Ticino e Grigioni

Strateghi, spin doctor e portaborse, non iniziò così

Il ruolo del “collaboratore personale” del consigliere di Stato, oggi ancora molto gettonato, venne introdotto nel 1986 - Il primo fu Bruno Cereghetti: “Nacque come figura di ‘front office’”, ricorda

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La figura de "collaboratore personale" del consigliere di Stato, qui Norman Gobbi, resta oggi quasi sempre nell'ombra

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Di: Stefano Pianca 

Centoquattro candidature per diventare “collaboratore personale” di Norman Gobbi. È notizia dell’altro giorno che, per questo ruolo, sono stati scelti - dopo severa selezione - Caroline Roth, caporedattrice di Teleticino, e Matteo Cremaschi, portavoce del Ministero pubblico della Confederazione, specializzato nella “comunicazione istituzionale e di crisi”.

È la prima volta, come recita la nota del Governo ticinese, che “una posizione di questo tipo è stata messa a concorso pubblico”. In passato, nella memoria di chi segue la politica cantonale, si ricordano diversi giornalisti che hanno ricoperto questo ruolo. Uno su tutti: Fabio Pontiggia, che all’inizio degli anni Duemila fu una sorta di “Richelieu” dell’allora direttrice delle Finanze, Marina Masoni, prima di tornare al Corriere del Ticino, dove concluse la sua carriera come direttore. Dal mondo della carta stampata provenivano anche i “collaboratori personali” dei ministri socialisti Patrizia Pesenti e Manuele Bertoli. E tanti altri.

Lo spettro del mestiere di giornalista è infatti affascinante anche perché abbraccia più mondi. Lo si può svolgere fronteggiando la criminalità, come la reporter investigativa messicana Anabel Hernández e l’italiano sotto scorta Roberto Saviano - di recente ospiti al Festival Endorfine di Lugano - oppure può essere anche un trampolino di lancio verso altre professioni.

Ma non è sempre stato così. O meglio, come vedremo, la figura del “collaboratore personale” del consigliere di Stato non è sempre stata appannaggio di un giornalista o di un esperto di comunicazione. Ciò è avvenuto solo in tempi relativamente recenti, grossomodo dalla fine degli anni ’90, quando il modello anglosassone dello “spin doctor” (uno su tutti: Alastair Campbell, corrispondente politico che divenne lo stratega del premier britannico Tony Blair) sembrò praticabile - su scala ovviamente ridotta - anche da noi. “Spin”, in inglese, significa letteralmente “far girare” e allude alla capacità di “manipolare o presentare un’informazione in modo favorevole”, al proprio datore di lavoro. Nel mondo latino, il lessico ha evidenziato piuttosto le doti muscolari del collaboratore personale, spesso definito, non a caso, “portaborse”.

Ma forse, dietro a queste definizioni, c’è una buona dose di semplificazione. “In realtà non esiste un modello unico di collaboratore personale”, ci dice chi lo è stato in tempi non remoti, “perché tutto dipende dal rapporto che si vuole e si crea fra collaboratore e consigliere di Stato. Ruolo che può andare ben oltre ciò che pubblicamente appare (i rapporti coi media in primis, che occupano sì e no il 20% dell’attività). Il ruolo del collaboratore lo definisce il consigliere, ma nei fatti è decisiva la sua esperienza e la capacità professionale (giornalistica o meno)”. In ogni caso, ammette, “è un rapporto complesso. Lo sa bene chi, come me, è stato ‘servo di due padroni’. Ti salva solo l’onestà intellettuale e una certa integrità morale (utensili oggi poco di moda)”.

Ma che “tipo” di mestiere è? E quando è apparso la prima volta? La storia è lunga e per raccontarla bisogna tornare al 1986, quando l’allora consigliere di Stato Rossano Bervini, che dirigeva l’allora Dipartimento delle Opere Sociali (DOS), assunse in qualità di “segretario personale” l’allora maestro Bruno Cereghetti. Ci sono tanti “allora” in questa vicenda. Del resto, è trascorsa una vita. “Ebbene sì, sono stato il primo. Ha avuto la fortuna e sfortuna di imbattersi nella memoria storica vivente di questa funzione”, ci dice con un sorriso Cereghetti, che oggi ha 75 anni. Sfortuna, perché è un racconto lungo, che qui cercheremo giocoforza di condensare.

Cereghetti, che poi diresse l’Ufficio assicurazioni malattie, ed è ancor oggi noto come consulente legale in quest’ambito, all’epoca era maestro di scuola elementare: “Quando mi interpellò Bervini, il mio orizzonte professionale era quello di diventare, a tempo debito, il direttore delle scuole di Locarno. Ma avevo anche un ruolo nel Partito socialista ticinese. Ero quindi un politico e anche per questo sono stato scelto”. Cereghetti aveva anche dimestichezza di fronte alla telecamera, visto che nel 1971, mentre faceva il maestro e contemporaneamente studiava all’università, aveva anche preso parte a un programma della TSI pensato per il pubblico giovanile, chiamato “Vroum”. Dal mondo della scuola sono arrivati in televisione, del resto, anche Bigio Biaggi e Maristella Polli. Ma questa è ancora un’altra storia.

“Quando sono stato assunto come collaboratore personale di Bervini, il mio ruolo non aveva ancora una definizione. Eravamo chiamati ‘segretari di Stato’. Dopo di me ci fu il professor Romano Rossi, che affiancò Renzo Respini”, racconta Cereghetti. “Bervini - continua - aveva un grandissimo fiuto per l’avvenire. Aveva cioè capito prima di altri che la funzione di consigliere di Stato stava diventando troppo complessa per essere gestita da una sola persona. C’era bisogno di un aiuto per approfondire i dossier, sempre più articolati. Da qui l’idea di creare la funzione di ‘segretario di Stato’, una definizione che però rischiava di sovrapporsi agli allora ‘segretari di concetto’”. Anche quest’ultimo termine appartiene al passato e venne sostituito dai direttori di Divisione con la cosiddetta “riforma del Lago d’Orta” nel 1991.

Ma Cereghetti non era solo l’aiutante di Bervini: “Oltre al ruolo di rappresentante del consigliere di Stato all’interno del Dipartimento, ne avevo anche uno verso l’esterno. Mi capitava di rilasciare interviste a nome del Dipartimento, così come di rappresentarlo all’esterno. In diverse occasioni sono stato delegato a rappresentare anche il Consiglio di Stato in occasioni pubbliche”.

Il mestiere di “collaboratore personale”, nel decennio seguente, ha subito una mutazione radicale: “Dopo di me e Romano Rossi, il ruolo è cambiato da ‘front office’ a ‘back office’. Con il tempo si è privilegiata la scelta di un giornalista, perché si trattava di gestire la comunicazione verso l’esterno. Ora sono figure prettamente interne, di cui il cittadino può ignorare il nome”.

Nel frattempo è cambiato anche l’inquadramento della funzione. Dal 1999 la materia è disciplinata dal “Regolamento sul rapporto d’impiego dei collaboratori personali dei Consiglieri di Stato”, che prevede anche delle “tutele” per l’assunto, tra cui, un possibile ricollocamento in altra funzione all’interno dell’amministrazione nel caso di scioglimento del rapporto di impiego. Allora no, osserva Cereghetti: “Non avevo garanzie. Mi lanciai in questa nuova avventura senza paracadute. È stata tuttavia una meravigliosa parentesi. Mi ha permesso di aprirmi su un mondo nuovo. Per me, uomo di scuola, la conoscenza della socialità - che avevo già, ma superficiale - si concretizzò allora”.

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La giornalista che combatte i narcos

Telegiornale 21.09.2025, 20:00

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