Il Gran Consiglio ticinese ha dato il via libera lunedì a un importante pacchetto di sussidi per gli impianti di risalita del cantone. Con una maggioranza netta, nonostante 5 astensioni e 4 voti contrari provenienti da HelvEthica Ticino e dai banchi della Lega, è stato approvato un credito di 5,6 milioni di franchi da distribuire nell’arco di quattro anni tra le stazioni di Airolo, Bosco Gurin, Campo Blenio, Carì e Nara.
Questo finanziamento, che rispecchia quello scaduto la primavera scorsa, ha suscitato un vivace dibattito in aula e oltre ai tanti sì c’è stato qualche “ma” e non sono mancate critiche.
Amalia Mirante di Avanti si è espressa sulla sostenibilità a lungo termine di questi sussidi: “Da decenni, ha detto in aula, si rinnovano purtroppo contributi uguali, con le stesse cifre e gli stessi meccanismi e dopo decenni i bilanci restano in rosso, i capitali propri erosi, la dipendenza dai sussidi invariata.” D’altra parte, Fabrizio Sirica del PS ha difeso la decisione da una prospettiva di interesse pubblico. Dal profilo meramente finanziario, ha esordito Sirica, “è evidente che ogni stazione fatica a stare in piedi da sola, ed è anche probabile che la prospettiva andrà rivista. Ma il compito del Parlamento non è quello di ragionare come un imprenditore privato, noi rappresentiamo l’interesse pubblico e l’interesse pubblico ci dice che mantenere vive le nostre montagne è una vera e propria priorità che va sostenuta con convinzione”. I sostenitori hanno enfatizzato l’importanza di questi impianti per l’economia locale e l’accessibilità alla montagna, in particolare per i giovani. Luca Renzetti, parlando per la maggioranza della commissione della gestione, ha sottolineato che senza questi impianti le scuole di sci chiuderebbero, i programmi “Gioventù e Sport” verrebbero spostati fuori cantoni “e per molti ragazzi l’esperienza della neve e della montagna rimarrebbe un privilegio per pochi.”
Samantha Burgoin dei Verdi ha evidenziato i progressi fatti dalle stazioni con la loro volontà di lavorare in rete, così come era stato richiesto, ed ha evidenziato il superamento degli obiettivi prefissati con la Ticino Card venduta l’ultima stagione. Il pacchetto di aiuti include anche un sostegno di 214’000 franchi in quattro anni per le otto stazioni minori. È stata invece respinta la proposta dell’MPS in merito al rispetto delle condizioni di lavoro uguali per il settore, per esempio con un contratto collettivo.
Le sfide e il futuro delle stazioni sciistiche ticinesi: la parola all’esperto
Il professore di finanziamento aziendale alla Scuola Universitaria professionale di Lucerna, Philipp Lütolf, a SEIDISERA ha identificato due necessità fondamentali per la vitalità degli impianti della regione: la neve e la presenza di ospiti giornalieri.
Le piccole stazioni sciistiche, spiega il professore, hanno bisogno di due cose per un sviluppo economico sostenibile: La prima cosa è la neve. Soprattutto durante le vacanze di Natale è necessario avere una sistema di innevamento artificiale. Penso che se non c’è neve durante queste due settimane arrivano a mancare dal 20 al 30% dei ricavi annuali. La seconda cosa un grande potenziale di ospiti giornalieri e molti letti in alberghi, o appartamenti per ospiti settimanali”.
Il Canton Ticino è da anni che rinnova una strategia di finanziamento delle stazioni sciistiche nel 2025. Ha ancora senso?
“Sì, prosegue l’esperto, a causa di questa situazione nelle stazioni sciistiche ticinesi è molto difficile sopravvivere senza aiuto dello Stato”. Ancora, rispetto alla destagionalizzazione argomenta che il prezzo medio per ospite è più basso in estate che in inverno. “È difficile - conclude - compensare una perdita di ospiti invernali durante l’estate.
Nessun congedo per i disturbi legati al ciclo mestruale
Il Gran Consiglio ticinese ha discusso e votato lunedì anche su una proposta per introdurre un congedo nell’amministrazione pubblica per le donne che soffrono di forti disturbi legati al ciclo mestruale, disturbi come crampi addominali, mal di schiena, nausea e affaticamento. Alla fine la proposta è stata bocciata con 56 voti. La richiesta era sostenuta dalla sinistra, che ne sottolineava la necessità. Tamara Merlo di “Più Donne” ha difeso la misura, affermando che si tratta di “una misura di giustizia, equità e riconoscimento. Riconoscimento, dice, di una realtà che colpisce una donna in età fertile su quattro, talvolta con dolori invalidanti e che ancora oggi è costretta a nascondersi dietro assenze neutre silenziate dal tabù culturale che circonda il ciclo mestruale.” Il Parlamento ha respinto la proposta, sostenendo che il disturbo non è una malattia e che esiste già la possibilità di assentarsi dal lavoro con un certificato medico. Sono stati anche menzionati i rischi di abusi.
Lara Filippini, a nome della maggioranza della Commissione Sanità e Sicurezza sociale, ha argomentato la bocciatura del messaggio, specificando che “non si tratta di negare la dismenorrea, ma la proposta non è quella giusta. Gli strumenti ci sono già. Un nuovo congedo, spiega ancora, sarebbe un carico in più per l’amministrazione, creerebbe dei costi enormi aggiuntivi rendendo più difficile pianificare il lavoro dell’amministrazione cantonale”.