturale luganese lo ha fatto crescere nei suoi primi 10 anni. Un anniversario che questo fine settimana viene festeggiato con un ricco programma di eventi, concerti e spettacoli. Le sue sono parole che rimandano indietro al 2015 e anche più, al periodo che ha portato alla nascita del LAC. E le critiche - lo ha ricordato Gagnon - arrivavano soprattutto dalle colonne del Mattino.
SEIDISERA della RSI ha messo allora a confronto chi il progetto lo spingeva, la responsabile dell’epoca del dicastero cultura e vicesindaca Giovanna Masoni Brenni, e Lorenzo Quadri, già allora municipale... ma avversario del LAC nelle vesti di direttore del domenicale. A dieci anni di distanza, la prima è un’assidua frequentatrice (“i primi anni era quasi un bisogno fisico”) mentre il secondo vi si reca essenzialmente per eventi istituzionali. Ma entrambi restano convinti della bontà delle loro idee.
“Penso che rifarei le stesse cose, che in quella costellazione in cui ci siamo trovati fosse necessario agire come abbiamo agito”, ha spiegato la liberale-radicale. “Avevamo esaminato la storia di diversi centri culturali e quasi tutti nei primi dieci anni avevano grossissime difficoltà. Il KL è andato in fallimento due volte nei primi dieci anni e quindi abbiamo cercato di dargli una base solida. Ma per farlo abbiamo dovuto batterci”.
“Un appalto unico per la Città”
“Tornando indietro non cambierei nulla. La posizione critica era assolutamente giustificata”, ha confermato Quadri. “Il LAC è un grosso contenitore dai costi estremamente elevati per vari motivi, anche proprio logistici. La posizione vicino al lago naturalmente poneva dei problemi. Sul cantiere ci sono state anche delle grosse difficoltà. E poi c’era il problema del contenuto a cui è destinato il contenitore, cioè la cultura. E qui penso che sia più che giusto porsi il tema, se la spesa culturale a Lugano, ai tempi e eventualmente ancora oggi, fosse adeguata oppure no. O se le priorità se le priorità fossero fossero altre”, ha precisato l’esponente leghista.
“La politica vuol dire avere delle priorità e fare delle scelte”, ha replicato Giovanna Masoni Brenni, ma avere “priorità non vuol dire che si fa solo una cosa. Vuol dire che si fanno le cose in un certo ordine e dando una certa importanza. Abbiamo fatto case anziani, abbiamo fatto scuole, abbiamo fatto moltissime cose e molti altri investimenti, però li abbiamo inseriti in una cornice di priorità e di scelte politiche”.
Un progetto di questa portata oggi incontrerebbe ancora maggiori problemi, secondo l’ex municipale: “La difficoltà di fondo che forse tanti non hanno capito, è che un appalto così era unico per la città e quindi ha scatenato anche tutti gli appetiti delle aziende, delle imprese, dei professionisti e quindi di tutto il settore immobiliare, che è molto forte. Si doveva tenere dritta la barra dell’interesse pubblico”.
Elitario o alla portata di tutti?
Tanti soldi investiti, ma per tutta la cittadinanza o solo per una parte? C’era il timore che nascesse una struttura elitaria. Per Giovanna Masoni Brenni non è stato così, “i prezzi che venivano applicati al Palazzo dei Congressi non sono stati aumentati, addirittura sono poi scesi. È stata una scelta anche quella della mediazione culturale per renderlo veramente accessibile ed è stata una scelta quella di avere una programmazione ampia su più generi. Quindi io penso non si è mai voluto un centro elitario. Questo non vuol dire che non si volesse un’attività professionale, perché un centro culturale è fatto da professionisti non da dilettanti”.
La vede diversamente Quadri: “C’è una maggiore attenzione verso eventi che attirano l’interesse del grande pubblico e che quindi creano ricadute. E aggiungo, ci mancherebbe, visto quelle che sono le spese. (...) La Città di Lugano spende una cifra che non è tanto lontana dai 20 milioni di franchi all’anno per la cultura e solo i contributi al LAC sono circa 9 milioni mezzo. Resta il fatto che accedere al LAC non è alla portata di tutte le tasche”.
Questo perché gli abbonamenti per assistere a decine di eventi, vista l’ampia offerta di alta qualità, hanno prezzi tutto sommato contenuti, ma “la maggioranza dell’utenza assiste saltuariamente a uno o due eventi e lì si paga il prezzo pieno che non è alla portata di tutte le tasche”.

Lugano e i 10 anni del LAC
SEIDISERA 12.09.2025, 18:00
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I primi 10 anni del LAC
Prima Ora 12.09.2025, 18:00